Fu la prima diva del dopoguerra, un sex symbol. Una delle donne più desiderate dai potenti di quel tempo. Ha recitato in sessanta film. L’attrice Silvana Pampanini è morta al Policlinico Gemelli di Roma, dov’era ricoverata da metà ottobre in terapia intensiva, dopo essere stata sottoposta a un’operazione di chirurgia addominale d’urgenza, aveva 90 anni.
Una delle dive simbolo degli Anni Cinquanta, la prima maggiorata, capace di far dimenticare agli italiani la fame e le miserie della guerra. Alta, lo sguardo fulminante, i tratti latini, fino all’ultimo ha amato cappelli, abiti eccentrici e trucco vistoso. E una savoir faire che ha conservato fino all’ultimo istante quando in ospedale si è vezzosamente abbassata gli anni: “Ne ho 85, non 90”. Una vera diva.
Infatti Totò impazzì per lei durante le riprese del film “47 morto che parla” del 1950, diretto da Carlo Ludovico Bragaglia.
Nata a Roma da famiglia veneta il 25 settembre 1925, figlia di un tipografo e nipote della celebre cantante lirica Rosetta. La sua maestra di canto la iscrisse a sua insaputa al primo concorso di Miss Italia, l’edizione si svolse nel 1946 a Stresa. Nonostante la sconfitta da parte della giuria fu recuperata a furor di popolo dal pubblico, tanto da obbligare gli organizzatori del premio al attribuire un”ex aequo” che ne fece da quel momento una ragazza-copertina sui rotocalchi.
La Pampanini iniziò la carriera come interprete di pellicole musicali e acquisi una popolarità crescente tramite i settimanali illustrati e i cinegiornali. Nel 1946 esordì al cinema con il film “L’apocalisse” diretto da Giuseppe Scotese, poi seguirono altri film, nel 1949 con “I pompieri di Viggiù” di Mario Mattoli in cui interpreta Fiamma, figlia del capo pompieri Carlo Campanini.
Nella prima metà degli Anni Cinquanta, poco prima che Sophia Loren e Gina Lollobrigida raggiunsero una gran notorietà, per una breve stagione la Pampanini fu il simbolo più rappresentativo della bellezza italiana a livello mondiale, assieme a Lucia Bosè e Silvana Mangano.
I primi grandi successi di quel periodo, gira “Bellezze in bicicletta” di Carlo Campogalliani, a fianco di Delia Scala, con voce assai intonata, un motivetto destinato a furoreggiare sui grammofoni. Tra i suoi film più noti si ricorda: Processo alla città, diretto da Luigi Zampa. La presidentessa di Pietro Germi, entrambi del 1952, Un giorno in pretura di Steno del 1953, La bella di Roma di Luigi Comencini del 1955, Racconti romani di Gianni Franciolini del 1955, La strada lunga un anno del 1958 di Giuseppe De Santis, ottenne una nomination all’Oscar come miglior film straniero.
E poi “Il gaucho” del 1964 di Dino Risi, in cui interpreta spiritosamente una star sul viale del tramonto, in una memorabile confronto con Vittorio Gassman, affiancato Amedeo Nazzari e Nino Manfredi.
L’attrice lavorò con grandi attori come Totò, Peppino De Filippo, Alberto Sordi, Vittorio De Sica, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Walter Chiari, Amedeo Nazzari, Renato Rascel, Raf Vallone, Nino Taranto, Massimo Girotti, Ugo Tognazzi, e i grandissimi Jean Gabin nel film “Pubere”, 1953, e Buster Keaton nel film “L’incantevole nemica” del 1953.
Tra i celebri flirt a lei attribuiti, quelli con Tyronne Power, William Golden, Omar Scharif e Orson Welles. Anche i potenti non restarono insensibili al fascino di questa donna in fondo solitaria, molto decisa, che non si è mai sposata e non ha mai avuto figli, ma raccontò di essere stata molto vicina al matrimonio con un uomo mai identificato – che morì prima che potessero convolare a nozze.
Dotata di una allegra autoironia come si vede bene nel “cammeo” regalato ad Alberto Sordi nel film “Il tassinaro” diretto e interpretato dallo stesso attore, la Pampanini recita se stessa e firma la sua ultima apparizione di un film.
Succinto il commento della collega Lollobrigida (più giovane di due anni e con una carriera decisamente internazionale) alla notizia della scomparsa: “Nessuna rivalità, mi dispiace se ne sia andata ma non eravamo amiche né l’ho mai conosciuta”.
Giuseppe Lippoli