Un ritorno da figliol prodigo? Meglio dire un ritorno da vincente.  Per Kimi Raikkonen la nuova avventura in Formula 1 rappresenta il riscatto verso tutti quei detrattori. Che a cuor un po’ troppo leggero, preferirono puntare, ai tempi ferraristi, sulla coppia Alonso – Massa con effetti disastrosi, ora sotto gli occhi di tutti. E anche in questo caso, ovvero nel ritorno in Circus, Raikkonen ha dovuto vincere anche lo scetticismo.  

Dal 2019 è in sella all’Alfa Romeo, rimanendo un personaggio schivo e restio ai microfoni. Raikkonen fa parlare la continuità a punti delle sue macchine, con le statistiche che meritano rispetto: 20 i gran premi vinti, 77 podi, più di mille punti conquistati, 16 pole position e 39 giri veloci.
Dulcis in fundo, il mondiale vinto al primo anno in Ferrari nel 2007 all’ultima gara di campionato: bastarono 110 punti per vincerlo, scavalcando nella corsa Hamilton e Massa e contribuendo anche a portare il titolo costruttori alla Ferrari.
Se l’esordio era stato ottimo, gli anni successivi furono un mezzo calvario, con una macchina poco competitiva che non poteva essere, certamente, sostenuta e adeguata per i ritmi di un campione del mondo.

2008-09, anni strani di un pilota al vertice

sorpasso Raikkonen - foto screenshot youtube f1

Un sorpasso rischioso di Kimi Raikkonen – foto screenshot youtube F1

Nel 2008 divenne il gregario di Massa, che perse il titolo mondiale praticamente all’ultimo giro dell’ultimo gran premio, mentre nel 2009 cadde proprio in un’apatia sportiva che convinse la Ferrari al cambio, pagando a Raikkonen un anno di contratto per farlo stare fermo.
Il finlandese non perse la calma (figurarsi: all’esordio in Sauber si addormentò poco prima della gara) e ripartì quasi da zero, correndo nelle macchine rally e nei Nascar e ripartendo, poi, nel 2012 con la Lotus che bruciò sul tempo la Williams, con un ricco contratto offerto e mai pagato sino in fondo.
Il ritorno di Raikkonen nel circus è una festa nella seconda parte di stagione, quando s’inserì prepotentemente nella lotta al titolo: non bastarono 207 punti contro il marziano Vettel, ma dimostrò a tutti di non essere un pilota bollito. Nel 2013 partì benissimo con quattro podi nelle prime cinque gare, ma si perse alle prime voci di mercato e agli assegni che tardavano ad arrivare.

Ha saltato poi delle corse per un infortunio alla schiena (con successiva operazione). Alla Ferrari era ritornato arrivato per pochi spiccioli, in confronto a quanto successe nel 2002. La McLaren che versò cinquanta milioni di dollari alla Sauber, per averlo come pilota da abbinare insieme a David Coulthard.
Non sarà una primissima stella, ma non è neanche l’ultimo dei pianeti. E pensare che la Ferrari, qualche anno fa, aveva puntato su Kamui Kobayashi, terzo pilota ma soprattutto portatore di yen giapponesi. Il rifiuto di Kobayashi (!) per guidare la seconda monoposto della Ferrari, aveva aperto le strade al ritorno del finlandese dagli occhi di ghiaccio. Ed è stato meglio così: in paragone un conto è avere sul palco Leone Di Lernia, un altro è avere Frank Sinatra in frac.

Ora se lo gode l’Alfa Romeo, ma gli anni in rosso non si dimenticano.