GS LOFT – realtà pioniera del biohacking coaching in Italia, fondata da Giacomo Spazzini, imprenditore, investitore e coach con oltre 13 anni di esperienza nel settore del wellness e della longevità – pone grande attenzione ad alcuni esami del sangue fondamentali per la salute, ma ancora poco conosciuti e diffusi.

Ciò nell’ottica di diffondere sempre di più la cultura della prevenzione.

All’interno dei suoi programmi, infatti, GS LOFT promuove il monitoraggio di parametri come Lipoproteina A, HOMA Index, Emoglobina Glicata, Omocisteina e Proteina PCR-hs, indispensabili per una valutazione più approfondita dello stato di salute.

Questi esami vengono generalmente consigliati a persone con una predisposizione a determinate malattie o chi conduce uno stile di vita poco sano – spiega Giacomo Spazzini
Anche chi gode di buona salute, però, dovrebbe monitorare tali parametri per intervenire tempestivamente in caso di patologie non ancora conclamate, adottando strategie mirate: dall’ottimizzazione dell’alimentazione all’introduzione dell’attività fisica, fino, se necessario, a integrazioni specifiche o terapie farmacologiche.
Spesso ci viene chiesto perché, nonostante la loro rilevanza, questi esami non siano ancora parte della routine diagnostica tradizionale, che tende a focalizzarsi su indicatori più noti come glicemia, colesterolo e pressione arteriosa.
La verità è che si tratta di biomarcatori relativamente recenti, ancora poco diffusi nei protocolli standard di prevenzione, ma su cui la ricerca sta accendendo sempre più i riflettori.
In particolare, il biohacking e la medicina di precisione, due pilastri centrali nei programmi di GS LOFT, stanno portando avanti una nuova visione della salute, più personalizzata e mirata, basata su una prevenzione attiva e consapevole”

Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione promosse da enti e istituzioni, la cultura della prevenzione fatica ancora a diffondersi.
Secondo i dati del 2023 raccolti dall’ultimo Osservatorio Sanità realizzato da UniSalute in collaborazione con Nomisma1 – su un campione rappresentativo di 1.200 persone – solo il 41% dei cittadini italiani si sottopone regolarmente a controlli medici.
L’esame di controllo più comune rimane il prelievo ematico, effettuato nell’ultimo anno da tre italiani su quattro (75%). Tuttavia emerge una tendenza a sottovalutare le prevenzione: tra le motivazioni figura l’abitudine a fare visite solo quando ci si sente poco bene (29%) e la convinzione di non avere bisogno di fare controlli (25%).
E nel quadro Europeo della prevenzione, come si colloca l’Italia?
Secondo gli ultimi dati Eurostat2, il nostro Paese si posiziona al decimo posto per spesa pro-capite destinata a esami e test diagnostici, con una media di 193 euro annui.

Lipoproteina A, HOMA Index, Emoglobina Glicata, Omocisteina e Proteina PCR-hs

 1. LIPOPROTEINA A o Lp(a): si tratta di una lipoproteina aterogena, ovvero capace di predisporre alla formazione di placche aterosclerotiche nelle arterie. Il valore normale è <30 mg/dL, se elevato (> 50 mg/dL) può causare malattie cardiovascolari, come infarto, ictus e trombosi.
Sebbene non esistano farmaci  specifici per ridurre la Lp(a), poiché la sua concentrazione plasmatica è determinata per il 70-90% geneticamente, è possibile adottare strategie preventive per ridurre il rischio cardiovascolare complessivo.
Ad esempio, mantenendo il colesterolo LDL il più basso possibile, attraverso un’alimentazione equilibrata e ricca di fibre (cereali integrali, verdure, legumi) e grassi sani (olio d’oliva, avocado, pesce grasso), limitando invece l’assunzione di grassi saturi e trans.
Infine, è importante integrare tecniche di gestione dello stress, poiché livelli elevati di cortisolo possono aumentare il rischio cardiovascolare.

