“A pensare male si fa peccato, ma molto spesso ci si indovina” così era solito dire una dei maggiori esponenti della “Prima Repubblica”, il politico di lungo corso G. Andreotti.
E allora anche il sottoscritto, che ormai si reputa un “veterano” (da quasi quarantanni) al seguito dell’amato Milan, ha quel “tarlo” che gli sta arrovellando il cervello da martedì sera, ore 23 circa.
Conquistata la finale di coppa Italia (un pro forma visto la squadra avversaria e il risultato dell’andata) ed evaporata in pochi minuti l’euforia, la mia mente ha iniziato ad elucubrare una bozza di programma per la trasferta nella “Città Eterna” il prossimo 21 maggio.
Treno, auto, orari, tragitti, costi, ma ecco che un campanello d’allarme ha iniziato a suonare nelle mie meningi.
Un allarme che scaturisce dalla mia esperienza in fatto di finali nazionali e continentali.
E sì, perchè dopo le “avventure pionieristiche” di Barcellona 89, Vienna 90, Monaco di Baviera 93, Atene 94, allorchè i biglietti destinati alla tifoseria rossonera privilegiavano “la meritocrazia dei tifosi”(chi era abbonato e chi recava in trasferta) e a costi accessibili (i prezzi si aggiravano attorno le 20 mila lire al cambio dell’epoca per i settori meno costosi) con la possibilità di scegliere il mezzo di trasporto e di conseguenza la spesa da affrontare, ecco che già per l’ultima finale degli “invincibili di Capello” è iniziato il “business della finale”.
Biglietti difficili da reperire, molti tagliandi destinati agli sponsor e molti rastrellati dalle agenzie di viaggio (passatemi il termine, che è adatto per l’epoca) che vendevano “il pacchetto tutto compreso” (altra terminologia vetusta) che prevedeva il viaggio andata e ritorno con l’utilizzo di aerei charter (per la maggior parte) o in pullman (soluzione più rara) con o senza pernottamento in albergo. 
I costi erano esorbitanti per entrambe le opzioni tanto che il viaggio in giornata in aereo superava il mezzo milione di lire.
Agenzie che si accaparravano migliaia di biglietti e, facendo leva sulla passione dei tifosi, li “ricattavano” estorcendogli mezzo salario mensile.
Agenzie che erano di proprietà di calciatori noti e meno noti a cui evidentemente non importava la fede dei loro sostenitori, soprattutto di quelli che erano “Sempre Presenti” anche per le partite meno importanti, meno di richiamo, anche per i primi turni eliminatori, che acquistavano gli abbonamenti stadio nel mese di aprile della stagione antecedente e seguivano la squadra anche in coppa Italia ad agosto.
Per coloro che non potevano o non volevano aderire a quel mercimonio, dovevano affrontare le interminabili code “dantesche” che si formavano davanti alle rivendite dei pochi tagliandi “liberi” rimanendo a sostare per ore anche dal giorno prima dell’ inizio della vendita.
Quei pacchetti viaggio erano i primi segnali del calcio business, gli albori del calcio moderno.
Chiunque conosce cosa è accaduto in seguito quando il Milan, come altre squadre italiane (in misura minore e occasionalmente!!!) hanno disputato una finale europea.
Biglietti introvabili, agenzia di viaggio che “estorcevano” anche 600/700 euro per i pacchetti base e mancanza assoluta di rispetto e riconoscenza per i tifosi più fedeli, più presenti, più “veri”.
E così sugli spalti degli stadi che ospitavano le finali, ecco comparire, in gran numero, il genere dei tifosi più “gradito” alle società calcistiche: L’ OCCASIONALE.
Il tifoso (tifoso è un vocabolo inappropriato) che si reca allo stadio solo nelle occasioni più importanti, che ha un “spesso portafoglio” che gli permette di spendere qualunque cifra e che vuole partecipare “all’evento” solo per apparire, per “ostentare” la sua presenza con amici e parenti, per “sentirsi parte dell’evento” come qualunque altro avvenimento che accade su questa Terra (dai matrimoni famosi, alla consegna degli Oscar, dai cataclismi naturali, alle eclissi del sole, ecc.), ma che della partita, così, soprattutto, della squadra non gli importa più di tanto.
Il famoso “Io c’ero” non riguarda più l’appartenenza ai colori, alla maglia, al blasone, alla vera essenza del calcio: i tifosi, la vera anima delle squadre, i veri proprietari e difensori dello stemma, della storia.
Il “warning”, il campanello d’allarme che suona dentro la mia “massa grigia” riguarda la finale che disputeremo a Roma.
Ho il timore che anche per quella partita si generi il solito “cinema” con biglietti razzolati dai tour operators che sfornano pacchetti costosissimi (con tanto di cestino viaggio in stile Fantozzi, con posate di plastica, bicchiere di plastica, con pollo di plastica, e panino, anch’esso di plastica), biglietti introvabili e soprattutto assoluto “abbandono e rigetto” dei tifosi abbonati che hanno “dato fiducia” alla squadra sottoscrivendo la tessera per il campionato, lo scorso mese di luglio/agosto 2015 dopo una stagione a dir poco disastrosa. Un abbonamento acquistato a “scatola chiusa”.
Società AC Milan 1899 quale metodologia di vendita adotterai per la finale di Roma?
Avrai rispetto per i tuoi abbonati permettendogli di esercitare una prelazione dei tagliandi ?
Spegnetemi la sirena d’allarme che sta suonando dentro di me da martedì sera alle ore 23.
Massimo”old-football”Puricelli
Castellanza(VA)