Nel nulla televisivo ferragostano, eccezion fatta per i talk politici in vista delle elezioni del 25 settembre, come da qualche anno, il programma Rai Techetecheté ridesta la memoria dei telespettatori con cammei d’antan. Una rappresentazione sublime della società italiana degli ultimi 60 anni.

Ecco il solito passatista, direbbero alcuni.

Passatista certo, di artisti geniali.
Inserito in questo dibattito, balza alla mente un paragone calcistico/musicale/artistico in “salsa rossonera”.
Il Calcio, quello vero, anni 70/80/90 e quello “moderno” il nuovo entertainment pallonaro.
Il primo, insomma, il Calcio, era quello della ritualità domenicale, delle maglie storiche con i colori sempre uguali da decenni, di 90° minuto, di Tutto il calcio minuto per minuto, dalla DS, della Moviola, degli spalti coi gradoni in cemento armato.
In quel Calcio l’AC Milan 1899 aveva come “suoi rappresentanti” artistici, musicali, letterati, i vari, Enzo Jannacci, Beppe Viola, Renato Pozzetto, Teo Teocoli, Diego Abatantuono, ovvero “il gruppo del Derby”, locale di cabaret milanese fucina di artisti diventati icone del cinema, teatro, musica.
Il Derby simbolo della milanesità, anche importata (vedasi Abatantuono).
Artisti che rappresentavano un identità, una cultura, valori e tradizioni di un’ Italia che non c’è più.
Enzo Jannacci il “capo gruppo” assieme al prematuramente scomparso Beppe Viola , giornalista Rai ma anche e, soprattutto, sceneggiatore, scrittore, umorista, compositore sublime, fu l’emblema di quel MIlan “casciavit” operaio, tenace , orgoglioso, adorato e amato dai suoi tifosi.

Autore anche dell’inno del Milan ai tempi del presidente Farina.

Anni di “pane duro”, di scarse soddisfazioni, di due anni in cadetteria, ma con una passione senza eguali (Jannacci sempre presente a S.Siro a sostenere il “suo Milan”).
Per comprendere la genialità di Jannacci è sufficiente citare alcune sue canzoni, leggere i testi; poesia pura.
E i tifosi, orgogliosi di quel “tifoso artista”, si identificavano in tutto e per tutto in quella maglia, in quella società gloriosa, anche se “traballante”, guidata da presidenti con molti problemi.

Era il simbolo della Milano lavoratrice ( di chi “volta el cu a Milan, volta el cu al pan”), delle grandi fabbriche, delle lotte operaie, della genialità e della ribellione.

E se “fuori dal campo questo era rappresentato dal “gruppo di Jannacci”, in campo l’emblema non poteva che essere il Capitano Gianni Rivera, “milanismo puro”.

Capitano nella buona e nella cattiva sorte.

Dai trionfi di Wembley e Madrid alle lotte contro il “Palazzo” del Calcio che detestava il MIlan e la sua ribellione alle ingiustizie, ai soprusi, ai torti arbitrali, alla “fatal Verona”.
Ecco cosa era il Calcio, il Milan, e chi lo rappresentava in campo e fuori.

Oggi che non è più Calcio, anche gli emblemi, i simboli sono omologati alla modernità pallonara, agli stadi “confetto”, alle maglie con colori psichedelici che non hanno nulla di tradizionale, senza più maniche lunghe, con calendario spezzatino in servitù televisiva, e tifosi fidelizzati.
Conseguentemente chi li rappresenta in campo e fuori si omologano alla nuova realtà.
I giocatori si “ribellano” e “lottano” per qualche milione di euro di bonus in più e poi, dopo due stagioni (talvolta soltanto una) salutano e approdano in “lidi” più munifici e baciano la nuova maglia.
Le interviste con la stampa sono organizzate su un “plot” preimpostato (impensabili interviste su tram e nelle strade innevate) di un mondo oleografico.

Fuori dal campo i nuovi emblemi del tifoso sono cantanti con milioni di “followers” generati dai social-media che nei loro testi la ribellione la manifestano così:”…è un occhio nero che diventa blu (sto), e il dito medio rimane su…”. Oppure, “…Lo voglio completo e con l’harissa
Un culo così grosso mi conquista…”. Già, oggi “…il dito medio rimane su” e “un culo grosso mi conquista…”, ieri, invece, “…e sarà ancora bello quando vince il Milan…” o “… Mi piacerebbe cantar una canzone intelligente che segua un filo logico importante…”.
Ecco, appunto un filo logico importante…

— Massimo Puricelli
Castellanza(VA)