Da alcuni mesi si rincorrono notizie riguardanti la possibile cessione dell’ AC MILAN 1899 da parte della famiglia Berlusconi.
Sarebbe meglio precisare che ora il Milan non è più di proprietà del presidente Silvio ma è un ramo d’azienda della holding di famiglia Fininvest.
Una differenza di non poco conto che bene spiega quanto sia cambiato il calcio negli ultimi 15 anni e di come siano ormai scomparsi i presidenti mecenati che caratterizzarono la storia di questo sport per tutto il secolo scorso.
Da tifoso rossonero che segue la squadra da oltre 40 anni vorrei esprimere quello che sto provando ascoltando e leggendo tali rumors e soprattutto il timore che sto vivendo per un futuro quanto mai così nebuloso e fosco.
Thailandesi, cinesi, indonesiani,. russi, arabi, ecc. tycoons con forzieri pieni di moneta pregiata, ma che hanno a cuore solo il business che una squadra, un blasone, una storia ultracentenaria potrebbe garantirgli.
E allora da nostalgico, da vecchio tifoso, da amante del vero calcio, da irriducibile appassionato “da stadio” frequentatore delle vecchie gradinate senza seggiolini numerati, senza tessere del tifoso, senza sky-box, senza pay-tv, che ascoltava le partite con una vecchia radiolina Sony gracchiante in cui le stazioni radio venivano sintonizzate tramite una ormai logora e scolorita manopola tonda che azionava un astina metallica che scorreva lungo linea graduata con le varie frequenze, e che aspettava trepidante la Domenica Sportiva o 90° Minuto per vedere le poche immagini delle gare, o che seguiva il secondo tempo in differita su Rai 2 della partita di maggior interesse, magari della gara che avevo seguito dagli spalti poche ore prima (ma rivedere la partita in TV permetteva di rivivere e prolungare continuare quelle emozioni recenti), mi sento in dovere di dire grazie al Presidente Silvio Berlusconi.
No, non voglio cadere nella piaggeria, non ho secondi fini, non sono un suo elettore o un suo simpatizzante politico, non ho mai lavorato per le sue aziende, non sono ne sono stato mai un fornitore di qualunque genere di prodotti o servizi, non sono mai stato un “berlusconiano” ante litteram.
Però mi vanto di avere tra i miei valori a cui mi ispiro e di cui ne vado fiero, il valore della riconoscenza.
E sì, perchè un grazie per questi 30 anni di presidenza sono in obbligo di esprimerlo.
Febbraio 1986 Berlusconi diventa presidente del Milan 1899.
Mi permetto di definirlo il mio Milan.
Sì, perchè all’epoca poco più che quindicenne, il Milan era tutto per me, era la mia vita (lo è tuttora anche se le vicende della mia esistenza mi hanno reso meno “romantico”, più pragmatico, sempre idealista, ma più realista), era la trasposizione della mia persona nei rapporti con i miei coetanei, ma non solo, con chiunque altro, con il prossimo che incontravo, che venivano inevitabilmente classificati e distinti a seconda della loro fede calcistica.
E in quegli anni chi era milanista aveva poco da gioire, aveva poco di cui vantarsi, eccetto che per la storia passata (gloriosa e vincente -anni 50/60) e l’attaccamento “del popolo rossonero” che seguiva la squadra anche in cadetteria con un entusiasmo senza pari.
E così io che mi vantavo di essere milanista, come mio padre, che seguiva il vecchio Milan anche all’Arena e mi raccontava le gesta dei vecchi campioni, Liedholm, Nordhal, Schiaffino, e soprattutto Rivera (idolo assoluto della mia infanzia- non dimenticherò mai la mia prima partita a S.Siro con un gol del mitico Gianni), che non mi vergognavo se siamo andati in B due volte una “pagando” l’altra “mandati a forza per non so quale peccato da espiare” dovevo sopportare le angherie, gli sberleffi, le umiliazioni di tutti coloro che consideravano i milanisti come degli sfigati- nostalgici (al pari dei tifosi granata del Torino) che non avevano un presente, tanto meno un futuro, e che vivevano solo di ricordi ormai remoti.
E io, che già ero stalkizzato per la mia corporatura gracile dovevo anche subire le angherie per la mia fede calcistica.
Ma quella fede la difendevo con tutte le mie forze fisiche e dialettiche. 
“Difendevo” il mio Milan anche fisicamente, oltre che con le parole che esprimevano le mie speranze e i miei sogni.
Niente e nessuno poteva scalfire la mia irriducibile fede. Ma il magone c’era, il magone per le numerose sconfitte era profondo, eccome, un nodo in gola da asfissia.
