Bagarre alla Camera dei Deputati, ieri pomeriggio subito dopo la relazione del ministro dell’Economia, Gualtieri, riguardante il Fondo Salva Stati o più semplicemente denominato con l’acronimo MES.


Una rissa in stile “far west” nell’emiciclo di Montecitorio a cui hanno assistito anche due scolaresche in visita culturale ( è evidente che di “culturale”, quella baraonda, non avesse nulla).
Era prevedibile che l’argomento in discussione avrebbe prodotto scontri e dibattiti accesi; del resto il MES (meccanismo europeo di stabilità) è un’ organizzazione intergovernativa europea formata dagli Stati che utilizzando come loro moneta nazionale, l’Euro, ha il fine di aiutare i Paesi in difficoltà economica.
lL procedura di funzionamento prevede l’immissione di denaro di tutti i Paesi facenti parte l’organizzazione, per aiutare un membro che si trovi in difficoltà.
Per poter accedere al fondo, gli Stati devono sottostare a determinati parametri di “garanzia”.
Per quei Paesi che hanno un debito pubblico rilevante che sfora i limiti imposti dai parametri del Trattato di Maastricht, il “prestito” sarà elargito solamente dopo la ristrutturazione del debito.
In termini meno “tecnici” i cittadini o le aziende che hanno sottoscritto titoli di debito con gli Stati vedranno il valore del loro credito dimezzato con le conseguenze facilmente prevedibili.
I mercati faranno volare la speculazione, il tanto famigerato e temuto “spread” salirà vertiginosamente; lo Stato in difficoltà entrerà in un circolo vizioso dove sarà sempre più difficile e oneroso farsi prestare quelle risorse indispensabili per la spesa pubblica; gli investitori saranno riluttanti ad acquistare quei titoli; i privati che posseggono quei titoli avranno il valore nominale svilito.
Una situazione , quella del MES, che segue pedissequamente la linea di azione dei Paesi di orbita germanica (i falchi rigoristi del Nord Europa a cui si aggiunta anche la Francia di Macron).
Un’azione di rigore, arcigna, oserei definirla predatoria, senza alcun elemento solidaristico come si con verrebbe in un ‘Istituzione trasnazionale quale dovrebbe essere la UE.

Ma di questa condotta non ci si dovrebbe stupire, perchè ormai, vecchia di decenni.

I tecnoburocrati europei, i boiardi di Bruxelles, Strasburgo, Berlino, Parigi, Amsterdam, continuano a creare “nodi gordiani” attorno al nostro collo e al collo di quei Paesi ritenuti “poco affidabili”.
Il MES è un meccanismo “a scatola chiusa”, come confermato dal ministro dell’Economia.
Prendere o lasciare senza alcuna possibilità di riforma o di modifica.
Un nodo gordiano, appunto, forse addirittura un nodo scorsoio.
Ciò che, invece, crea sconcerto e preoccupazione (o almeno dovrebbe) nei cittadini italiani sono le diatribe e le contrapposizioni tra i vari partiti e i loro elettori.
Una guerra di “polli” , meglio, di capponi, del tutto simile a quella di manzoniana memoria.
Come insegna la storia antica, è sempre valido il motto “dividi et impera” dell’ antico impero romano.
L’opposizione parlamentare attuale (Lega+FDI+FI), evoca l’alto tradimento da parte del Presidente del Consiglio Conte e del ministro Gualtieri. Il M5S non concorda con la linea di governo e chiede delucidazioni. Il PD sostiene l’esecutivo, minimizzando i timori delle opposizioni e dei suoi colleghi pentastellati, seppur non più tardi di 5 mesi fa (giugno 2019), allorchè sedeva a sua volta all’opposizione con il Conte I, combatteva tenacemente contro l’approvazione del Fondo Salva Stati, ritenendolo una rovina per le casse pubbliche e il bilancio dello Stato (così parlava l’on. Quartapelle).
Un teatrino penoso che mette in risalto i miseri interessi di “bottega” da cui non si riesce e non si vuole uscire e intraprendere una comune presa di posizione che tuteli le finanze pubbliche, private e la vita presente e futura dei cittadini.
Cittadini italiani, tuttavia, non immuni da questo inconcepibile, inutile, deleterio conflitto ideologico, da questa rissa da pollaio.
Mentre in Francia, e nella stessa austera terra teutonica gli agricoltori bloccano i rispettivi Paesi per manifestare contro le politiche governative nazionali ed europee che hanno ridotto ai minimi termini i loro redditi (fino al 40% negli ultimi 5 anni).
Proteste che seguono e affiancano le manifestazioni dei “famigerati gillet jaune”.
Lavoratori di settori diversi, ma accomunati dalla stessa battaglia in difesa del reddito, dello stato sociale e del futuro che la UE sta cancellando.
Nel nostro amato Paese, invece, ecco affiorare dalle acque politiche e invadere le nostre piazze il “movimento delle sardine” che non si lega al mostro Salvini.
Stretti come sardine nei loro flash mob dimostrano, orgogliosamente, che sono forti, numerosi, solidali, accoglienti, antirazzisti, e “apolitici” (così sostengono, seppur l’ideatore del movimento lavora per un giornale fondato dall’ex leader del PD, Romano Prodi, ma guarda le coincidenze apolitiche…) e soprattutto antileghisti.
In sintesi, le loro proteste non vengono indirizzate contro l’establishment nazionale ed europeo; una protesta contro le elite finanziarie che ipotecano i risparmi di una vita del popolo lavoratore.
Sì, sì, il popolo lavoratore, un termine tanto caro alla sinistra d’ antan, ma ormai desueto per la nuova sinistra “eliitaria”, bardata da elementi ittici. 
Oltre a questo “branco di fauna marina-apolitica (?), nelle nostre piazze e strade di città o di campagna non si scorge nulla, eccetto le immancabili e imprescindibili luminarie natalizie comparse in largo anticipo per incentivare lo shopping compulsivo e l’edonismo più sfrenato.
Il solito abbacinamento consumistico che obnubila le menti di noi poveri e distratti elettori italici che battagliano come i capponi di Renzo credendo di potersi salvare dal destino della casseruola rovente che ci sta attendendo.
Una sorte segnata.
Difficilmente saremo “graziati” come i tacchini della Casa Bianca nel Thanksgiving Day; non fa parte della nostra tradizione…
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)