Secondo Lucia Giovannini , coach ed insegnante in ambito a psico-antropologico, le donne sono state sempre condizionate, nella storia, da un’educazione che le costringeva ad essere  compiacenti e a mettersi al servizio degli altri, siano essi mariti, figli o famiglia d’origine.

Per gli antichi celti, ma pure per altre culture precristiane, l’archetipo del femminile era diviso in tre età o stadi, the Maiden (la Fanciulla), the Mother (la Madre) e the Crone (la Donna Saggia), ognuno dei quali è contrassegnato da determinati cambiamenti fisici, ormonali e psicologici.

L’età della Fanciulla (o bambina) porta in sé l’innocenza, la purezza, la giocosità, la leggerezza, la libertà, ma anche l’energia grezza e il potenziale creativo. A livello personale è un periodo molto importante perché è qui che impariamo che cosa significa essere una donna, una madre, una compagna, un’amica. È qui che si formano la maggior parte dei condizionamenti e delle credenze che governeranno l’esistenza di una donna e che costituiranno la base di tutte le sue relazioni. È in questo momento che inconsciamente, senza averne le capacità, la consapevolezza, né gli strumenti, facciamo delle scelte che guideranno la nostra esistenza.

Vediamo allora insieme i 10 condizionamenti più importanti nella vita di una donna, tratti dal suo nuovo libro IL POTERE DEL PENSIERO FEMMINILE (http://www.luciagiovannini.com/libri-cd-dvd#!3951/il-potere-del-pensiero-femminile), uscito il 15 settembre 2015.

1. La brava bambina, la brava donna, la brava moglie, la brava madre

La società ci ha insegnato che se avessimo rispettato le regole saremmo state a posto e per migliaia di anni, la donna si è sempre messa da parte per servire gli altri: il marito, i figli, la sua famiglia d’origine. Ed ecco che la donna ha sempre aspirato ad essere dapprima una brava bambina, poi una brava donna, poi una brava moglie ed infine una brava madre, dimenticandosi di se stessa in quanto creatura dell’universo e non un ruolo in una società. Il rischio di cadere in questa trappola è che ci ritroviamo a vivere una vita non nostra, ma plasmata secondo le aspettative degli altri e questa è la via sicura per l’infelicità.

2. Devo essere carina per piacere agli altri

Siamo state addestrate a soddisfare, a compiacere. Per oltre duemila anni siamo state programmate a vivere sotto il radar, tanto che anche adesso quando comandiamo, al lavoro o in famiglia, tendiamo a farlo in maniera invisibile come se imporci apertamente fosse pericoloso, ci costasse fatica, ci portasse critiche o ci facesse perdere l’amore. “Devo mostrarmi carina con gli altri per meritare il loro amore”. Portare la maschera del sorriso forzato, della carina a tutti i costi, è un atteggiamento che non dura a lungo, prima o poi finiremo per sbottare rovinando tutte le nostre relazioni (in primis quella con noi stesse), passando dall’essere carine all’essere acide. Non è meglio allora allenarsi a dire la verità con gentilezza e con amore? Il segreto è essere gentili, non carine.

3. Una donna di successo fa paura agli uomini

Ecco un altro condizionamento strettamente collegato a quello precedente. Quante volte noi donne non esprimiamo appieno il nostro potenziale per paura di perdere le persone accanto a noi? Una donna di successo rompe gli schemi sociali che vorrebbero una donna sottomessa e disponibile e una mamma rassicurante. Per darvi un’idea concreta…le ricerche dimostrano che solo il 56 per cento degli uomini e il 61 per cento delle donne ha dichiarato accettabile che in una coppia sia la donna a guadagnare di più! Una donna che soffoca la sua vocazione o non mette a frutto i suoi talenti difficilmente sarà una compagna felice.

4. Una donna forte e indipendente non ha bisogno di nessuno

Per molto tempo, siamo state abituate a pensare che una donna forte e indipendente è una donna che sa badare a se stessa, che non ha bisogno di nessuno e che non le è permesso chiedere aiuto. Non è una sorpresa se a molti uomini è arrivato esattamente questo messaggio e ci siamo ritrovate sole. E quante volte ci siamo sentite deboli, inadeguate, “non all’altezza”, sbagliate, quando non riuscivamo nel nostro intento? Evolviamo soprattutto attraverso le nostre relazioni con gli altri: è anche tramite il rapporto con gli uomini che possiamo accedere al vasto potenziale femminile, ma occorre concedere il permesso di collaborare insieme a noi stesse e agli uomini!

