Il magazine del non profit lancia una piattaforma online  e propone un manifesto in fieri indirizzato alla società civile

  «Le nostre organizzazioni devono tornare a essere istituenti. Non basta che siano state istituite». È con questo incipit, lanciato da Johnny Dotti, imprenditore sociale (Welfare Italia Servizi), che si è aperto il lungo pomeriggio promosso da Vita per lanciare InMovimento, il nuovo manifesto del non profit. Oggi, al Teatro Elfo Puccinidi Milano, la testata di riferimento del Terzo settore ha voluto coinvolgere le più diversificate voci della società civile per presentare la piattaforma di attivazione civica online InMovimento (inmovimento.civi.ci). «Non abbiamo scelto il primo giorno di primavera a caso», ha detto Riccardo Bonacina, presidente di Vita, introducendo gli ospiti. «Consideriamo questa giornata come l’inizio di nuovi processi».

«Cittadinanza, partecipazione, costruzione, uscita dall’autoreferenzialità», Bonacina ha ripreso i concetti anticipati nei giorni scorsi per sviluppare poi i sette verbi che dettano il passo di InMovimento: educare, donare, produrre, cooperare, lavorare, curare, recuperare. «Ma dobbiamo ricordarci che un’azione, un verbo appunto, implica necessariamente la presenza di un soggetto».

Nel suo intervento, l’architetto urbanista Stefano Boeri ha parlato di «un’Italia costituta da monadi, a cui si contrappongono però esempi concreti di coinvolgimento collettivo». Un sintomo di ottimismo, insomma, che si può rintracciare proprio nel Terzo settore. «Gli operatori dell’altruismo lavorano per riconnettere queste unità e ricostituirle in una rete».

Questo impegno va rintracciato prima di tutto nell’educazione, il cui verbo “educare” è stato il primo a essere coniugato. Dall’incontro è emersa la priorità di rintracciare e valorizzare gli investimenti e l’innovazione che nel settore sono già in corso d’opera. Un esempio è stato portato da Giovanni Del Bene, dirigente scolastico dell’Istituto Cadorna di Milano: le scuole aperte, «luoghi di aggregazione da rendere accessibili 24 ore su 24, attraverso iniziative che chiamino in causa famiglie, insegnanti e mondo del volontariato». Il tema è stato affrontato anche da Boeri, che ha definito la rete degli istituti scolastici «la maggiore infrastruttura sociale del Paese, da ottimizzare e mettere in condivisione».

Sul verbo donare la sintesi di quanto detto è stata espressa da Boeri: «L’atto di donare non significa solo “offrire”, ma anche “domandare”. Il donare per le politiche pubbliche deve essere anche un modo per chiedere agli atri, in primo luogo ai soggetti della società civile e del volontariato – di offrire competenze, energie intellettuali e risorse per aiutare la vita quotidiana».

InMovimento non poteva evitare di esprimere una propria riflessione anche per quanto riguarda il mercato del lavoro. Oggi, in coincidenza con la presentazione da parte del premier Renzi del decreto legge sul lavoro, Vita ha sposato le parole di Raffaella Pannuti, direttore di Ant: «il Terzo settore ha bisogno di flessibilità e che gli ostacoli e il rigore vincolante della riforma Fornero vengano superati». Tuttavia la Pannuti ha sottolineato come la debolezza del governo Renzi, in questo caso, stia nel fatto che le sue decisioni restino, al momento, limitate a un Decreto legge, «il quale dovrà poi passare in Parlamento».

Recuperare, infine, è stato un altro verbo sviluppato con esempi stimolanti. Gianluigi Ricuperati, direttore di Domus Academy, ha esposto il progetto delle Officine Grandi Riparazioni di Torino, «un caso che già nel nome è una metafora dell’intero Paese, bisognoso di interventi di ampio respiro». Si trattava di un progetto di riqualificazione di una delle maggiori archeologie industriali italiane. «L’idea iniziale era che il comune di Torino acquisisse quello spazio per inserirvi un soggetto istituzionale che sarebbe dovuto partire da zero. Un qualcosa di innovativo e senza precedenti in Europa, individuato in un progetto basato su interdisciplinarietà, esplorazione di codici espressivi differenti e collaborazione tra menti e idee che sarebbe giunte da più parti del mondo». Ma le cose non sono andate come si sperava. Ricuperati ha infatti concluso che «il cambio di rotta politica ha preferito la strada del fast profit a quella del low profit, ha ridotto le Officine in una semplice location per eventi di tutti i tipi, investendo solo sull’hardware fisico e non sul software umano».

Le conclusioni sono spettate quindi a Riccardo Bonacina, il quale ha sottolineato la necessità di non «limitarsi a cercare soluzioni immediate, bensì investimenti sul lungo periodo. Come è stato indicato alla voce “curare”, la strada dell’immediatezza è cieca. La vera cura, del singolo quanto del bene comune, sta nel costruire relazioni prolungate e consolidate nel tempo».