Da giorni, giustamente, si pensa alla ripartenza per evitare un’ ecatombe economica (o almeno per limitarla). Non è dato a sapersi quale sia il piano dell’esecutivo di Governo, e se ci sia un piano per la fase 2 e 3.

Una questione da porsi , però, è d’obbligo.

Gli appelli del mondo industriale continuano a susseguirsi. I loro allarmi per evitare una strage aziendale, sono sempre più pressanti.

E’, fondamentale, tuttavia, porre una domanda alla classe imprenditoriale (oltre ai rappresentati governativi) per capire se vi sia la presa ci coscienza di quale sarà il futuro prossimo venturo del nostro Paese.
Quale sia la rotta sa seguire per navigare in “mari” meno perigliosi, per evitare future tempeste e approdare in porti sicuri.
E’ decisamente vitale che sia un progetto a larga scala, meglio a larga veduta futuristica.
La pandemia ha messo in risalto le deleterie politiche economiche generate da una globalizzazione selvaggia e senza regole.
Una globalizzazione cinese-centrica.
La mancanza di mascherine, causata dall’inesistente filiera produttiva nei Paesi occidentali è solo la punta dell’iceberg di una delocalizzazione piratesca, che ci rende inermi e colpevolmente impreparati in casi di emergenza non solo sanitaria.
Basti pensare a problemi legati a eventi atmosferici estremi, conflitti armati, battaglie mercatilistiche vertenti su dazi e dumping.
Pertanto, è doveroso chiedere a molti imprenditori, fautori e sostenitori delle politiche liberali-globaliste e sostenitori del celeberrimo (e devastante) accordo denominato “Nuova via della seta” recentemente sottoscritto dall’Italia con il regime comunista cinese, se la tragedia che stiamo vivendo ha determinato una radicale inversione di rotta, con la riallocazione delle catene produttive (almeno la maggioranza) all’interno dei confini italici e abiura totale dell’adorazione profittevole del dragone asiatico che ha generato la crisi di larghi settori economici e la centralizzazione dell’economia italiana su turismo ed enogastronomia.
Settori , evidentemente, molto più suscettibili di variabili imponderabili rispetto al manifatturiero, tecnologico, chimico, farmacologico, ecc.e generatori di una devalorizzazione del Paese considerato solo come enorme “Luna Park”.
Questa è la vera ripartenza urgente, imprescindibile, vitale.
L’Italia, gli italiani, le imprese nazionali sono pronti a questo radicale ed epocale new deal ?
Attendo pronte, convincenti, risposte e progetti.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)