Secondo le stime più recenti oggi negli oceani del Pianeta sono presenti oltre 150 milioni di tonnellate di plastica: ogni anno ne riversiamo oltre 8 milioni di tonnellate. Senza un rapido ed efficace cambio di paradigma entro il 2025 negli oceani della Terra conteremo 1 tonnellata di plastica ogni 3 tonnellate di pesce e entro il 2050 ci sarà, in peso, più plastica che pesce.
Nel 2018, l’UNEP (Programma Ambiente delle Nazioni Unite) ha inserito il problema della plastica negli oceani tra le 6 emergenze ambientali più gravi (insieme ad altre come i cambiamenti climatici, l’acidificazione degli oceani e la perdita di biodiversità).

PLASTICA 95% DEI RIFIUTI IN MARE APERTO | 134 SPECIE A RISCHIO NEL MEDITERRANEO
La plastica rappresenta il 95% dei rifiuti in mare aperto, sui fondali e sulle spiagge del Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia e Spagna, seguite da Italia, Egitto e Francia. Tra le radici profonde dell’inquinamento da plastica ci sono ritardi e lacune nella gestione dei rifiuti nella gran parte dei paesi del Mediterraneo. Dei 27 milioni di tonnellate di rifiuti plastici prodotti ogni anno in Europa, solo un terzo è riciclato, mentre la metà in paesi come l’Italia, la Francia e la Spagna finisce ancora in discarica. È infatti ferma al 6% la domanda di plastica riciclata del mercato europeo. Lungo le coste mediterranee vivono 150 milioni di persone, che producono tra i maggiori quantitativi di rifiuti solidi urbani pro capite, tra i 208 e i 760 kg l’anno. I turisti che ogni anno visitano il Mediterraneo generano un aumento del 40% dell’inquinamento estivo da plastica.
I grandi pezzi di plastica feriscono, strangolano e causano spesso la morte di animali come tartarughe marine e uccelli marini. Ma non solo: sono 134 le specie tra pesci, uccelli, tartarughe e mammiferi marini che nel Mediterraneo sono vittime dell’ingestione di plastica. Tutte le specie di tartarughe marine presenti nel Mare Nostrum hanno ingerito plastica: in un esemplare sono stati trovati fino a 170 frammenti nello stomaco. Gli effetti di un tale accumulo di plastica nell’apparato digerente sono ovviamente quasi sempre mortali.
Ma sono le microplastiche, frammenti più piccoli e insidiosi, che raggiungono nel Mediterraneo concentrazioni record di 1,25 milioni di frammenti per chilometro quadrato, quasi 4 volte superiori a quelle registrate nell’ “isola di plastica” del Pacifico settentrionale.

TOUR WWF SPIAGGE #PLASTICFREE | 41 EVENTI | 20 KM DI SPIAGGE | 1.000 VOLONTARI
La mobilitazione lanciata dal WWF da giugno a settembre 2018 è stata una grande azione di conservazione collettiva con iniziative in 41 località costiere che hanno permesso la pulizia di 20 chilometri di coste e coinvolto oltre 1.000 volontari di ogni età. Con l’aiuto di associazioni, enti, istituzioni locali, aziende, i volontari WWF hanno recuperato tonnellate di rifiuti in alcune le più belle spiagge italiane, dalle calette sarde alle baie del litorale laziale, dalle scogliere calabresi alle lunghe spiagge dell’adriatico.
La maggior parte dei rifiuti recuperati erano composti da plastica usa e getta: al primo posto i bastoncini cotonati (in un singolo evento addirittura più di 4.000) e poi buste di plastica, bottiglie e tappi, materiali da imballaggio, polistirolo, retine degli allevamenti di mitili, siringhe, resti di boe. Non sono mancati i rifiuti speciali (paraurti di automobili, copertoni, scaldabagni, materassi, etc.).
Gran parte degli oggetti abbandonati sulle spiagge erano prodotti di uso comune e che, nello stile di vita quotidiano, possono essere facilmente sostituiti con altri di lunga durata o realizzati in materiali biodegradabili.

600 MILA FIRME PER LA PETIZIONE #PLASTICFREE | I SUB WWF CONTRO LE RETI FANTASMA
Sono ormai oltre 700.000 le firme raccolte dalla petizione del WWF Italia su change.org con 4 richieste tra cui l’introduzione di una cauzione sugli imballaggi di plastica monouso. Nell’Estate 2018 ha mosso i primi passi anche WWF S.U.B. (Save Underwater Biodiversity) uno speciale team subacqueo di WWF Italia. Le prime 3 azioni, in collaborazione con la Guardia Costiera, hanno riguardato il recupero di alcune reti fantasma (attrezzature da pesca perse accidentalmente o deliberatamente abbandonate) che rappresentano un pericolo gravissimo per la vita marina.
Alcune stime indicano che in tutti gli oceani del Pianeta sarebbero disseminate oltre 640.000 tonnellate di attrezzature da pesca, costituendo il 10% circa di tutti i rifiuti presenti in mare.

