I protagonisti del nuovo entertainement e il Covid 19.

In ordine sparso.
Piangono per due mesi per paura che il campionato non riprenda e che debbano portare i libri in tribunale se non introitano i le prebende dei diritti televisivi.
Vogliono un protocollo sanitario tagliato su misura per loro, con una sequela di tamponi infiniti che nessun altro essere umano può effettuare.
La quarantena per coloro che ritornano da Paesi esteri è accorciata per “ragion di stato”.
Non appena possono scappano dal “lazzaretto Italia” o fanno rientro solo quando iniziano gli allenamenti (qualcuno sembrava che per tornare dal centro Africa dovesse utilizzare mezzi di fortuna in stile Lawrence d’Arabia).
La richiesta di decurtazione degli stipendi per i due mesi di inattività è stata considerata come una bestemmia in chiesa.
Contratti, scadenze, rinnovi, solo al rialzo.
Nel caos sanitario, con i tifosi “veri” arrovellati da altre preoccupazioni (quisquilie, per loro signori, come ad esempio, sbarcare il lunario) viene deciso di abbattere gli stadi emblema della storia del football, considerandoli non di valore storico e architettonico (!?!).
Dulcis in fundo, litanie e pianti greci, per gli orari delle partite per paura di mettere a repentaglio la “cagionevole” salute.
Morale.
Ritenendomi un tifoso non omologato, non occasionale, non televisivo, digitale, fidelizzato, merchandisizzato, esprimo tutto il mio ribrezzo, il mio disgusto, la mia idiosincrasia al vergognoso entertainment che cerca in tutto i modi di far scordare cosa sia stato e cosa sia realmente il football.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)