Promosso dall’Associazione Italiana contro le Leucemie, i linfomi e il mieloma (AIL), il 29 novembre 2014 si terrà a Varese un incontro di informazione e sensibilizzazione sui tumori rari del sangue.

 Una giornata di confronto che coinvolge i pazienti, le loro famiglie e gli specialisti per scambiare esperienze, chiarire i dubbi e conoscere le ultime novità dalla ricerca nel campo dei tumori del sangue,e in particolare delle malattie mieloproliferative croniche.

Convivere con una malattia rara significa spesso dover affrontare difficoltà nella diagnosi, nel reperimento di informazioni e nella gestione delle cure e avere raramente la possibilità di condividere la propria esperienza con altre persone che stanno affrontando la stessa patologia. Lo sanno bene le persone affette da malattie mieloproliferative croniche (MMP), la più invalidante delle quali è la mielofibrosi. Per consentire ai pazienti e alle loro famiglie di conoscersi, scambiare esperienze e confrontarsi con ematologi specializzati nella cura di queste patologie, sabato 29 novembre dalle 10.30 alle 15.00 il Gruppo AIL Pazienti MMP Ph- promuove l’organizzazione di un incontro presso l’ATA Hotel di Varese, organizzato con il supporto incondizionato di Novartis. Un’occasione per comprendere sintomi e possibili complicanze, conoscere le terapie disponibili e le nuove frontiere della ricerca grazie a un confronto diretto con i massimi esperti.

“La mielofibrosi è una patologia oncologica rara del sangue caratterizzata da una progressiva fibrosi del midollo osseo con incremento delle dimensioni della milza che si stima colpisca circa 4.000 persone in Italia e che in Lombardia registra 200-250 nuovi casi l’anno. – spiega Francesco Passamonti, Direttore dell’U.O.C. di Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedale di Circolo di Varese – La maggior parte dei pazienti alla diagnosi ha più di 60 anni, anche se il 40% viene colpito in più giovane età. Nei casi più gravi la malattia può evolvere in leucemia acuta, ma spesso si presenta come patologia cronica, con un decorso lento e progressivo e sintomi molto diversi e altamente invalidanti”.

L’alterazione fisica più specifica della mielofibrosi è l’aumento delle dimensioni della milza, che provoca una sensazione di ingombro addominale e rende difficile mangiare e svolgere anche le più semplici attività fisiche. Anche un gesto quotidiano come allacciarsi le scarpe può divenire doloroso per i pazienti e va svolto con estrema attenzione. Un altro sintomo comune è la fatigue, che è dovuta all’anemia e si associa a stanchezza, debolezza, dolori muscolari e depressione.

 L’eterogeneità e la non specificità dei sintomi rende complessa e talvolta non immediata la diagnosi. Una volta accertata la presenza di mielofibrosi, ad oggi non esiste inoltre una cura specifica in grado di risolvere la malattia.

 “Oggi si stanno aprendo delle nuove speranze di cura per i pazienti affetti da mielofibrosi grazie a una nuova classe di farmaci, gli inibitori di JAK1 e JAK2. Gli studi clinici hanno dimostrato che questa nuova molecola è in grado di controllare efficacemente i sintomi sistemici che risultano così invalidanti per la vita del paziente, ma soprattutto di migliorarne l’aspettativa di vita”, aggiunge Francesco Passamonti.

 Per farsi portavoce delle esigenze dei pazienti affetti da malattie mieloproliferative croniche (mielofibrosi, trombocitemia essenziale e policitemia vera), incoraggiare la ricerca e diffondere informazioni qualificate sulla patologia e sulle ultime innovazioni terapeutiche, l’AIL ha recentemente creato il Gruppo AIL Pazienti MMP Ph- (http://www.ailpazienti.it/mmponline).

 “Oltre a promuovere occasioni come questa per consentire ai malati e alle loro famiglie di confrontarsi tra loro e con gli specialisti, il Gruppo ha attivato un Forum, uno spazio virtuale in cui pazienti e familiari possono parlare delle proprie esperienze e condividere i propri vissuti”, commenta Flavia Pontiggia, una delle socie fondatrici del Gruppo AIL Pazienti MMP Ph-.

 Tutte queste iniziative hanno un solo obiettivo: rendere più tempestiva la diagnosi, ottimizzare la gestione della malattia e migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti.