Sono trascorsi 5 anni dal ritrovamento, nel campo incolto di Chignolo d’Isola in provincia di Bergamo, del corpo senza vita della povera Yara Gambirasio, la tredicenne scomparsa 4 mesi prima a Brembate in una fredda sera di fine novembre del 2010.
Da 6 mesi è iniziato il processo di primo grado che vede come imputato Massimo Bossetti, il muratore di Mapello il cui DNA è stato ritrovato sugli indumenti intimi indossati quella sera dalla povera ragazzina.
Un delitto scellerato, crudele, con un movente ancora poco chiaro (la Procura propende per un delitto a sfondo sessuale/pedofilo, alcuni organi di stampa e la difesa dell’imputato pensano, invece, che il delitto sia una vendetta nei confronti del padre di Yara).
Milioni di euro spesi dalla Procura per le indagini e un colpevole già “condannato” dall’opinione pubblica.
No sta a noi giudicare il muratore di Mapello (lo faranno i giudici e la giuria popolare del processo che si sta svolgendo al tribunale di Bergamo), ne tanto meno soppesare le prove e gli indizi che sono a suo carico.
Qualunque sia la ragione che ha spinto l’autore (o gli autori) di questo efferato delitto una cosa è certa, l’esistenza di due famiglie sono state distrutte, e anche la “tranquilla quotidianità” che caratterizzava quella comunità, quella zona, quei paesi non esisterà più.
Una quotidianità che si reggeva sulla reciproca fiducia, sulla sicurezza che certe “cose”, certi delitti di cronaca nera erano alieni, lontani, che riguardavano le grandi metropoli, la “città”, non i “loro paesi”, dove la fiducia verso il prossimo era profonda, granitica, dove certi “pericoli” per i bambini e gli adolescenti non sussistevano.
Purtroppo, invece, “nella provincia” di qualunque nazione, si compiono spesso i delitti più atroci, più efferati, più eclatanti.
Delitti e crimini che cozzano quell’aurea di serenità “da Mulino Bianco” che crediamo sussista.
Un esempio bellissimo di quell’atmosfera che rispecchia i saldi valori e sentimenti che si vivono nelle famiglie felici, unite, solidali, in cui l’affetto e l’amore tra i vari componenti lo si percepisce nella quotidianità dei gesti comuni, lo si vide e lo si vede ancora oggi, osservando il papà e la mamma della piccola Yara.
Genitori di 4 figli, entrambi lavoratori, con una felice vita famigliare.
Persone schive, timide, di un candore quasi celestiale; una famiglia serena, lontanissima dal solo pensiero di vivere una tragedia che ha colpito l’innocenza, la purezza più splendente della loro vita.
Una vita idilliaca, una esistenza che dovrebbe essere “la normalità” di qualunque famiglia, “la normalità” del mondo che vorremmo tutti.
Purtroppo, però, “il mondo” (non solo quello di oggi) non è la pubblicità del “Mulino Bianco” e la consapevolezza di cosa sia la realtà è una elemento imprescindibile per difendere noi stessi, i nostri cari, i nostri affetti, i propri figli, i nostri bambini e adolescenti.
E allora dico una cosa “politicamente scorretta”, che, lungi da me, non vuole turbare l’animo del papà e della mamma della povera Yara, e non ha l’intento di addossargli colpe che non hanno.
Durante la prima conferenza stampa che fecero dopo alcuni giorni dalla scomparsa della figlia si presentarono tenendosi per mano “dandosi forza reciprocamente” affrontando la numerosa platea dei giornalisti che attendevano la loro dichiarazione.
Un gesto bellissimo, che denotava l’amore e l’affetto dei due coniugi, che tipo di esistenza e di sentimenti li caratterizzava, la bontà e la fiducia che serbavano nel loro cuore e nei confronti del “mondo” e del prossimo.
Sentimenti che si sono udite anche nelle poche parole pronunciate nel corso di questi anni.
Ebbene quella stretta di mano, doveva esserci anche quella drammatica sera.
Una di quelle due mani doveva stringere la mano della piccola Yara nel tragitto dalla palestra verso casa.
I genitori non potevano stringere quella mano perchè occupati in altri doveri improrogabili ? E allora quella “mano” doveva essere stretta da altri adulti che in quella sera potevano fare le veci genitoriali; sarebbero stati i difensori della fragile e immacolata ragazzina.
Perchè “il male” su questa Terra colpisce soprattutto le “anime” più indifese, più candide, come la povera Yara.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)
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