PROBLEMA GLOBALE = SOLUZIONI COLLETTIVE
Le dimensioni drammatiche e planetarie del problema dell’inquinamento da plastica impongono scelte e soluzioni a tutti i livelli e in ogni angolo del pianeta coinvolgendo leader politici, settore produttivo e singoli cittadini. Il WWF ha avviato un’azione globale per far sì che entro il 2030 nessun rifiuto plastico si disperda più in natura. L’inquinamento da plastica è ambientalmente, socialmente, economicamente e politicamente inaccettabile. Nel Mediterraneo, uno dei mari più inquinati da microplastica, il WWF condurrà una Campagna pluriennale in gran parte dei paesi a nord e a sud del bacino spingendo anche alcune comunità costiere ad attivarsi per un’amministrazione #plasticfree, informando e mobilitando milioni di cittadini e turisti verso scelte e comportamenti più sostenibili.

ANATOMIA DI UN’EMERGENZA |OGNI ANNO DANNI PER 13 MLD AGLI ECOSISTEMI MARINI
La plastica rappresenta la quasi totalità (60-95%) dei rifiuti rinvenuti nei mari del mondo e il principale rifiuto rinvenuto sulle spiagge e sui sedimenti marini. L’80% di questa plastica proviene da fonti terresti, il 20% da fonti marine (come pesca, acquacoltura e trasporto navale). Poiché la maggior parte delle plastiche non si “biodegrada” in alcun modo, tutta quella dispersa in natura vi resterà per centinaia o migliaia di anni. Usata in media per 4 anni, ma spesso una volta sola, la plastica rimane a “soggiornare” in mare per periodi che vanno dai 5 anni per un filtro delle sigarette, 20 anni per una busta, 50 anni per un bicchiere e fino 600 anni per un filo da pesca.
Se a destare più clamore sono le macroplastiche, rifiuti di maggiori dimensioni provenienti da oggetti comuni e quasi tutti monouso come sacchetti, filtri delle sigarette, palloncini, bottiglie, tappi, o cannucce, sono soprattutto le microplastiche, frammenti inferiori ai 5 millimetri, ad avere gli impatti maggiori sulla vita marina.
Alcune microplastiche si formano direttamente in mare, in seguito alla degradazione di plastiche più grandi per effetto del vento, del moto ondoso o della luce ultravioletta.
Altre sono prodotte specificamente dall’industria, come i pellet (granuli di plastica trasportati, fusi e trasformati in oggetti di plastica di uso quotidiano), agenti esfolianti o additivi di saponi, creme, gel, dentifrici oppure sono generate accidentalmente, per esempio, dalla polvere degli pneumatici o dall’uso e lavaggio di fibre sintetiche di indumenti. Il problema delle microplastiche supera anche i confini marini, arrivando a contaminare anche aria e acqua, sia di rubinetto sia imbottigliata e alimenti come la birra, il sale e il miele.
I 10-20 milioni di tonnellate di plastica che ogni anno finiscono negli oceani del Pianeta provocano oltre 13 miliardi di dollari l’anno di danni agli ecosistemi marini.

CHI È ILWWF
Fondato in Svizzera nel 1961, il WWF è tra le più grandi organizzazioni mondiali per la conservazione della Natura: il panda bianco e nero (simbolo dell’Associazione) è diventato emblema di impegno, concretezza e positività per la tutela degli ecosistemi naturali e per il futuro dell’uomo. Il WWF è un’organizzazione presente in 100 Paesi e nei 6 continenti, che porta avanti ogni giorno oltre 2000 progetti di tutela di habitat e specie a rischio in tutto il mondo, grazie al supporto di 5 milioni di sostenitori.
Nel 1966 il WWF arriva in Italia con l’obiettivo di preservare il patrimonio naturale italiano. Ogni anno nelle oltre 100 oasi del WWF più di 500 mila visitatori possono ammirare 20 specie rare tra animali e piante che sono state salvate: dal cervo sardo alla lontra le Oasi del WWF custodiscono tesori di biodiversità straordinari fra cui 6 specie ‘endemiche’ delle oasi (vivono solo in queste aree), dal fiordaliso del sagittario (in Abruzzo) alla farfalla Teia Dubia (Saline di Trapani). Il WWF è stato protagonista nell’educazione ambientale di centinaia di migliaia di bambini e ragazzi in 50 anni di campi estivi in oasi e parchi. Ogni anno coinvolge circa 10.000 classi ogni anno in programmi educativi e visite alle Oasi. Da circa un anno è attiva in Italia anche la Community WWF YOUng, rivolta a giovani professionisti, appassionati e volontari under 30 che ogni giorno condividono battaglie in difesa della natura e per promuovere stili di vita sostenibili.
Purtroppo, le sfide per il futuro sono ancora molte dalla deforestazione ai cambiamenti climatici, dalla scarsità d’acqua alla perdita di biodiversità, dall’inquinamento da plastica al consumo insostenibile delle risorse naturali insostenibile. Tutte sfide che possono essere affrontate solo lavorando insieme e, infatti, «together possible» è il motto con cui il WWF invita giovani, docenti, scuole, aziende, istituzioni a collaborare per rendere il pianeta sostenibile.