Poche soddisfazioni, rari momenti di gioia.
Che so i quarti di finale di coppa Italia durante il secondo anno in B con l’eliminazione contro il Verona di Bagnoli (una delle realtà più importanti di quegli anni tanto che due anni dopo vinse uno storico scudetto) in una notte di fine stagione con un San Siro pieno fin all’inverosimile , eliminati per la nostra poca esperienza , perchè ci tremavano le gambe e così dopo un incredibile 2-2 a Verona, un 3-3 a Milano con gol all’ultimo minuto per un’ingenuità difensiva, ma l’orgoglio di essere stati all’altezza di una squadra di alta classifica della massima serie, ci riempì di orgoglio.
E poi due anni dopo la vittoria in un derby dopo oltre 6 anni e due retrocessioni con il gol di testa di Hateley “schiacciando”, “subissando” Collovati.
Sì proprio Fulvio Collavati che non voleva disputare il secondo campionato di B con il Milan, perchè era un nazionale e certi palcoscenici non erano consoni.
Lui, “l’infame” che prese anche una sassata a Como l’anno della seconda retrocessione, imputato per lo scarso attaccamento alla maglia, per essersi accordato con i “cuginastri”, vederlo soccombere con il gol della vittoria.
Una vittoria attesa, agognata, una liberazione dalle nostre disgrazie, dalla nostra mediocrità.
Con l’immagine di “Attila” Hateley che capeggiava ovunque nei giorni successivi neanche fosse l’effige della Madonna di Lourdes, come se ci fosse stata una visione della Beata Vergine , come se fossimo stati oggetto di un miracolo.
E di cosa altro potemmo esultare? Di poco.
Una vittoria contro la Juve a San Siro (3-2) e una qualificazione in coppa Uefa eliminati dallo sconosciuto Waregem degli sconosciuti Mutombo, Desmet, Veit.
Una cosa non mancava mai, l’orgoglio, l’attaccamento ai nostri colori, ai nostri giocatori che avevano dimostrato senso di appartenenza, fedeltà e riconoscimento per l’affetto che dimostravamo ogni stagione con una presenza di pubblico tra i più numerosi della serie A.
Affetto per alcuni dirigenti come Ramaccioni e il vicepresidente Gianni Nardi vero “proprietario” del Milan, quello che cacciava il grano per mandare avanti la baracca e copriva le promesse e le bufale del presidente Farina Giussi poi soprannominato Rovina per lo sfacelo finanziario che creò.
E sì perchè tra i molti sorrisi e le varie battute del tenutario agreste veneto (famose le sue fattorie di cui si vantava e che sostenne di averle perse per il “bene del Milan”) si creò un buco di bilancio da paura tanto che arrivammo senza nemmeno accorgerci ad un passo dal fallimento.
Poi quando tutto sembrava precipitare , quando la situazione era talmente grave che le due retrocessioni a confronto era bazzecole, quando esisteva il vero pericolo di scomparire (non c’erano i fallimenti col”paracadute” il salvataggio del titolo sportivo), quando mi accorsi che “la mia vita” sarebbe svanita in un aula di tribunale, ecco comparire Berlusconi, sì, sì, il re della Tv Privata , l’esempio dell’imprenditoria della “Milano da bere”, quello che i soldi li aveva veramente, quello che faceva seguire i fatti alle promesse, ai progetti, alle idee rivoluzionarie.
“In tre anni porterò il Milan in cima all’Europa, sarà la squadra più forte del continente. Non solo dobbiamo vincere, ma lo faremo facendo divertire il pubblico”.
Così si presentò ai tifosi.
Lascio immaginare cosa scatenò in noi milanisti di vecchia data, che avevamo mangiato pane duro per anni che potevamo solo aspirare ad una misera qualificazione in coppa Uefa.
Ma lascio immaginare cosa scatenò nei tifosi avversari, nei giornalisti di “alta scuola” .
Bufale, fandonie, solo promesse, solo fumo, dicevano con tanta e sprezzante ironia.
Quando ci fu la presentazione della squadra all’Arena di Milano all’inizio della prima stagione da presidente ecco arrivare i giocatori e lo staff tecnico con gli elicotteri sulle notte delle Valchirie di Wagner.
“Con quegli elicotteri scapperanno più in fretta dopo le sconfitte e i fallimenti delle loro americanate” così ci bollò un famoso portiere di una famosa squadra vincente (e anche l…., beh lo sanno tutti, evito di usare quell’aggettivo).
E la prima stagione fu mezzo fiasco con una qualificazione in coppa Uefa risicata dopo una spareggio a Torino e aver cambiato l’allenatore storico Liedholm con il neofita Capello.
