In questo triste periodo pandemico lo sport è fermo da due mesi, come è logico. Rai Sport + riempie il suo palinsesto con la riproposizione dei più importanti eventi sportivi degli ultimi 60 anni. Un tuffo nel passato, nella nostalgia, nei ricordi, nelle emozioni, di chi ama lo sport, di chi dello sport e della passione sportiva ne ha fatto una ragione di vita.

Se la malinconia è il sentimento preponderante iniziale per chi ha vissuto gli indelebili momenti di “gloria”, se si fa prevalere per qualche istante il raziocinio, si può comprendere quanto fossimo stati fortunati aver vissuto lo sport d’antan.
Rivedendo quei filmati sbiaditi con riprese televisive rabberciate, inquadrature un po’ naif (impensabili e improponibili in questa era super digitalizzata), mi viene da pensare che fortuna le partite di calcio, le gare olimpiche , le corse automobilistiche “alla luce del sole”.
Che fortuna le partite della nazionale al sabato pomeriggio, con la “corsa ” verso casa dopo la scuola, il pranzo consumato con voracità per mettersi davanti al televisore , magari in bianco e nero, e seguire le gesta degli azzurri.
Che fortuna non avere avuto la VAR che strozza in gola l’urlo di gioia per un gol, o l’improperio per un rigore negato o un gol annullato.
Che fortuna aver visto i nostri beniamini e i nostri avversari indossare le maglie con i colori e la foggia “d’ordinanza” , con i colori storici per la gare in casa (l’azzurro della nazionale era “l”azzurro della nazionale”, il rossonero del Milan era “il rossonero del Milan”, il neroazzurro dell’Inter era “il nerazzurro dell’Inter, il bianconero della Juventus era il “bianconero della Juventus”), sia le classiche casacche bianche per le partite in trasferta.
Che fortuna aver visto, per decenni, l’arbitro vestito completamente di “nero” che suscitava ogni genere di battute più o meno sagaci.
Che fortuna aver visto rotolare i palloni rigorosamente di cuoio marrone, a scacchi bianconero o totalmente bianchi se le partite si disputavano in Terra d’Albione.
Che fortuna aver visto le scarpe da calcio tutte rigorosamente nere con solo qualche linee o semicerchi bianchi che riproducevano il marchio dell’ azienda produttrice.
Che fortuna aver visto i cartelloni pubblicitari a bordo campo senza il farfallio delle lampade a led e i colori psichedelici che obnubilano la vista dello spettatore.
Che fortuna aver visto gli spalti in cemento armato assiepati da tanti ragazzi, bambini e diversamente giovani( perchè il tifoso di ogni età possiede sempre uno spirito giovanile), possiede la gioia di vivere) che sventolavano orgogliosamente la propria bandiera.
Che fortuna vedere i volti dei 22 in campo che esprimevano il divertimento e la contentezza di svolgere il mestiere più bello del mondo e che non si contorcevano dal dolore allorché subivano un fallo.
Che fortuna aver visto i giocatori che “giocavano al pallone ” grazie ad una tecnica sopraffina e non macchine atletiche dove la prestanza fisica la “fa da padrone”, ma che cascano per terra non appena vengono sfiorati anche da una alito di vento.
Che fortuna aver visto i terreni di gioco spelacchiati, intrisi d’acqua e fanghiglia, ricoperti di neve e ghiaccio che non inducevano alla sospensione delle partite.
Che fortuna aver visto la Formula 1 dove ciò che contava era l’abilità dei piloti e non l’elettronica.
Che fortuna aver visto “la regina” delle Olimpiadi, l’atletica leggera, con il bagliore della luce solare e gli atleti filiformi “tutto nervi” che battevano record mondiali e olimpici dei 100 e 200 metri piani (come ad esempio P. Mennea), così differenti dai super gonfiati recordmen di oggi.
Che fortuna aver visto vincere le sette medaglie d’oro olimpiche dello statunitense Mark Spitz a Monaco 72 esibendo un fisico “normale” .
Che fortuna aver visto incontri di boxe dove la tecnica della nobile arte era la dote preponderante per conquistare le ambite cinture mondiali.
Che fortuna aver visto ciclisti che inventavano fughe e imprese per conquistare tappe del Tour, del Giro o le grandi classiche senza i “treni” delle loro squadre.
Che fortuna aver visto un basket “umano” con schemi e fondamentali senza la velocità atletica che fa scomparire alla vista il pallone a spicchi.

E sì, che fortuna aver vissuto in diretta lo Sport.

Che fortuna aver vissuto quegli anni.
Che tristezza vedere che lo Sport con la S maiuscola essere stato soppiantato da un entertainment virtuale, spersonalizzato, artificiale, digitale.
 Massimo Puricelli
Castellanza(VA)