Esperienze, sfide e strategie per l’alimentazione e la sicurezza infantile nel mondo

In linea con i valori di Expo, il convegno che si è svolto il 5 settembre nel prestigioso Auditorium di Palazzo Italia, ha affrontato le tematiche di accesso al cibo nel mondo, nutrizione infantile, qualità e sicurezza alimentare.

Alla presenza di: Giuseppe Ruocco, Direttore Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione, Ministero della Salute –Adele Rossetti, Direttore Generale, WFP Itali – Claire Mouquet-Rivier, Researcher IRD Institut de Recherche pour le Développement – Claudio Maffeis, Professore Associato di Pediatria, Università di Verona – Riccardo Manzini, Direttore Food Supply Chain Center, Dipartimento di Ingegneria Industriale, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna – Giovanni Beccari, Responsabile Comunicazione Cefa Onlus – Twilumba Mlelwa, Capo Economista all’Autorità per lo Sviluppo della Tanzania – Gianpiero Calzolari, Presidente Granarolo S.p.A.

Si stima che siano 200 milioni i bambini che, nei paesi in via di sviluppo, soffrono di una qualche forma di malnutrizione1. Purtroppo, spesso la fame è ereditata: fino a 17 milioni di bambini nascono ogni anno sottopeso, a causa di un’insufficiente alimentazione materna, prima e durante la gravidanza. 
1 La malnutrizione dei bambini, UNICEF, 2012

Le donne – le mamme – sono il primo produttore di cibo al mondo. Eppure, tradizioni culturali e strutture sociali spesso inducono le donne ad essere maggiormente colpite dalla fame e dalla povertà rispetto agli uomini. Una madre sottopeso a causa di un’alimentazione inadeguata ha più probabilità di dare alla luce un bambino sottopeso rispetto ad una madre ben nutrita. Circa il 50 per cento delle donne incinte nei paesi in via di sviluppo soffre di mancanza di ferro2 e ciò significa che 315.000 donne muoiono ogni anno per emorragie durante il parto.

Le principali cause della fame sono i disastri naturali, i conflitti, la povertà endemica, l’assoluta scarsità di infrastrutture per l’agricoltura e lo sfruttamento eccessivo dell’ambiente.

La fame non significa solamente mancanza reale di cibo. Essa si manifesta anche in forme più nascoste.
La mancanza di micronutrienti, ad esempio, espone le persone a contrarre più facilmente le malattie infettive, impedisce un adeguato sviluppo fisico e mentale, riduce la produttività nel lavoro e aumenta il rischio di morte prematura.

La fame non colpisce solamente gli individui ma mina anche le potenzialità economiche dei Paesi in via di sviluppo. Gli economisti stimano che ogni bambino, il cui sviluppo mentale e fisico sia compromesso dalla fame e dalla denutrizione, ha una minore capacità di generare reddito, nel corso della sua vita, che varia tra il 5 e il 10 per cento.

Tra gli Obiettivi di Sviluppo per il Millennio, stabiliti dalle Nazioni Unite per il XXI secolo, al primo posto vi è il dimezzare la proporzione del numero degli affamati e/o malnutriti. Nell’anno in cui tale obiettivo, insieme agli altri, si avvia a conclusione, il suo raggiungimento è stato registrato per 72 su 129 dei paesi monitorati, con i Paesi in via di sviluppo che, nel loro complesso, lo hanno mancato per un certo margine3.

I bambini rappresentano solo una parte degli affamati del mondo. Secondo le ultime statistiche della FAO, complessivamente ci sono 795 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, di cui il 98% vive nei Paesi in via di sviluppo. La distribuzione nei continenti è la seguente:

511,7 milioni in Asia;
232,5 milioni in Africa;
34,3 milioni in America Latina e Caraibi; 14,7 milioni nei Paesi sviluppati4.

