Inaugurata il 4 ottobre al Museo del Novecento di Milano una importante antologica dedicata al “Marchesino pittore” Luigi Filippo Tibertelli, in arte Filippo De Pisis, ferrarese di nascita e artista del mondo.

Nasce a Ferrara nel 1896 e qui si dedica allo studio della pittura sotto la guida del maestro Odoardo Domenichini. Nel 1916 si iscrive alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna. L’interesse e la passione per la pittura lo spinge a vivere in varie città italiane come Roma, Venezia e Milano, ma anche europee come Parigi e Londra alla ricerca di nuovi contesti culturali e artistici. Mentre studia e produce i suoi primi scritti, con la complicità della sorella maggiore Ernesta, brillante intellettuale recupera, dall’avo Filippo Tibertelli de Pisis, la parte decaduta del cognome. Così nasce Filippo de Pisis.

Nel 1920 espone per la prima volta disegni e acquerelli nella galleria d’arte di Anton Giulio Bargaglia in Via Condotti, accanto alle opere di Giorgio De Chirico. È in questi anni che comincia ad affermarsi come pittore e le sue opere risentono dell’influsso di Armando Spadini.

La sua pittura è influenzata in un primo momento dall’incontro con Giorgio de Chirico, Alberto Savinio e Carlo Carrà, avvenuta a Ferrara intorno al 1915. Rimane affascinato dal loro modo di concepire la pittura a tal punto da condividerne lo stile metafisico nella prima parte della sua produzione. Le opere “Marina con pesce”, “Marina con melanzane”, “Marina con mele” degli anni ’30, sono esempi dell’influenza della pittura metafisica su De Pisis.

Ulteriore ispirazione proviene da Manet e Renoir dai quali apprende la ricchezza dei colori intensi e delle atmosfere luminose, pur mantenendo gli echi del colorismo veneto.

Un cambiamento di stile avviene nel 1935 durante un soggiorno a Londra; il suo tratto pittorico diventa spezzato quasi sincopato, definito da Eugenio Montale “pittura a zampa di mosca“. L’amicizia con Julius Evola gli consente di approfondire i propri interessi esoterici e di introdurli nella sua produzione artistica. Fra i ritratti, molto noto è quello dell’amico Mariano Rocchi del 1931, oggi conservato presso il Museo del Novecento di Milano.

Nel 1949 -1950, De Pisis aderisce al progetto della importante collezione Verzocchi, sul tema del lavoro, inviando l’opera Piccolo fabbro e un autoritratto.

Le opere del suo ultimo periodo, realizzate durante il ricovero nella clinica di villa Fiorita a Brugherio, prendono ispirazione dai soggetti che trova nella serra della clinica: è questo il periodo delle cosiddette “tele di ragno”, quadri bianchi e desolati.A Milano una grande antologica di Filippo De Pisis

Il lavoro di De Pisis è sempre originale e non può esser inserito all’interno di una corrente artistica ben precisa e delineata. L’artista ha tratto ispirazione da più avanguardie, senza però rimanervi intrappolato. Ne ha catturato i dati salienti, le ha vissute ed assimilate, facendole sue. Dai primi dipinti ferraresi che risentono dell’influenza di de Chirico e Savinio, agli splendidi squarci di Parigi, dove conobbe Braque e Picasso, ma anche Joyce e Svevo: “paesaggi interiori”, la “Rue de Dragon”, o la “Rue de Clichy”, eseguiti rapidamente, dal vivo, sotto gli occhi di un pubblico curioso.

Filippo Tibertelli De Pisis è morto a Brugherio nel 1956.

L’esposizione rimane aperta fino al 1° marzo 2020 con i seguenti orari di visita: lunedì dalle 14.30 alle 19.30. Il martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9.30 alle 19.30. Giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.