2. HOMA INDEX: è l’acronimo di Homeostasis Model Assessment, un indice che permette di diagnosticare la resistenza insulinica – un fattore chiave nello sviluppo di diabete di tipo 2 – della sindrome metabolica, delle malattie cardiovascolari e dell’obesità viscerali.
Un valore elevato (>2,5) indica che le cellule muscolari, epatiche e adipose stanno progressivamente perdendo sensibilità, causando accumulo di grasso, soprattutto a livello viscerale e costringendo il pancreas a produrre quantità sempre maggiori di insulina per mantenere la glicemia stabile.
Questo meccanismo porta ad un aumento dei livelli di glucosio nel sangue e favorisce l’infiammazione cronica. Se non curata, la resistenza insulinica può evolvere in diabete di tipo 2 e aumentare quindi il rischio cardiovascolare.
Si parte innanzitutto da un piano alimentare mirato, limitando il consumo di alimenti ad alto indice glicemico come zuccheri, farine raffinate e cibi ultra-processati, favorendo l’apporto di fibre.
La combinazione di dieta con esercizi aerobici e HIIT, può contribuire ad una perdita di peso del 5-10% nei casi in cui sia necessaria.
A questi interventi, è utile affiancare un percorso di gestione dello stress, utile a migliorare anche la qualità del proprio sonno: due fattori fondamentali per ristabilire l’equilibrio metabolico.

3. EMOGLOBINA GLICATA o HbA1c: fornisce una media della glicemia degli ultimi 2-3 mesi. Rispetto alla glicemia a digiuno, questo valore offre una visione più completa e lungo termine della regolazione glicemica ed è un ottimo indicatore per la diagnosi precoce di alterazioni metaboliche.
Anche in presenza di glicemia nella norma, un valore di HbA1c elevato può indicare una condizione di insulino-resistenza o prediabete (tra 5,7% – 6,4%) permettendo di intervenire tempestivamente.
Sarebbe consigliabile, quindi, che anche persone non diabetiche monitorassero regolarmente l’HbA1c, soprattutto in presenza di fattori di rischio come familiarità col diabete, stile di vita sedentario, sovrappeso o obesità, presenza di sindrome metabolica o valori della glicemia a digiuno superiori alla norma.
Per una prevenzione efficace, le persone sane dovrebbero sottoporsi ad un controllo dell’HbA1c una volta all’anno mentre i soggetti prediabetici ogni 3-6 mesi.

4. OMOCISTEINA: questo parametro è utile per valutare il rischio cardiovascolare e monitorare carenze di vitamine B6, B9 (acido folico) e B12, soprattutto nel caso di pazienti a rischio di malattie cardiache e neurologiche.
Si tratta infatti di un amminoacido che se presente in maniera elevata (valore compreso tra 31 – 100 µmol/L; gravemente elevato se >100 µmol/L,) può aumentare il rischio di infarto, ictus, trombosi, peggiorare la funzione endoteliale e danneggiare il sistema nervoso centrale, causando declino cognitivo e demenza.
La carenza di vitamine e abitudini di vita poco salutari, legati al consumo di alcol e tabacco, sono strettamente connessi all’aumento dei livelli di omocisteina.
Per questo motivo, è corretto adottare un’alimentazione ricca di folati, presenti nelle verdure a foglia verde come lattuga, spinaci e bietole, oltre che in legumi e agrumi.
Anche la vitamina B12 deve essere adeguatamente assunta attraverso carne, uova, latticini e pesce, assieme alla vitamina B6, presente in banane e patate.

5. PROTEINA PCR-hs: La Proteina C Reattiva ad alta sensibilità (PCR-hs) è un marker che permette di misurare il livello di infiammazione. Si tratta di una risposta del sistema immunitario che coinvolge tutto l’organismo, ed essendo cronica può causare nel tempo l’insorgenza di varie patologie.
Valori superiori a > 3 mg/L indicano un rischio elevato, connesso ad eventi come infarto e ictus, malattie autoimmuni, arteriopatie periferiche e arteriosclerosi.

Per mantenere stabili i livelli di Proteina PCR-hs è consigliabile seguire un piano alimentare che includa cibi dal potere antinfiammatorio, ricchi di fibre (legumi, verdure a foglia verde), omega-3 (salmone, frutta secca) e polifenoli (frutti di bosco, tè verde), limitando carboidrati semplici, zuccheri raffinati, grassi trans, cibi fritti e ultra-processati, che favoriscono invece l’infiammazione.
È bene non trascurare l’esercizio aerobico moderato associato ad allenamento di resistenza per migliorare la massa muscolare e il metabolismo.
Lo stress cronico può aumentare l’infiammazione sistemica e far salire la PCR-hs.

In questo senso possono essere d’aiuto la meditazione e la mindfulness, e un sano riposo di 7-8 ore a notte.
Infine, se necessario, perdere peso in modo graduale se si è in stato di obesità, può essere un prezioso alleato anti-infiammazione.

1 https://www.unisalute.it/novita/italiani-e-prevenzione

2 https://ec.europa.eu/eurostat/web/products-eurostat-news/w/ddn-20250204-1