Gianpiero Calzolari, Presidente Granarolo S.p.A. ha dichiarato:
«Abbiamo scelto di organizzare questo momento di confronto e riflessione, invitando relatori provenienti da diversi paesi e organizzazioni internazionali, perché crediamo che un’alimentazione sicura e accessibile, in un mondo sempre più globalizzato, sia una delle maggiori sfide globali del nostro tempo.
Per vincerla, noi vediamo solo una strada: organizzazioni internazionali e soggetti privati devono trovare forme di collaborazione e modalità congiunte di divulgazione delle informazioni rilevanti. Nessuno oggi può far finta di non sapere.
Come Granarolo, abbiamo diverse iniziative che sostengono la diffusione di un’alimentazione sicura e accessibile. Mi piace ricordarne due in particolare: Africa Milk Project e Allattami. In Africa abbiamo sostenuto un progetto che replica il modello cooperativo sul quale Granarolo stessa si fonda, in una delle zone più povere della Tanzania. Lo abbiamo sostenuto nel tempo con la tenacia di chi vuole arrivare a farlo decollare, ispirati dal senatore Bersani, storico fondatore di Cefa Onlus (che ci ha recentemente lasciati) e dal suo team, costante nell’esserci vicino, nello spronarci a compiere missioni, ben al di là di logiche di mero assistenzialismo», spiega ancora Gianpiero Calzolari, Presidente di Granarolo, l’azienda che dal 2004 crede e sostiene attivamente questo progetto. «Oggi la latteria-caseificio di Njombe cammina con le proprie gambe Siamo convinti che si potrà esportare questo modello per dare concrete opportunità lavorative ad altri allevatori e casari e una produzione di latte pastorizzato e quindi sicuro a tanti bambini nel mondo. Stiamo già ragionando con Cefa su un sostegno alle comunità locali in Mozambico, aggregando il mondo cooperativo che ruota intorno ad ACI (Alleanza Cooperative Italiane).
Convinti poi che il latte materno sia alimento insostituibile per i neonati, con il Policlinico Sant’Orsola di Bologna abbiamo dato vita ad “Allattami”, unica banca del latte materno mai promossa da un’azienda in Europa che consente di nutrire neonati critici e/o prematuri, con latte materno prelevato da madri che ne hanno in eccesso. Un progetto italiano per l’Italia che ci auguriamo possa essere replicato in molti altri contesti per dare latte di mamma sicuro a tanti bimbi».

Giuseppe Ruocco, Direttore Generale per l’Igiene e la Sicurezza degli Alimenti e la Nutrizione, Ministero della Salute ha dichiarato:
«Assicurare, prima di tutti ai bambini, un’alimentazione che rispetti i principi della sicurezza alimentare (intesa come disponibilità e accessibilità a cibo di qualità, nutriente e al tempo stesso sano) è un dovere per coloro che adottano scelte strategiche in tale settore ed ha un’importanza vitale.

Non può sfuggire, infatti, che il regime alimentare seguito nelle prime fasi della vita condiziona la salute in quelle successive e che i bambini costituiscono la società del futuro. Expo 2015 costituisce a mio parere l’occasione e il luogo giusto ove esperienze, iniziative in corso e sforzi progettuali si possono incontrare e confrontare per contribuire a migliorare la situazione, nello spirito di questo evento universale e della Carta di Milano».

Adele Rossetti, Direttore Generale, WFP Italia ha dichiarato:
«L’accesso universale al cibo è il punto di partenza per conquistare libertà, giustizia e pace per tutti. É per questo che il World Food Programme (WFP), la più grande organizzazione umanitaria che combatte la fame nel mondo, fornisce assistenza alimentare nelle emergenze per contrastare i fattori che causano la fame e migliorare così la sicurezza alimentare per milioni di persone. Nel 2014, il WFP ha fornito cibo vitale a più di 80 milioni di persone in 82 Paesi e ha distribuito oltre 3 milioni di tonnellate di alimenti ai più poveri, ai più deboli e a chi soffre di fame e malnutrizione. Inoltre, 17 milioni di bambini – il 49% è costituito da bambine – hanno usufruito di pasti scolastici o di razioni da portare a casa distribuiti dal WFP. Anche 3 milioni di donne incinte o che allattano hanno ricevuto sostegno nutrizionale aggiuntivo con un impatto vitale sui loro figli e sulle loro famiglie. Nel 2014 il WFP, finanziato interamente da contributi volontari, ha raccolto 5.38 miliardi di dollari in contributi, di cui il 93% ha supportato direttamente le sue operazioni umanitarie sul campo. Il supporto al WFP di istituzioni, settore privato e cittadini risulta cruciale per costruire un mondo a “Fame Zero”.

Claire Mouquet-Rivier, Researcher IRD Institut de Recherche pour le Développement ha dichiarato: «Il nostro ruolo come ricercatori è trovare e trasferire le informazioni rilevanti sui fattori biologici e culturali che interferiscono con la possibilità di nutrire, in modo appropriato, i bambini nel mondo. Come IRD riteniamo che il nostro lavoro debba proseguire su un duplice piano, da un lato sul miglioramento della qualità e sull’arricchimento degli alimenti per le popolazioni considerate fragili, dall’altro attraverso lo sviluppo e il rafforzamento dei sistemi di produzione agricola locali che possono contribuire a creare le giuste condizioni».

