Lo scorso 19 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha varato il Disegno di legge definito “patto per la terza età” che pone le basi per la riforma complessiva delle politiche in favore di anziani e persone fragili.

Un provvedimento con lo scopo di prendersi cura a 360 gradi degli anziani e fragili andando incontro alle loro esigenze, bisogni.


Potenziamento dell’assistenza domiciliare, interventi di co-housing, attenzione per i caregiver, e maggiori finanziamenti per prestazioni socio-sanitarie.


“Gli anziani non sono solo parte delle nostre famiglie, ma rappresentano il cuore stesso della società e un patrimonio di valori, tradizioni e conoscenze prezioso per la Nazione. Aver cura degli anziani significa avere cura di tutti noi”.

Così termina il comunicato del Governo per la presentazione del disegno di legge.

Nel solco dei valori a cui si dicono ispirarsi i partiti della coalizione di maggioranza del centro-destra, la difesa delle tradizioni e dei valori di cui gli anziani sono la naturale espressione, oltre a rappresentare il welfare “famigliare” in un periodo storico di mancanza o di precarietà di lavoro.

Buoni propositi, a cui dovranno seguire fatti concreti, che in questi primi mesi di governo non sempre è accaduto, anzi…

Certamente 80 giorni dal giuramento dell’Esecutivo è un tempo esiguo per dare un giudizio di merito sul suo operato, tuttavia più volte la “difesa” degli anziani e la loro valorizzazione è stata, definiamola così, un po’ dimenticata.

Vi sono alcuni esempi concreti di quanto il nuovo Governo abbia intrapreso una strada opposta ai proclami espressi nel corso di questi ultimi anni di “neverending” campagna elettorale.

Il Governo Meloni spieghi agli anziani, ai fragili la sua politica nei confronti della pandemia di Covid che imperversa da quasi 1050 giorni, che ha provocato oltre 180 mila morti di cui la maggioranza sono proprio quei cittadini e cittadine della classe di età a cui è rivolto il disegno di legge in questione.

In sintesi.

Agli anziani è stata raccomandata la somministrazione della dose di richiamo dei vaccini anticovid per scongiurare un decorso grave della malattia che tale patogeno può generare.
Una “raccomandazione” sanitaria non seguita da una implementazione comunicativa della campagna vaccinale.

La fondazione GIMBE nel suo ultimo report settimanale ci ricorda che la somministrazione delle quarte dosi è rimasta sostanzialmente al palo e non ci sono dati per la quinta dose. Il tutto dovuto ad una scarsa comunicazione, alla mancanza di modalità di chiamata da parte delle regioni e da una diffidenza diffusa nei confronti dei vaccini ormai considerati “vecchi”.

Del resto se ogni settimana vengono registrati dai 600 ai 700 decessi legati al covid, è chiaro ed evidente che la strategia del nuovo Governo è alquanto lacunosa.

Una strategia che fa seguito a quanto dichiarato in campagna elettorale e improntata e basata sul “senso civico” dei cittadini eliminando ogni obbligo e ogni restrizione.

Niente più mascherine nei luoghi al chiuso (eccetto in ospedale, rsa e ambulatori, ma non in farmacie e nei negozi di generi alimentari, e sui mezzi pubblici).

Nessun stanziamento previsto nella legge di bilancio per l’ acquisto e la fornitura di sistemi di ventilazione e areazione dei locali pubblici.

Un provvedimento, seppur di minima entità, adottato dal precedente Governo guidato da Draghi che fu aspramente criticato dall’allora capo dell’opposizione l’ onorevole Meloni, che chiedeva a gran voce maggiori fondi a tale scopo.

Nessuno stanziamento per lo sviluppo di nuovi vaccini universali anticovid e antivirali.

Una serie di carenze, segno di superficialità e di “abbandono” di anziani e fragili nel combattere la diffusione del patogeno, facendo vivere in condizione di “semiclausura” e di angoscia anziani, fragili e loro conviventi che si debbono affidare alla loro propria continua attenzione nella quotidianità, nell’adozione di misure igienico sanitarie elevate, alla speranza che il vaccino protegga da forme gravi della malattia, che il soggetto fragile non rientri nella categoria dei “non responder” (coloro che non sviluppano anticorpi a seguito della vaccinazione) e al vecchio adagio “ognuno per sé e Dio per tutti”.

