Odio il calcio moderno. Quelli che mi conoscono sanno bene la mia acredine per le storture del calcio-business.
Un avversione che ho sfogato, scrivendo un libricino dedicato alle nuove generazioni di tifosi, proprio intitolandolo così. Un grido che esprime la mia nostalgia per il calcio vintage e la mia avversione per quanto ci stanno propinando i padroni del Mondo Pallonaro.
Il calcio di oggi è business, sento dire da più parti allorchè si chiede a gran voce il rispetto della passione dei tifosi, si criticano gli stratosferici ingaggi dei calciatori, la mancanza di sentimento di appartenenza, della mancanza di rispetto per la storia e il blasone dei club, il potere assoluto delle pay-tv che stravolgono i calendari dei campionati per questione di audience televisivo, diritti dei tifosi calpestati senza alcun ritegno, il caro biglietti, ecc.
Insomma denaro, solo denaro; denaro che comanda su tutto e tutti.
Il calcio ormai è un “affaire” mondiale che risponde solo alle regole più bieche del mercato globale.
Pur restando fedele ai mie ideali e combattendo una battaglia “donchisciottesca”, ho compreso che la speranza di veder mutare, almeno in parte le assurdità e gli estremismi del calcio di oggi è alquanta flebile.
Una conferma dell’ipocrisia che impera in questo ambiente l’ho avuta leggendo, qualche giorno fa, un articolo sulla “Gazzetta dello Sport” di Damiano Tommasi, presidente della AIC (associazione Italiana Calciatori) che ribadiva il concetto della necessità della sosta natalizia della Serie A.
Gli argomenti adotti sono risibili.
Criticava la scelta adottata dall’ Inghilterra, in cui i campionati professionisti non si fermano durante questo periodo, portando come argomento di sostegno il fatto che la nazionale dei “Tre Leoni” non primeggia da anni nelle competizioni continentali perchè non concede pause ai suoi calciatori che arrivano stanchi a fine stagione.
E’ evidente come Tommasi si scordi o, finga di scordarsi,i che i cattivi risultati della nazionale inglese sono dovuti in special modo al fatto che, nelle squadre di club di Sua Maestà ci sono moltissimi calciatori stranieri, che sono stati trascurati i vivai e che la logica dei proprietari, ormai per la maggior parte di origine asiatica o araba, è quella di trasformare le loro società in multinazionali che creino profitti sui mercati azionari mondiali.
Ma non è tutto.
Tenendo fede al cattivo costume nazionale, noi italiani siamo soliti “adottare” e applicare le usanze straniere solo per ciò che soddisfano gli interessi di un esigua minoranza, “dimenticando” e tralasciando quelle più attinenti i doveri o gli interessi dell’intera popolazione, Tommasi non spende una parola di critica contro il calcio mercato di riparazione invernale della durata di un mese che permette lo scambio di giocatori tra le compagini dello stessa serie, andando ad inficiare la regolarità della competizione a danno delle realtà economicamente più deboli che si vedono privare dei loro elementi più rappresentativi.
Una consuetudine adottata dal campionato inglese, non consentita dalla nostra Federazione fino alla fine degli anni 80, in cui era prevista solo una piccola “finestra di mercato” in autunno, con scambi di calciatori consentiti con compagini di serie diverse o per giocatori senza contratto.
Non poteva mancare una sottolineatura del cattolico praticante presidente dell’ AIC che sottolineava come sia imprescindibile la tutela dei sacrosanti diritti dei nostri “poveri” calciatori di godersi il meritato riposo per trascorrere Natale e Capodanno con le rispettive famiglie.
Ecco il punto dolente dove crolla miseramente la tesi dei “ricchi e lamentosi giocatori” , del loro presidente e della Lega Calcio. L’aspetto religioso-famigliare declamato da Tommasi, (nulla questio per quanto concerne il diritto in sè) non è applicabile alla categoria che rappresenta.
I calciatori, così come altre categorie facenti parte il mondo dello spettacolo è formata da “lavoratori, che svolgono la loro professione durante le giornate festive (domenica) o semifestive (sabato) avendo come fine della loro attività (uso un termine inglese ormai di uso quotidiano) “l entertainment” nei giorni di riposo della stragrande maggioranza del popolo lavoratore.
Evidentemente non sarà così, perchè noi comuni cittadini non riusciamo a comprendere le esigenze di questi lavoratori così profondamente sfruttati che svolgono una mansione alienante e usurante.
E sì, poveri calciatori, così stanchi e stressati, che hanno il sacrosanto diritto di riposarsi dalle faticose partite settimanali e infrasettimanali.
Che hanno il sacrosanto diritto di sobbarcarsi trasvolate oceaniche per raggiungere mete turistiche lontane migliaia di chilometri e ambientarsi in situazioni climatiche sfavorevoli con temperature superiori a 30° C.
Tutto ciò è proprio il calcio che non vorrei mai vedere, che odio profondamente.
Ricordo a Tommasi, alla Lega Calcio, alla AIC che nella stagione 1987/88 il 3 gennaio (le date di quest’anno corrispondono agli stessi giorni della settimana) si disputò la 13esima giornata del campionato di serie A.
Quella domenica ci fu un memorabile Milan-Napoli (Napoli di Maradona, campione in carica, con allenatore Bianchi, primo in classifica, sfidò il Milan di Gullit guidato da A.Sacchi, secondo in classifica) finito 4-1 con S.Siro pieno e uno spettacolo di emozioni senza precedenti.
Serie A a 16 squadre e non a 20; nonostante ciò il campionato si fermò solo domenica 27 dicembre.
Ma di esempi come questo nel corso dei decenni passati ce ne furono innumerevoli.
Gare disputate il 31 dicembre (anno 1983, 1989, ecc.) disputate il 2 gennaio (anno 1994), ecc.
Morale, i padroni del calcio italico, tutti attenti al marketing, a fidelizzare i tifosi, agli introiti derivanti dai diritti televisivi, alle quote azionarie, alla vendita dei prodotti con il marchio registrato in ogni angolo del pianeta, e poi che fanno, si fermano per Natale e Capodanno come una qualunque aziendina di provincia con un fatturato misero?
Teatri pieni, cinema multisala esauriti (Zalone incassa in un giorno 7 milioni di euro con il suo nuovo film), e gli stadi italiani vuoti perchè lor signori sono in vacanza o quasi (si stanno allenando in luoghi esotici o fanno qualche sgambata nei loro rispettivi centri di allenamento; però tra il 23 dicembre e il 5 gennaio guai a giocare un partita ufficiale)?
Bravi.
Voto in marketing : 3
Periodo festivo-natalizio con le famiglie che possono spendere qualche soldo in più grazie alle tredicesime (chi le percepisce….), con un po’ di tempo libero in più, e di conseguenza con la voglia di portare i figli allo stadio, quindi occasione per fidelizzare nuovi “clienti-tifosi” e voi cosa fate ? Siete chiusi?
L’Inghilterra non vince una competizione con la sua nazionale maggiore dal 1966, ha, però, gli stadi pieni, è il campionato con maggior appeal internazionale, con i maggiori ricavi.
Il calcio italiano, invece, che pretende di fermarsi quando vuole, continuerà a vivere un periodo di “vacche magre” e di stadi vuoti, tanto più se si continuerà a far disputare gare in notturna a gennaio con temperature sotto zero (per inciso in Inghilterra si disputa solo una partita in notturna alle 20:30 e quasi mai in inverno) solo per ingraziarsi le pay-tv, ma con il risultato di allontanare i tifosi.
Vi regalo un consiglio: datevi all’ippica !!!!
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)
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