La resilienza è indice di lotta, di resistenza, di impegno a sconfiggere le avversità.

L’assuefazione è l’arrendevolezza alle avversità.
Ci dicono.
Si deve convivere con il covid.
In termini meno “politicamente corretto”, arrangiatevi, come il titolo di una famosa pellicola con protagonista il grande Totò.
Vaccini vetusti, farmaci antivirali poco utilizzati e non distribuiti nei Paesi a basso reddito, mancanza assoluta di tutte quelle misure necessarie per rendere gli ambienti più sicuri e preparati per l’incipiente stagione autunnale (VMC, sanificatori, purificatori, ecc.), scarsità di investimenti finanziari e di risorse umane nella ricerca medico scientifica (mancheranno all’appello 4000 medici ospedalieri nei prossimi mesi, riduzione dei ricercatori nei centri ricerca, ecc).
Il pressappochismo e l’imprevidenza regnano sovrane, con l’aggravante che siamo giunti alla terza estate in compagnia del Sars CoV2 ma col il ricorrente pensiero che tutte è finito.
Nulla ci ha insegnata la storia delle battaglie dei secoli scorsi contro patogeni che mietevano milioni di vite umane.
La sanificazione delle acque potabili per eradicare il vibrione del colera.
L’ utilizzazione di nuovi materiali, tecniche costruttive e di igiene per l’edificazione degli edifici privati e pubblici, per ridurre l’invasione dei ratti, portatori del batterio iersinia pestis responsabile della peste.
Ma del resto la storia non è mai stata molto amata nel nostro Paese in tanti altri.
La comunità scientifica, da anni, lancia l’allarme climatico.
Molte iniziative, molti convegni, molte promesse, molti progetti, ma nulla in concreto è mai stato fatto.
Ci accorgiamo di quanto siamo dipendenti dalle fonti energetiche di origine fossile solamente a causa del conflitto russo-ucraino.
Ci accorgiamo di quanto non sia stato fatto in termini di agricoltura innovativa e sostenibile solamente perchè le derrate alimentari sono bloccate per lo spargimento delle mine lungo i litorali e le coste ucraine, che impediscono le spedizioni navali.
Niente paura e allarmismo, è arrivata la panacea a tutti i nostri problemi: la “transizione ecologica”.
Il solito refrain, declamato in termini più “cool” , udito per decenni.
Peccato che si vada nella direzione di colpire la parte debole del problema e i soliti stereotipi ideologici.
Automobili, caldaie, immobili.
Tutto il resto, vale a dire i “simboli” della globalizzazione distruttiva, rimangono un qualcosa di intoccabile nella loro ieratricità.
Aerei, allevamenti intensivi, agricoltura intensiva, monocoltura, sfruttamento delle risorse delle terre rare, produzione dei rifiuti, gestione dello smaltimento, riciclo dei componenti elettronici di massa, ecc..
E poi il laissez faire concesso a Cina e India, che rappresentano un terzo della popolazione del Pianeta.
E tutto questo è resilienza o assuefazione, o peggio, arrendevolezza ?
E di tutto questo sfacelo un esempio eclatante è l’estate.
Da sempre definita “bella stagione”, di “bello” in questi primi decenni del Nuovo Millennio non ha nulla.
Clima sub tropicale in aeree temperate; invasione di ogni genere di insetti esotici; distruzione dell’ecosistema autoctono; siccità.
Segnali preoccupanti, soprattutto per generazioni future, per il futuro del Mondo.
Eppure guai a porre l’accento su questo nuovo aspetto della (ex) “bella stagione”.
Ci siamo assuefatti ai 36 gradi pomeridiani per numerose settimane (iniziando già dal mese “delle rose”, maggio, con le rosacee sbiadite e appassite al sole cocente).
Ci siamo assuefatti alle notti in stile tropicale con minime ben oltre i 20 gradi, con poche occasioni precipitative caratterizzate da eventi distruttivi.
Ci siamo assuefatti al tormento di ogni genere di zanzare anche nelle ore diurne (lontani ricordi di quando questi insetti ci attaccavano solamente dopo il tramonto), con il pericolo di trasmissione di molte malattie tropicali a noi sconosciute fino al secolo scorso (Zika, Dengue, ecc.), e con la totale cancellazione mnemonica delle battaglie di civiltà e di salute pubblica del XX secolo per eradicare la malaria da molte nostre terre infestate dalle zanzare anofele.
Corbellerie, per molti.
Basta dotarsi di condizionatori e zanzariere e poi un bel tuffo in piscina e al mare e tutto è “bello” (mi chiedo come si possa crogiolarsi ad una temperatura di 40° percepita o forse più e come possano ritenere gradevole il Belpaese i turisti che rifuggivano le mete tropicali). 
Purtroppo non sono corbellerie, ma la nostra autodistruzione.
Il nostro pensiero, il nostro stile di vita è ormai assuefatto alla realtà digitale, ad una idealizzazione capziosa, nefasta, distruttrice, assuefante.  
Il nostro torpore rischia di trasformarsi in narcolessia, con il fondato rischio di svegliarci solamente quando la situazione sarà irreversibile.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)