Plastic Free Onlus lancia il suo primo progetto di ricerca scientifica dedicato a un tema di crescente allarme globale: gli effetti delle nanoplastiche nel cervello umano. In collaborazione con l’Università San Raffaele di Roma, l’associazione ambientalista si impegna a indagare come queste microscopiche particelle riescano a superare la barriera ematoencefalica, quali danni provochino ai neuroni e se possano essere legate a processi infiammatori alla base di malattie neurodegenerative.

Un progetto pionieristico firmato Plastic Free

Da anni in prima linea contro l’inquinamento da plastica, Plastic Free Onlus avvia ora un percorso innovativo che unisce ambiente e salute. A guidare lo studio sarà Ennio Tasciotti, direttore scientifico dell’associazione e professore ordinario presso l’Università San Raffaele di Roma, tra i massimi esperti di nanotecnologie applicate alla medicina.

Il progetto sarà operativo non appena verrà raggiunto il primo obiettivo economico della raccolta fondi da 100.000 euro, somma necessaria per acquistare i materiali, finanziare le analisi e coprire i costi delle strutture e delle tecnologie di laboratorio.

Comprendere il legame tra nanoplastiche e malattie neurodegenerative

“Il nostro obiettivo è triplice – spiega il professor Tasciotti –. Vogliamo capire come le nanoplastiche entrano nel cervello, in che modo alterano la capacità dei neuroni di trasmettere segnali e se attivano fenomeni di neuroinfiammazione, oggi considerati tra i principali fattori scatenanti di malattie come Alzheimer e Parkinson. Sono domande cruciali che attendono risposte scientifiche”.

L’urgenza di questa ricerca è emersa dopo la pubblicazione di un recente studio su Nature, che ha rivelato la presenza di nanoplastiche nel tessuto cerebrale umano. I dati mostrano un’accumulazione crescente negli ultimi otto anni, con frammenti microscopici – in particolare di polietilene – rinvenuti anche in soggetti affetti da demenza. In alcuni casi, la quantità di plastica presente nel cervello rappresentava fino allo 0,5% della massa del tessuto analizzato, un dato allarmante che pone nuove domande sulla sicurezza e sull’impatto di queste particelle sulla salute.

Un appello alla responsabilità collettiva

“Questa ricerca ci ha aperto gli occhi – dichiara Luca De Gaetano, presidente e fondatore di Plastic Free –. Sapere che le nanoplastiche non solo raggiungono il cervello ma si accumulano e potenzialmente lo danneggiano è sconvolgente. Finora abbiamo lavorato per rimuovere la plastica dall’ambiente. Ora vogliamo capire cosa accade quando quella plastica è dentro di noi. E lo faremo con il rigore della scienza, perché solo con dati certi possiamo affrontare questa nuova sfida”.

La raccolta fondi di Plastic Free non si limiterà a coprire le spese di laboratorio: servirà anche a sostenere giovani ricercatori, dottorandi e tecnici coinvolti nel progetto, e a garantire la divulgazione pubblica dei risultati attraverso pubblicazioni scientifiche e attività di sensibilizzazione.

Un invito a partecipare

L’associazione invita aziende, fondazioni e cittadini a contribuire al progetto. “Non stiamo parlando del futuro, ma del presente – conclude De Gaetano –. Le nanoplastiche sono già nei nostri corpi. È tempo di scoprire cosa stanno facendo e come possiamo difenderci dai loro effetti”.

Per sostenere la ricerca: www.plasticfreeonlus.it/cosa-facciamo/supporta-la-ricerca-scientifica