Non so se hai notato che in casa Inter ultimamente sono cambiate un po’ di cose. Il logo, ad esempio, il font (alias carattere) con cui è scritto il nome Inter, il sito, i poster della campagna abbonamenti. Questo perché tre anni fa lo studio di design e comunicazione Leftloft è stato contattato dalla società nerazzurra per avviare quello che dagli addetti ai lavori viene definito un “rebranding”. Il rebranding dell’Inter. Io non lo so cosa sia un rebranding, e soprattutto non so cosa significhi rebrandizzare una squadra di calcio, così sono andato a chiederlo a Francesco Cavalli, partner e art director di Leftloft.

Ciao Francesco. Sono un po’ ignorante in materia, mi spieghi che cos’è un rebranding?

Un rebranding è un lavoro che fa una marca su tutti gli aspetti della sua immagine, di solito perché non la ritiene più adeguata ai tempi. Le aziende cambiano, come le persone. Il rebranding è un riadattamento del vestito con cui un’azienda si presenta, e le squadre di calcio sono prima di tutto aziende. Se una società ha 106 anni, magari qualche lavoro al vestito lo deve fare.

Perché una squadra di calcio ha bisogno di cambiare vestito, per vendere più gadget? I tifosi non sono banali consumatori.

Le società di calcio non nascono come società a fini di lucro, quindi in teoria non devono vendere nulla. Il brand però – il vestito – è un modo di gestire la percezione che una società ha di se stessa (e di conseguenza la percezione che ne hanno gli altri). L’Inter è una società con dei valori, delle caratteristiche, e deve in qualche modo comunicarle ai suoi tifosi per mantenere vivo il legame. Quello che abbiamo fatto noi, molto semplicemente, è stato dare all’Inter una cassetta degli attrezzi per proteggere e promuovere la sua identità reale, quella a cui i tifosi sono affezionati. Ti faccio un esempio: Nike, lo sponsor tecnico dell’Inter, aveva proposto una maglia con un teschio, basandosi sull’immaginario combattivo della Curva Nord. Noi, in accordo con l’allora presidente Moratti, l’abbiamo bocciata, perché – per quanto sicuramente in linea con l’estetica di una parte rilevante del club (la curva) – era in contrasto con l’identità più ampia dell’Inter come squadra internazionale promotrice dei valori di fratellanza e integrazione. Anche le squadre di calcio hanno una personalità.

E la personalità dell’Inter com’è? Estroversa e le piace viaggiare?

Beh, l’Inter ad esempio è l’unica squadra di Serie A che non ha tra gli sponsor agenzie di scommesse. Si tratta di una scelta ben precisa, non trovi? L’Inter è pazza, imprevedibile. Non l’ha deciso qualcuno a tavolino, fa parte della sua storia. Noi abbiamo sostituito l’aggettivo “pazza” con “sorprendente”, che è un valore positivo. Questa operazione fa parte del processo di rebranding. La personalità di una squadra di calcio è costituita da tante piccole cose che messe insieme restituiscono un’immagine in cui i tifosi si identificano o meno.

Ma com’è nata la collaborazione con l’Inter? Moratti vi ha telefonato e vi ha detto “abbiamo bisogno di cambiare la nostra immagine”?

Inizialmente siamo stati chiamati per fare una campagna per portare i tifosi allo stadio. Non so se ti ricordi la campagna “Ci vediamo a San Siro”?

Ci vediamo a San Siro.

Sono Milanista, il vostro “Ci vediamo a San Siro” lo leggo come una minaccia. Comunque si, mi ricordo. Tu sei interista?

Si sono interista.

Bene. E dopo la campagna?

Dopo questa campagna, che serviva a rafforzare il legame affettivo con i tifosi e riportarli allo stadio, siamo diventati la direzione artistica dell’Inter.

Che significa?

Significa che tutti i dipartimenti dell’Inter – dalla scuola calcio ai negozi di merchandising – dovevano passare da noi per avere l’approvazione di qualsiasi iniziativa: siti, cartelli, eventi, adesivi, il panettone dell’Inter. Tutto, insomma. In pratica siamo diventati la portineria dell’Inter. Abbiamo creato un sistema di regole standard che valesse per tutto ciò che avesse sopra il logo del club.

Gadgets.

Ti faccio una domanda che magari ti sembrerà stupida: secondo te l’immagine di una squadra influisce sul suo rendimento?

Se ti devo dare una risposta secca, sì. Anche se noi abbiamo preso l’Inter subito dopo il triplete, quindi nel nostro caso specifico non proprio. Ti rispondo meglio: i giocatori sono il primo target della comunicazione. Se l’immagine di una squadra funziona ed è forte, i primi ad accorgersene sono i giocatori. Se li esalti si esaltano, in parole povere. I giocatori dell’Inter venivano a chiederci i poster per appenderseli in casa. Pensa alCamp Nou: quando vai nello stadio del Barça come ospite ti senti abbastanza in soggezione, perché il club – con il tempo – ha costruito un’immagine molto forte, non solo attraverso i risultati e i grandi acquisti. Quando entri nel Camp Nou hai la percezione di entrare in casa del Barcellona.