5. Questa promozione non me la merito, prima o poi si accorgeranno che non valgo

Quante volte ci sminuiamo e non riconosciamo i nostri successi e i nostri traguardi? Anche quando sono gli altri a riconoscerceli, minimizziamo dicendo “lo potevano fare tutti”, “non ho fatto niente di speciale” e così via. È ciò che Sheryl Sandberg nel suo libro “Fatevi avanti” chiama la sindrome dell’impostora. La sindrome dell’impostora riguarda la fiducia in noi stesse e il non sentirci mai all’altezza della situazione. Se veniamo elogiate per i nostri risultati, invece di esserne gratificate, ci convinciamo di non aver poi fatto granché e che ci sarebbe riuscito chiunque. Quando ci viene dato un riconoscimento pensiamo di non meritarlo. Quando riceviamo una promozione abbiamo paura di deludere. Per poter esprimere le nostre potenzialità è necessario imparare ad avere fiducia in noi stesse. Se non crediamo in noi stesse per prime, alle nostre capacità, non ci sarà alcun riconoscimento esterno in grado di convincerci del nostro valore.

6. Sono io l’unica responsabile dei pasti in famiglia

I condizionamenti che abbiamo ereditato ci inducono a pensare di dover essere responsabili dei pasti della famiglia. Sono generalmente le donne a soddisfare i bisogni fisici (come il mangiare) ed emotivi dei bambini. È stato così per quasi tutti gli uomini. Ecco perché a livello inconscio sopravvive una visione simile. Questo non significa che un uomo non possa preparare la cena o occuparsi dei piccoli, ma di solito nella sua percezione è qualcosa di extra, un dono per la famiglia. Se vogliamo che in futuro sempre più uomini trovino normale lavare, stirare, cambiare pannolini, svegliarsi la notte se il bimbo piange, siamo noi donne come madri che dobbiamo instradare i nostri figli maschi in questa direzione. Solo così cambieremo gli stereotipi culturali. Se desideriamo che i nostri figli (e le nostre figlie!) abbiano delle relazioni appaganti, in cui il supporto è reciproco, dobbiamo dare loro l’esempio.

7. Questa cosa/materia non fa per me

Un altro condizionamento tipicamente femminile è non considerarsi all’altezza di certi compiti o di certe materie. Il numero di donne che si iscrive a facoltà scientifiche ed economiche è inferiore a quello degli uomini. Le ricerche mostrano, inoltre, come in media i genitori abbiano meno aspettative nei confronti delle femmine in materie come matematica e ingegneria, perché le considerano «da maschi ». Le ragazze che introiettano questa convinzione riscontrano effettivamente più difficoltà nelle discipline scientifiche. Occorre quindi prestare attenzione anche ai condizionamenti che trasmettiamo inconsciamente ai nostri figli fin da piccoli per cambiare le cose.

8. Se amo me stessa, sono egoista

Proprio perché abituate a mettere al primo posto gli altri, ci lasciamo prendere dai sensi di colpa quando reclamiamo un po’ di tempo per noi stessi, quando è il nostro stesso corpo che ce lo chiede. Avete presente quando l’equipaggio mostra le procedure di sicurezza sull’aereo? Prima indossate voi la maschera di ossigeno e poi assistete i bambini e le persone che ne hanno bisogno. E così anche nella vita. Se non ci assicuriamo di avere risorse ed energie a sufficienza, nessuno lo farà per noi e finiremo per esaurirci.

9. Una brava mamma non farebbe così

Le mamme che lavorano sono più facilmente soggette ai sensi di colpa. Sono convinte che realizzarsi nel lavoro rubi tempo prezioso alla famiglia. Nel 1991, l’Early Child Care Research Network ha iniziato lo studio più ampio che sia mai stato condotto sulla relazione tra l’assistenza all’infanzia e lo sviluppo infantile. I risultati sono stati pubblicati nel 2006: è emerso che non c’era nessuna differenza tra i bambini che erano stati accuditi dalle mamme e quelli no. Non vi era alcuna diversità né in termini di capacità cognitive, né di competenze linguistiche o sociali, né nell’attitudine a creare e mantenere relazioni. Non c’erano nemmeno differenze nella qualità del legame tra il bambino e la madre. Ciò che era fondamentale era il comportamento positivo e sensibile di entrambi i genitori e l’intimità emozionale della coppia. Questi fattori influenzano la crescita del bambino dalle due alle tre volte di più che una mamma casalinga. I bambini hanno bisogno di amore ed essere seguiti da uno o più adulti, ma non necessariamente deve trattarsi della madre, può essere il padre, la nonna, una babysitter di fiducia, un bravo educatore, purché abbiano a cuore il piccolo. I bambini inoltre hanno bisogno di avere genitori che diano loro cura, amore, tempo, attenzioni. Ma questo può avvenire anche se entrambi i genitori lavorano fuori casa. Addirittura alcuni dati suggeriscono che ciò può favorire lo sviluppo dei figli, soprattutto per le femmine.

10. Le parti intime sono un luogo sporco

Siamo condizionate anche in rapporto alle nostre parti intime, considerate sporche (quando invece è un ecosistema perfetto). La nostra vagina è un luogo sacro perché ogni mese, fino alla menopausa, si rinnova il rito del ciclo mestruale, il periodo in cui siamo più in contatto con Madre Terra (era ed è chiamato tempo della luna in alcune comunità tribali e in Francia) e in cui l’energia femminile è ai massimi livelli.

Non vi sembra giunto il momento di cambiare atteggiamento verso la vita e…verso voi stesse?