La dinastia Moratti non mi suscita simpatia, per ovvie ragioni dovute alla mia fede calcistica (dna rossonero). Del resto, padre Angelo e figlio Massimo sono stati presidenti della seconda squadra di Milano (FC Internazionale 1908) per diverse annate.

Mio papà tifosissimo rossonero “ante litteram”, che mi ha trasmesso fin dalla tenera età, la passione per quella maglia strisce verticali rossonere indossata fin dal lontano 1899, gli era inviso il Cavalier Angelo, emblema dei “cugini bauscia” negli anni 50/60, l’ Italia del boom economico, delle loro vittorie; l’antagonista principe dei nostri colori rossoneri, di noi “casciavit”.

Stesso sentimento fu generato in me dal figlio Massimo, presidente degli anni 90 e 2000. Certamente non paragonabile al padre in fatto di vittorie, e “offuscato” dall’epopea berlusconiana, ma comunque degno erede alla guida del sodalizio ambrosiano.

Di qualunque sponda appartenessero i presidenti, in quei decenni si verificavano “scontri” campanilistici, nel solco delle tradizioni calcistiche milanesi, dei mecenati di Milano, nati, cresciuti nella città meneghina, ed emblemi della laboriosità, dell’imprenditoria famosa in tutto il mondo e, soprattutto, tifosi, Primi tifosi, appassionati dei colori e del blasone.

Le due sponde del Naviglio.

Da tempo, le due squadre di Milano non sono più di proprietà di imprenditori milanesi, ma di fondi investimento o di società estere e multinazionali.
Lo specchio dei tempi, lo specchio della globalizzazione imperante che cancella e annienta tradizioni, storia, ricordi, che omologa culture e valori.
Stamani a Radio Rai 1 nel programma “Giù la maschera” è intervenuto l’ex presidente nerazzurro Massimo Moratti per fornire la sua opinione riguardo il nuovo calcio.

Moratti jr, ha tinteggiato un affresco perfetto di cosa fosse stato il Calcio (obbligatoriamente con la C maiuscola) per un secolo. Il suo Calcio, ma anche di intere generazioni di tifosi, di tradizioni tramandate da padre in figlio (e la dinastia Moratti è un esempio fulgido).
Lotte tra “campanili”, giocatori simboli delle squadre che erano “oltre” e di più di semplici calciatori, la passione che ancora oggi pervade milioni di tifosi italiani (a differenza di altre realtà europee, dove il calciatore è semplicemente un calciatore e nulla più).

E gli stadi, o meglio lo stadio di S.Siro, la questione abbattimento, il nuovo stadio per Milan e Inter?

L’ex presidente nerazzurro esprime tutti i suoi dubbi inerente alla querelle, aggiungendo e sottolineando la contraddizione di questa inevitabile scelta dei nuovi proprietari allorché tutti i commentatori televisivi definiscono “spettacoloso” l’impianto milanese. Uno stadio bello architettonicamente e con un’ottima visione del campo di gioco dove gli spettatori vedono benissimo la partita da ogni settore. “…io sono contrario all’abbattimento dello stadio, ma poi ci sono i vantaggi economici di uno stadio nuovo con diversi servizi, ma può darsi che questi qui abbiano trovato il sistema che facendo lo stadio nuovo si guadagna un sacco di soldi e non si hanno debiti…”. Già, soldi, investimenti, guadagni, vendita dei diritti televisivi. In altre latitudini definiscono famosi stadi, come “The theatre of dreams” (il teatro dei sogni). Come si dovrebbe definire S.Siro, ultra centenario impianto, teatro di epiche vittorie nazionali ed europee?

Termini e argomenti astrusi per i nuovi “padroni” del nuovo entertainment pallonaro che stanno cancellando i vocaboli come passione, tifo, amore, appartenenza, “campanile”. Questioni di “alta finanza” non più di campanili. “…Io sono affezionato al campionato italiano, alle squadre italiane. Io mi ricordo quando ero piccolo che si andava da un Paese ad un altro, da una città ad un’altra,a tifare con piacere incredibile, e il nemico era il campanile. Adesso ti chiedono chi sia il nemico del campanile è la capitale dell’altra nazione, è un salto di qualità che per la mia generazione è difficile da capire che forse, per le nuove generazioni è più facile”. Già, forse, perchè è d’uopo utilizzare il “forse” in un contesto senza più sentimento. In queste parole si può scorgere la nostalgia per il Calcio che fu. Il Calcio. Presidente Moratti chapeau, o meglio, dutur Moratti, lei l’è propri un gran signur.

Massimo Puricelli