Claudio Maffeis Professore Associato di Pediatria, Università di Verona ha dichiarato:

«Il latte materno è l’alimento che la natura mette a disposizione dei neonati necessario e sufficiente a garantire tutti i suoi fabbisogni fino al 6° mese. Da qui in poi, è necessario integrare con altri alimenti in grado di soddisfare le aumentate esigenze. Le più recenti evidenze scientifiche suggeriscono quanto sia importante garantire un’alimentazione adeguata in questa delicata fase della vita. L’acquisizione di adeguate abitudini alimentari inizia già nel primo anno di vita e prosegue nel secondo e terzo anno. E’ proprio in questa fase che il bambino fa proprie le abitudini dei genitori, e in cui si può intervenire per la prevenzione di molti comportamenti errati che promuovono la comparsa di molte delle malattie croniche tipiche dell’età adulta quali ipertensione, diabete, obesità, aterosclerosi, neoplasie».

Riccardo Manzini, Direttore Food Supply Chain Center, Dipartimento di Ingegneria Industriale, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna ha dichiarato:
«La logistica gioca un ruolo cruciale e strategico a tutela della qualità e della sicurezza lungo tutta la filiera agroalimentare “dal campo alla forchetta”. La misura e il controllo dell’impatto ambientale passano attraverso le scelte di trasporto, stoccaggio, imballaggio e confezionamento. La complessità nella progettazione, gestione e controllo di un sistema logistico è destinata a crescere di anno in anno, poiché il mercato di fornitura, produzione e consumo è sempre più decentrato e globalizzato. In aggiunta, la domanda di cibo e il fabbisogno di risorse idriche ed energetiche cresceranno significativamente nei prossimi decenni. Abbiamo sviluppato un laboratorio di monitoraggio e simulazione degli stress fisico ambientali per misurare e controllare la qualità del prodotto alla tavola del consumatore e stiamo lavorando ad un progetto educativo innovativo rivolto a tutti, bambini e adulti, operatori del settore ed amministratori pubblici, per supportare consapevolmente scelte sostenibili lungo la filiera e a beneficio del pianeta nello spirito che sta animando l’Expo».

Giovanni Beccari, Responsabile Comunicazione Cefa Onlus ha dichiarato:

«La Njombe Milk Factory S.p.A. è oggi un’azienda che dal 2013 ha raggiunto la sostenibilità economica e ridistribuisce reddito alla comunità locale: 800 allevatori hanno un mercato sicuro per il latte e 40 tanzaniani lavorano all’interno dell’azienda. A beneficiarne in modo diretto sono quindi circa 6000 persone. Oggi CEFA vuole replicare il successo di Africa Milk Project e ha individuato nel distretto di Beira in Mozambico il luogo ideale. Gli allevatori sono poveri, ma hanno voglia di crescere e di produrre latte sicuro per un mercato locale che ne richiede sempre maggiori quantità».

Il Gruppo Granarolo, uno dei principali player dell’agroalimentare italiano, comprende due realtà diverse e sinergiche: un consorzio di produttori di latte – Granlatte – che opera nel settore agricolo e raccoglie la materia prima – e una società per azioni – Granarolo S.p.A. – che trasforma e commercializza il prodotto finito e conta 12 siti produttivi dislocati sul territorio nazionale e 2 in Francia. Il Gruppo Granarolo rappresenta così la più importante filiera italiana del latte direttamente partecipata da produttori associati in forma cooperativa. Riunisce infatti circa 1.000 allevatori produttori di latte, un’organizzazione di raccolta della materia prima alla stalla con 70 mezzi, 1.200 automezzi per la distribuzione, che movimentano 750 mila tonnellate/anno e servono quotidianamente circa 50 mila punti vendita presso i quali 11 milioni di famiglie italiane acquistano prodotti Granarolo. Nei propri laboratori, il Gruppo effettua quotidianamente analisi sull’intera filiera produttiva, dalla materia prima al prodotto finito, per garantire al consumatore prodotti di qualità e con elevati standard di sicurezza. Il Gruppo Granarolo conta circa 2.100 dipendenti al 31/12/2014. Il 77,48% del Gruppo è controllato dal Consorzio Granlatte, il 19,78% da Intesa Sanpaolo, il restante 2,74% da Cooperlat.
Nel 2014 il Gruppo ha realizzato un fatturato superiore ad un miliardo di Euro.