Un convegno a Bologna per spiegare le innovazioni farmaceutiche sempre più efficaci nella cura della LMC. Next, o NGS, Next generation sequencing, è la soluzione contro la leucemia mieloide cronica. Dà infatti la possibilità di sequenziare gratuitamente piccoli tratti di dna dei malati di leucemia legata al cromosoma Philadephia-positivo, permettendo di individuare precocemente non solo il tipo di alterazione da cui è affetto il paziente, ma anche, dopo la terapia, gli eventuali focolai di ripresa, prima che scatenino una ricaduta.

Per la prima volta in Italia e in Europa, lo scorso 14 luglio è stato presentato a Bologna il Progetto NEXT-IN-CML dedicato all’identificazione delle mutazioni genetiche e alla rilevazione delle farmacoresistenze nelle leucemie Philadelphia positive. NEXT-IN-CML è tra i primi progetti di studio al mondo con l’ambizione di “introdurre test ematologici all’avanguardia nella pratica clinica dei nostri ospedali”. Il progetto di ricerca è sostenuto da un unrestricted educational grant di Ariad Pharmaceuticals.

NEXT-IN-CML è un innovativo percorso diagnostico sviluppato in 5 regioni italiane che attraverso l’utilizzo della modalità deep-sequencing è in grado di rilevare le mutazioni genetiche per sconfiggere la leucemia mieloide cronica. Già operativo in cinque istituti, ha avuto inizio al Sant’Orsola di Bologna e dopodiché si è estesa anche in altri quattro centri italiani: Alma Mater Studiorum di Bologna; l’Azienda ospedaliero-universitaria San Luigi Gonzaga di Orbassano Torino, il Centro Maria Letizia Verga di Monza, l’Università di Catania e l’Azienda ospedaliero-universitaria Federico II di Napoli e in 54 centri ematologici italiani. Lo studio si concentra in particolar modo sulla leucemia mieloide cronica, patologia che costituisce la stragrande maggioranza delle leucemie Philadelphia positive. L’origine della malattia è da rintracciare in un’alterazione cromosomica frutto di una traslocazione degli stessi cromosomi: infatti, un pezzo del cromosoma 9 va a confluire sul 22 e viceversa, originando un cromosoma alterato, ossia il cromosoma “Philadelphia”.

Questo cromosoma anomalo induce la produzione di una proteina anomala, la “Bcr abl”, la quale risulta parecchio dannosa poiché provoca un’eccessiva crescita delle cellule che rimangono in vita per un periodo più lungo rispetto alla norma.

La leucemia mieloide cronica (LMC), la più frequente tra le leucemie Philadelphia positive, è una neoplasia dei globuli bianchi che colpisce in Europa circa 7mila nuovi pazienti ogni anno. Nel 2013 in Italia i pazienti affetti da LMC sono stati 7.881, con un’incidenza di nuovi casi del 12% pari a 930 pazienti. La LMC è caratterizzata da una produzione eccessiva e non regolata di globuli bianchi da parte del midollo osseo a causa di un’anomalia genetica che produce la proteina BCR-ABL, ma la cura è migliorata negli ultimi anni grazie alla scoperta e all’introduzione dei farmaci molecolari  intelligenti, in grado di bloccare l’attività della proteina responsabile della proliferazione della malattia oncologica. Ma, purtroppo, si tratta di una patologia in grado di mutare, mostrandosi così resistente ai farmaci. Determinare la sua ecoluzione genetica è quindi fondamentale per arrivare alla scelta di un farmaco inibitore davvero efficace.

“Grazie a Next, non identificheremo più la leucemia in maniera vaga, ma potremo valutarne con precisione il tipo, e se sia mutata o no – ha spiegato il professore associato di ematologia Giovanni Martinelli, responsabile del laboratorio del dipartimento di Medicina specialistica, diagnostica e sperimentale dell’Università di Bologna -. Questo studio apre prospettive nuove, ci avviamo verso il futuro della medicina, cioè la terapia e diagnostica personalizzate: potremmo somministrare farmaci specifici per il trattamento di ciascun paziente, portando a un 90, forse 99% di guarigione morfologica e molecolare”. Colpendo selettivamente solo le cellule malate, gli innovativi farmaci intelligenti che verranno somministrati ai pazienti saranno adatti anche ai soggetti “fragili”, come anziani o giovanissimi. Inoltre, la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti sarà paragonabile a quelle dei soggetti sani.

Da oggi, tutti gli ospedali italiani potranno richiedere ai cinque centri messi in rete il test mutazionale con deep sequencing, indispensabile all’adeguamento del trattamento farmacologico dei propri pazienti. Il deep sequencing consente ai clinici di tenere sempre meglio sotto controllo l’evolversi della patologia e modificare la terapia al bi­sogno con un conseguente innalzamento della qualità e aspettativa di vita per i pazienti. “Un corretto approccio metodologico, è in grado di favorire il trattamento più tempestivo e mirato, con impatto sull’outcome terapeutico e in ultima analisi sulla sopravvivenza e sulla qualità di vita dei pazienti – ha aggiunto la dottoressa Simona Soverini, ricercatrice del Dipartimento di Medicina Specialistica, Diagnostica e Sperimentale, Università di Bologna, coordinatrice del progetto – la condivisione di queste competenze diagnostiche, grazie al network dei 5 laboratori, è strategica per una migliore cura di queste malattie”. Il laboratorio di Bologna si è avvalso del prezioso contributo di quattro centri di riferimento in Italia per questa metodica diagnostica. Catania con la supervisione del professor Francesco Di Raimondo, direttore Divisione di Ematologia, Azienda Universitaria Policlinico OVE, Università di Catania, Monza con Andrea Biondi, Ordinario di Pediatria, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università Milano-Bicocca, Fondazione MBBM/Ospedale San Gerardo, Napoli con il coordinamento di Fabrizio Pane, professore di Malattie del Sangue presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Napoli ‘Federico II’ e il centro ospedaliero di Orbassano (TO) grazie al professor Giuseppe Saglio, ordinario di Medicina Interna ed Ematologia, Università di Torino. Tutti i responsabili dei centri coinvolti hanno espresso grande soddisfazione per la realizzazione di questo programma diagnostico che rappresenta un’esperienza innovativa e molto ambiziosa per l’Italia. Ognuno dei centri partecipanti ha contribuito al raggiungimento di risultati diagnostici tangibili. Grazie al network tutti i pazienti italiani affetti da leucemie Philadelphia positive potranno accedere ad una diagnosi certa e predittiva dell’evoluzione della propria malattia inviando il campione di sangue al laboratorio di riferimento geograficamente più vicino e non ha prodotto alcun risultato.