Non tutti sanno che molti dei salotti di rappresentanza che fanno da sfondo alle interviste ai grandi capi di stato di tutto il mondo provengono dall’Italia, e precisamente da Varese. Qui un uomo di genio francese appassionato del suo lavoro, e la moglie italiana esperta d’arte, hanno dato vita alla produzione di preziosi mobili in stile che, forse per la qualità dei materiali, l’accuratezza dei particolari, l’attenzione alle esigenze del committente, o per i tre valori insieme hanno conquistato una posizione di rilievo nel mercato internazionale, dall’America al Canada, dal Medio Oriente , alla Russia e alla Cina. Fornendo, oltre a mobili, tessuti, tendaggi, complementi d’arredo e tappeti, riescono a compiere un ammirevole tailoring delle proprie creazioni a gusti e tradizioni così diverse.

Immagini 027

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Recentemente a dare nuova allure alla maison di lusso italo francese, a Gilles e a Cristina Schleret si sono affiancati i figli, Beatrice, laureata in Interior design e Federico architetto, creando un team perfettamente equilibrato e sinergico, tipico delle aziende familiari di successo. Alle collezioni dai nomi evocativi, quali “Le Diner du Roi”, “Essences”, “Le Chateau”, “Camelia”, “Elan Vital” è stato così conferito un tocco di attualità e leggerezza.

Negli ampi spazi abitati da Schleret al Salone del Mobile 2016, si entrerà in atmosfere sottese da musiche e profumi, dove si potrà seguire un ricchissimo itinerario di talento italiano fatto di disegni di tessuti ispirati all’intaglio dei mobili, tra sete, laccature a foglia oro e argento, intarsi artigianali con differenti essenze, madreperle, ametiste, malachite, cristallo di rocca e fintanto rubini. Dettagli di alto artigianato che conferiscono una nota di fascino come un gioiello a una bella signora d’altri tempi.

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In realtà, mai come ora abbiamo bisogno di recuperare un po’ di orgoglio nazionale e appare gratificante entrare di persona nel mondo di chi riesce non solo a cavalcare felicemente, ma a promuovere, la voglia del made in Italy all’estero.

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Testo di Maria Luisa Bonivento