Qualche giorno fa alcuni organi di stampa hanno pubblicato la notizia di una ricerca effettuata dal gruppo socialista al Parlamento europeo sull’evasione fiscale pro capite nei 28 paesi dell’Unione Europea.

Specifichiamo che si tratta di una ricerca basata sui dati relativi agli anni 2016 e 2017. 

Esaminando l’insieme dei dati pubblicati a corredo di quelli principali, emerge una situazione complessiva che suscita una prima domanda: Ma dove è questa Europa?”
Si tratta naturalmente di una domanda retorica, perché tutti sappiamo che l’Europa, in quanto organizzazione politica che raggruppa su base volontaria 28 realtà politiche indipendenti, non si occupa di politiche fiscali.
E pensare che il testo della Costituzione europea, mai ratificato da diversi stati membri e bocciato da Francia e Olanda, si autodefinisce “Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati d’Europa di costruire un futuro comune, …”. Evidentemente il fisco non fa parte del futuro comune, e questo nonostante l’art. 2 dei Trattati di Roma del 1957 sostenesse la necessità di “uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell’insieme della Comunità.”

Parliamo ora di IVA. 

Nell’ambito dei 28 paesi aderenti all’Unione ci sono nove aliquote diverse, che vanno dal 17% del Lussemburgo al 25% di Croazia, Svezia e Danimarca. Da quest’anno le nove aliquote sono salite a dieci, con l’Ungheria che ha battuto il record con l’aumento dal 21 al 27%.
Se l’IVA è l’Imposta sul Valore Aggiunto, non capisco perché il valore aggiunto, ad esempio, su un treno di gomme per l’auto a Cipro debba essere del 19 % e nella vicinissima Grecia del 24%. Naturalmente parlando dello stesso tipo di gomme, magari prodotto in un paese terzo rispetto all’UE, e quindi con costi identici al momento dell’importazione.
Ma l’Europa, intesa come Unione Europea, non doveva promuovere “la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà tra gli Stati membri”? Per l’aspetto solidaristico, è sufficiente guardare a cosa è successo in Grecia negli anni scorsi, mentre per informarsi sull’aspetto sociale ci si può rivolgere al gruppo di Visegràd.
Ritorniamo allora alla domanda iniziale: dove è questa Europa? Deve servire solo a portare in piazza i produttori con le sue decisioni sulle quote latte? O deve servire a distribuire poltrone e seggi in un inutile parlamento europeo, che non ha alcun potere sulle realtà nazionali?
Se questa è l’Europa, credo sia bene rispolverare, adattandola alla situazione attuale, la famosa frase del principe Clemente von Metternich: “L’Europa non è che un’espressione geografica”! Un’espressione geografica che si atteggia a grande in un mondo in cui i grandi, quelli veri, sono solo due (USA e Cina) o al massimo tre (Russia), e dove ci vuole ben altro per essere il quarto grande. Soprattutto ci vuole unicità d’intenti e unità interna, quella unità interna che difficilmente potrà esserci quando nel pollaio ci sono troppi galletti, alcuni dei quali (forse troppi) il cui vero obiettivo è costituito dal desiderio di disfare il pollaio stesso.

Alessandro Fabbri