Televisione e calcio… che succede? Le televisioni pagano, decidono il palinsesto e anche la distribuzione delle risorse: a chi è più ricco saranno dati più soldi, alle matricole soltanto le briciole e un paracadute per la retrocessione. Così, il bouquet del calcio italiano è diventato frammentato con un’unica consapevolezza: la televisione odierna ha tolto risorse a questo sport, svotato sempre più di contenuti tecnici.

Il calcio italiano ormai rimane in vita per consentire alle emittenti a pagamento di avere milioni di utenti mentre, nel passato, era semmai la televisione che contribuiva a offrire qualche spunto al calcio italiano.
Parliamo di circa cinquant’anni fa ma sembra di rivivere l’era mesozoica. In principio ci fu “La Domenica Sportiva” che partiva come un semplice contenitore dove unire, qua e là, le immagini dai maggiori campi. Visse gli anni migliori con Enzo Tortora e contribuì a lanciare la novità per eccellenza: la moviola.
Per molti è stata una manna dal cielo, per altri una disgrazia che ha aperto le porte al gossip calcistico. Fu un gol di Gianni Rivera, in uno dei derby milanesi più discussi della storia, a rappresentare il primo “caso umano” del calcio.
Era il 22 ottobre 1967 e Carlo Sassi, che si occupava della moviola, non sapeva di aver creato un “mostro” capace di sconfiggere, attualmente, ben cinque arbitri più un sesto uomo a bordocampo.
La televisione, almeno fino all’avvento delle emittenti a pagamento, era in funzione del calcio: non tutto doveva essere mostrato proprio per non impedire l’accesso allo stadio. La domenica era il giorno designato per riprendersi dalle fatiche settimanali, erano in programma otto gare in contemporanea.
All’epoca, otto gare formavano un’intera giornata di campionato con “Tutto il calcio minuto per minuto” che partiva addirittura dal secondo tempo. In Italia, almeno per i primi 45 minuti, nessuno, tranne gli spettatori dello stadio, era a conoscenza dei risultati di Serie A. Basti pensare a quando Enrico Ameri disse quel «Milan 0… Verona 3», prendendo fiato tra una parola e l’altra per far morire quasi di infarto milioni di rossoneri.

Gli anni d’oro del calcio in televisione

volti 90° minuto

Il calcio in televisione: alcuni volti della trasmissione 90° minuto

Gli anni Ottanta furono, forse, quelli del maggior splendore televisivo-calcistico, nonostante gli scandali del Totonero.

I mondiali spagnoli e il ritorno dei calciatori stranieri rendevano 90°minuto il primo baluardo per la predominanza in casa del maschio italico, che poi si saziava con gli altri programmi della Rai. Poco alla volta, c’era da stropicciare gli occhi per Platini, Zico, Maradona e altri fenomeni che sbarcavano solo nel nostro torneo. Ora, invece, tutto si vede subito in una televisione che acceca e abbaglia.

Telecamere personalizzate, zoom supersonici e altre diavolerie tecniche consentono, attualmente, di conoscere il numero esatto dei chilometri percorsi in campo, la convenzione geo spaziale di un calcio di punizione.  Nonché l’esaltazione dei tatuaggi nelle parti più recondite di un brocco straniero.

Andiamo ora a spiegare le differenze del mesozoico calcistico-televisivo con quelle dello show attuale a un bambino di dieci anni: ci riderà, probabilmente, in faccia.

Con il suo tablet, alle 17.01, avrà visto già tutti i gol della giornata frammentata, aspettando l’esito del posticipo del martedì sera in maniera angosciosa. In quanto il fantacalcio è il suo gioco preferito rispetto al battimuro con le figurine Panini.

Ed ora pay per wiew, felici e contenti.