Eccessiva preoccupazione?

I dati parlano chiaro.

Oltre 40 mila decessi in più nel 2022, rispetto la media precovid degli anni 2015-2019 (fonte Istat)

Ma non solo il covid mette a repentaglio la vita degli anziani e dei fragili e la qualità della vita.

Scorrendo i dati dell’ultima legge di bilancio si scopre quale sia il livello di considerazione della sanità nella sua totalità

Ormai notorio quanto siano divergenti gli investimenti in ambito sanitario del nostro Paese rispetto alla media Europea (il 50% in meno) e rispetto a Paesi come Spagna e Francia con un meno 40%.

Nell’ ultima legge di stabilità, “l’attenzione per l’ambito sanitario è notevolmente minore rispetto gli ultimi due anni (meno risorse giustificate dall’uscita dall’emergenza covid ?!?); la spesa prevista per la sanità è aumenta di circa 2 miliardi (2150 milioni), ma tali risorse saranno destinate al caro bollette degli ospedali e non copriranno nemmeno all’aumento dei costi legati all’inflazione (fonte  Il Sole24ore).

E chiaro ed evidente che tale scarsità di risorse colpiranno gli anziani che sono i maggiori fruitori dei servizi sanitari.

Ma non solo.

Nessun fondo per il piano oncologico promesso in campagna elettorale.

Nulla è stato fatto per la drammatica carenza di farmaci, a cui, il ministro della salute, Schillacci, ha risposto in un’interrogazione parlamentare sostenendo che la mancanza dipende dal poco utilizzo dei farmaci equivalenti, peccato però che anche tale tipologia sia alquanto carente in quanto i principi attivi vengono reperiti da Paesi extraeuropei (Cina e India) dove le forniture sono precarie. Una situazione già vista con la pandemia e i dispositivi di protezione individuali e i drammi vissuti nei primi mesi del 2020.

Una politica economica volta alla più estrema globalizzazione che la formazione del Presidente Meloni ha più volte, nel corso degli anni, diceva di combattere e di volere regolamentare se fosse stata insignita dal popolo italiano, alla guida del Paese.

Un’altra situazione emergenziale è la carenza di medici.

Il Governo Meloni si dice pronto all’abolizione del numero chiuso per la facoltà di medici, introdotto nel 1999 dal governo sostenuto dalla colazioni di centro-sinistra guidato dall’onorevole D’Alema.

Pronto, ma non prontissimo in quanto anche nel 2023 il test d’ammissione, seppur in parte modificato, rimarrà.

Quali provvedimenti verranno adottati per costringere le Regioni a accorciare le lunghissime lista d’attesa per visite ed esami che costringono molti cittadini a rinunciare alle cure perchè non hanno la possibilità di usufruire di assicurazioni private o di pagare le prestazioni ambulatoriali del regime privatistico.

Vogliamo forse trasformare la nostra sanità nel modello americano o svizzero?

Rabbrividente, per tutto quello che comporterebbe tale scelta.

Ribadendo che 3 mesi di governo sono pochi per un giudizio totalmente negativo, è però necessario un radicale cambio di passo iniziando da una politica più attenta nei confronti del covid (decine di decessi al giorno, dopo 3 anni, non sono tollerabili), nello stanziamento di risorse per la sanità e la ricerca, se si vuole tener fede a quanto enunciato nel disegno di legge per la tutela e salvaguardia degli anziani e dei fragili, in conformità del rispetto del patrimonio di valori e tradizioni della nostra Patria, ovvero la terra dei padri, ovvero il “faro” delle compagini che si definiscono patriottiche.

Il Governo a guida Meloni passerà dalle parole ai fatti concreti, oppure sono solo le solite promesse elettorali infarcite di pseudo-ideologie acchiappa voti che svaniscono “magicamente” quando si è seduti sopra lo scranno di Palazzo Chigi?