In questo finale di stagione calcistica, imposta a forza dalla Dea televisiva (ovviamente non la Dea orobica 1907), lo spettacolo, offerto agli abbonati dello schermo a led e ai frequentatori degli esercizi pubblici che trasmettono le pseudo-partite, è  l’emblema più lampante di cosa sia il nuovo entertainment usurpatore della sfera rotolante all’interno del rettangolo verde.

Il silenzio delle tribune; le sole grida dei 22 pedatori e dello staff tecnico assiepato in panchina; il luccichio abbacinante dei cartelloni pubblicitari digitalizzati; l’immancabile e sempiterna sospensione delle manifestazioni di giubilo in attesa del pronunciamento ordalico del Var; l’inconcepibile e irritante ritardo dell’inizio e della chiusura delle ostilità pallonare; il rito para-onnisciente delle interviste post gara.
Mi fermo qua nell’elencazione dei caratteri predominanti di questa pantomima senza pubblico, progettata e ritagliata seguendo i “pollici televisivi”.
Passione, entusiasmo, identità, partecipazione, identificazione, appartenenza, totalmente abiurati dalla nuova religione dominante.
Tutto virtuale, effimero, tutto incentrato sul valore economico enorme, ma etereo, incorporeo, dove non esiste più nemmeno la percezione flebile della carta filigranata, ormai un’ eresia, il demonio per il nuovo dogma globale rappresentato dal cashless.
Il Covid 19 ha imposto il distanziamento sociale, il lockdown, ha prodotto una crisi economica e sociale epocale.
L’incertezza impera ovunque, eccezion fatta per il carrozzone digital/televisivo pallonaro che trae origine e linfa vitale proprio in un habitat dove la socializzazione e la comunanza sono state combattute e ridimensionate ai minimi termini, in quanto disturbatrici nocive per il core-business delle spa.
Le immagini di queste partite serali e notturne degli impianti vuoti e spettrali sono e saranno l’iconografia del calcio (pardon del nuovo entertainment) presente e futuro.
Ai clienti-fidelizzati la scelta di interrompere questo “horror vacui”.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)