Ecco, pensai, sempre delusioni, mediocrità, mai una soddisfazione, mai una gioia vera.
E lo stato d’animo rimase cupo anche all’inizio della stagione successiva quando venne scelto un omino scarsocriniti che veniva considerato un rivoluzionario del calcio italiano, Arrigo Sacchi.
Grande campagna acquisti, grandi giocatori, ma alla seconda di campionato sconfitta secca 0-2 contro la Fiorentina di Baggio.
Uscendo da San Siro lo scoramento era profondo.
Ricordo in quel torrido pomeriggio di fine settembre (34 gradi) gente che voleva vendere l’abbonamento perchè non avrebbe sopportato una altra stagione irta di delusioni, di speranze bruciate, di umiliazioni.
Pensai che forse eravamo in balia di un sortilegio malefico che niente e nessuno ci avrebbe tolto.
Non avevo il coraggio nemmeno di guardare mio padre con cui mi recavo allo stadio da oltre 10 anni , anche lui era distrutto.
Poi dopo l’ eliminazione contro L’Espaniol in coppa Uefa, la sconfitta a tavolino contro la Roma per un petardo lanciato dagli spalti che colpì Tancredi (numero uno giallorosso) e l’operazione del centravanti Van Basten che lo costrinse ad una lunga degenza ecco le parole del Presidente a rincuorare tutto l’ambiente e noi tifosi:” So che siamo sulla giusta strada e le soddisfazioni arriveranno….”.
Cavalcata entusiasmante con vittorie storiche , come a Torino contro la Juve (non si vinceva in casa della Vecchia Signora da 20 anni !!!) ecco la trasferta di Napoli per il sorpasso scudetto.
1 maggio 88 in un assolato pomeriggio, un manipolo di tifosi rossoneri (tra cui il sottoscritto) relegati in settore prospiciente il terreno di gioco, bersagliati da ogni sorta di oggetti (anche una sedia che spaccò il setto nasale di una ragazza) potemmo orgogliosamente sventolare le nostre bandiere, che Maradona non voleva vedere nel suo stadio, per festeggiare la vittoria che ci consegnò virtualmente l’undicesimo scudetto. 
Durante il viaggio di ritorno in treno, non potevo credere che eravamo ad un passo dallo scudetto, noi che solo 2 anni prima rischiavamo di scomparire.
E poi a Como due settimane dopo, e l’apoteosi a San Siro la sera stessa con la squadra portata intrionfo e con il Presidente che non riuscì nemmeno a terminare il peana della vittoria.
E l’anno dopo la vittoria in coppa dei campioni con 80 mila milanisti in finale a Barcellona (solo il Milan ebbe un seguito simile per una finale). 
Era tutto vero, in tre anni eravamo in cima all’Europa.
E poi dominio per altre stagioni.
Un episodio emblematico di cosa era il Milan.
Trasferta a Bruxelles stadio Heysel (tragici ricordi qualche anno prima), incontro un signore sposato con una donna italiana che alla fermata della metro mi dice vedendo la mia sciarpa al collo (quella sciarpa mi ha fatto compagnia in Italia e in Europa per oltre 15 anni) : “Milan ? Il più forte team che ho mai visto in vita mia, siete una leggenda , nessuno come voi”.
Probabilmente la sua “dolce metà” era milanista, ma di queste frase ne ho udite molte in varie parti d’Europa e se non c’era ammirazione ovunque , sicuramente c’era un profondo timore della nostra forza, della nostra storia.
Solo poche compagini, in oltre un secolo di calcio hanno avuto quella fama.
Il resto è storia, leggenda, siamo stati la società “più titolata al mondo”, la squadra che ha insegnato calcio, che ha rivoluzionato il gioco. 
Berlusconi, che da molti anni è stato affaccendato in altri ambiti, ma che non ha mai smesso di sostenere economicamente il club per continuare a primeggiare in Italia e in Europa, che è e sarà sempre uno dei presidenti più vincenti della storia del calcio, adesso che siamo un “povero Diavolo”, adesso che il Presidente Berlusconi non ha più la forza economica e l’energia di 30 anni fa, e che lo hanno indotto da tempo a voler cedere il Milan, dico: Grazie Presidente, grazie per aver realizzato i nostri sogni, grazie perchè, parafrasando un vecchio adesivo appiccicato su un palo di Barcellona nel lontano 89 “Se ami la vita sii milanista”, ma aggiungo , Presidente ci lasci in buone mani perchè il Milan sarà sempre la mia , la nostra vita.
Massimo”old-football”Puricelli
Castellanza(VA)