Vero, ci sono società che nonostante non abbiano grandi disponibilità economiche hanno un’immagine molto forte. Ma come si fa a costruire un’immagine del genere?

È un insieme di cose. Bisogna anche vedere come si comporta una società con i giocatori. Quando una società è forte e ha un contratto con un marchio di automobili i giocatori non arrivano al ritiro con un’auto di un’altra marca. Non è solo questione di pagare gli stipendi più alti o di avere il design più cool, si tratta anche di regole e serietà.

Un cartellone della nuova campagna abbonamenti.

Ma voi siete uno studio che si occupa principalmente di design, cosa c’entra il design con tutto questo? Il design può portare la gente allo stadio e rendere i calciatori orgogliosi di vestire una maglia?

Beh, per tutte le cose mediate il design è un aspetto fondamentale. Il rapporto che hanno le persone con l’Inter (tifosi soprattutto, ma anche i giocatori stessi) non è diretto, è sempre mediato da qualcosa. Tu non chiami Icardi al telefono e ci parli direttamente, lo vedi su Inter Channel, su di un poster, sui Social Network e nelle interviste, percepisci una sua rappresentazione. Il modo in cui tu lo percepisci dipende dal “design” e dalla comunicazione.

Hanno rifatto anche i biglietti da visita, molto pettinati.

Aspetta però, con un essere umano ci sono di mezzo anche i fattori personali. Facciamo un esempio ancora migliore: voi avete ridisegnato il logo e il font dell’Inter. Queste sono operazioni di design che influenzano in qualche modo la percezione del club da parte di giocatori e tifosi?

Il nuovo logo dell’Inter.

Assolutamente si. Prendiamo il logo ufficiale. Oltre ad averlo ridisegnato, ispirandoci alla grafica del logo del 1908, abbiamo tolto la stella. Questa mossa ha suscitato immediatamente delle polemiche. Ma aver tolto la stella ha permesso all’Inter di avere finalmente il logo della stessa dimensione di quelli delle altre squadre. Quando tu vedevi in TV Inter-Milan nella grafica c’era sempre il logo del Milan più grande, perché il logo dell’Inter veniva rimpicciolito in modo da farci stare dentro la stella. Il fatto di averlo ridimensionato non è una cosa che ti fa vincere lo scudetto, su questo siamo d’accordo, però contribuisce a rafforzare l’immagine del club. Un’altra cosa che abbiamo standardizzato è legata al nome: da ora in poi i media, compresi quelli stranieri, dovranno scrivere Inter Milano e non Inter Milan. Sono piccole cose, ma per un tifoso sono importanti.

Finalmente, questa cosa di Inter Milan era piuttosto fastidiosa anche per noi. Ma come vi siete posti nei confronti della tradizione del club? Toccare una cosa “sacra” come il logo, o rivoluzionare la maglia come ha fatto Nike, mi sembrano più operazioni che abbiano l’obiettivo di acchiappare l’attenzione di nuovi (giovani) tifosi piuttosto che riavvicinare la vecchia guardia. Mi sbaglio?

Il nuovo logo dell’Inter sulla nuova maglia dell’Inter.

In parte sì. La maglia è un discorso a parte. Gli sponsor tecnici conoscono molto bene il mercato dei giovani sportivi – diciamo fino ai 25 anni – ma fanno l’errore di comportarsi come se tutti i tifosi appartenessero a questo insieme, e soprattutto hanno l’esigenza di vendere, quindi devono proporre ogni anno qualcosa di diverso. NikeadidasPUMA e compagnia bella non si rivolgono al vecchietto che guarda la partita con il posacenere dell’Inter. Noi abbiamo cercato di non stravolgere l’estetica a cui i vecchi tifosi sono abituati, ma di migliorarla e di renderla uniforme. Una scritta ufficiale Inter con un carattere ufficiale Inter non era mai esistita. La riconoscibilità del nome è un fattore molto importante. Per capire se questo progetto ha funzionato comunque dovremmo riparlarne tra 10 anni.

E se chiedessimo al vecchietto che guarda la partita con il posacenere dell’Inter, secondo te sarebbe soddisfatto?

Certo. Prima di tutto perché il logo nel posacenere è più grande, non c’è più la stellina che toglie spazio. In teoria non si dovrebbe neanche accorgere del cambiamento, la continuità è fondamentale. Dovrebbe però essere in grado di capire quando si trovi davanti il nome ufficiale della società, i colori ufficiali, il logo ufficiale e via dicendo. In questo modo l’immagine con cui il tifoso si identifica è più forte, uniforme e riconoscibile.

Grazie Francesco, sei stato molto chiaro. Se volete sapere chi sono e cosa fanno gli artefici del rebranding dell’FC Internazionale fatevi un giro sul sito di Leftloft.