[dropcap]D[/dropcap]ai modi garbati, estremamente gentile, personaggio schivo, uno dei primi a capire ciò che adesso è ben noto a tutti: l’importanza dello street style. Si legge nel bellissimo articolo apparso sul New York Times, Cunningham ha raccontato ciò che vedeva in giro trasformando la fotografia di moda in una sorta di raffinata antropologia culturale che va ben oltre la semplice, effimera contabilità modaiola.
Proprio in questi giorni, il grande fotografo del New York Times Bill Cunningham, noto per le sue opere nel campo della moda e campione della street photography (il ritrarre la gente comune per le vie della metropoli), è morto alla bella età di 87 anni. Era stato recentemente ricoverato in ospedale, dopo essere stato colpito da un ictus: lo ha rivelato Eileen Murphy, portavoce del quotidiano.
Cunningham, nato a Boston il 13 marzo del 1929, è diventato celebre in tutto il mondo per le sue “foto di strada”, riusciva a intercettare la moda non solo tra i personaggi, che immortalava alla feste o in passerella, ma soprattutto la gente comune. Raccontava lo stile dei passanti spostandosi in bici per New York.
Prima di affermarsi come fotografo Cunningham, aveva lavorato in un negozio di cappelli per signora e aveva scritto di moda per “ Women’s Wear Daily” e per il “Chicago Tribune”, contribuendo a far conoscere al pubblico statunitense stilisti come Azzedine Alaia o Jean-Paul Gaultier.
Il suo look, non proprio legato ai dettami della moda, era sempre il medesimo: giacca blu o turchese sportiva, pantaloni Khaki, scarpe nere con la suola di gomma, girava spesso in bicicletta, almeno finchè ha potuto, era diventato un’icona cittadina.
Fece vita monacale dormendo per sessant’anni su una specie di barella in uno sgabuzzino che ospitava l’archivio dei suoi negativi, con il bagno sul corridoio, sopra la Carnegie Hall di Manhattan. Discreto, silenzioso, era amato da tutti, non perdeva una fashion week e nemmeno un party, ovviamente senza dare nell’occhio.
Bill Cunningham, ha fotografato davvero tutti, da Greta Garbo a Gigi Hadid ma è mai stato interessato alle celebrità ma bensì a quello che indossavano, alla moda. Gli ultimi anni furono contraddistinti da numerosi premi come il titolo di Chevalier dans l’ordre des Art set des Lettres, ritirato a Parigi. Gli dedicarono un bel documentario e lui non andò in sala, la sera della prima, perché doveva fotografare gli invitati sul tappeto rosso.
E poi la mostra al Metropolitan alla quale rispose “no grazie” e le campagne ricchissime che avrebbe potuto scattare per gli stilisti che non prese mai in considerazione, “i soldi sono facili ma la libertà non ha prezzo”.
Giuseppe Lippoli