[dropcap]M[/dropcap]uhammad Ali, è morto a Phoenix, in Arizona, aveva 74 anni, colpito dal morbo di Parkinson, da oltre trent’anni. Considerato il più grande pugile di tutti i tempi. Era ricoverato da tre giorni in ospedale per problemi respiratori: sembrava una cosa di poco conto, poi tutto è precipitato. Gli era accanto Lonnie, la quarta moglie, sostenuto dal Corano, e anche dalla Bibbia.
E’ stato un campione sportivo e umano. La sua è una storia americana, rivoluzionario e simbolo della lotta per i diritti civili, vinse l’oro olimpico dei mediomassimi a Roma nel 1960, aveva 18 anni. Nel suo paese d’origine, gli Stati Uniti d’America si trovò a combattere la segregazione razziale. Molto sensibile al problema e trascinato dal suo spirito battagliero ed indomito. Ali prese subito a cuore le tematiche che colpivano in prima persona i fratelli neri meno fortunati di lui.
[dropcap]C[/dropcap]assius Clay era nato a Louisville (Kentucky) il 17 gennaio del 1942. Sposato quattro volte e padre di otto figli (più uno adottato). Ha rappresentato qualcosa di unico e di irripetibile nel mondo del pugilato. Sul ring, provocava gli avversari, li insultava, li irretiva, linguacciuto e paradossale, cambiò il modo di comunicare lo sport. Il 25 febbraio del 1964, a Miami, conquistò il titolo mondiale dei pesi massimi, battendo Sonny Liston in un match che odorava di mafia e di combine, aveva ventidue anni (allenato da Angelo Dundee).
Il 26 febbraio del 1964, smise di essere Cassius Clay… è un nome da schiavo. Io non l’ho scelto e non lo voglio. Io sono Muhammad Ali, un nome libero. Abbandonò la religione metodista per aderire all’islamismo, assumendo il nome di Muhammad Ali. In seguito fu incarcerato, privato del titolo mondiale e della licenza di combattere e per tre anni divenne un fantasma scomodo e ingombrante.
Ritornò a combattere nel 1970, ed ebbe inizio una carriera straordinaria, tra sconfitte (Frazier, che poi superò in due occasioni successive, l’ultima a Manila in un match brutale e disperato), seguirono vittorie esaltanti, soprattutto quella del 1974 mettendo al tappeto Gorge Foreman a Kinshasa, in un incontro passato alla storia. Oggi ricordato sui manuali come uno dei più grandi eventi sportivi di sempre.
Disputò da professionista 61 match, con 56 vittorie e 5 sconfitte. E’ stato il primo peso massimo a conquistare per tre volte il titolo mondiale (contro Liston nel 1964, contro Foreman nel 1974 e infine contro Leon Spinks nel 1978). Complessivamente Ali disputò 25 sfide iridate, vincendone 22. Nel 1978 il giovane Larry Holmes lo sconfisse per K.O. tecnico all’11 ripresa, iniziò così, la parabola discendente di Muhammad Ali. Disputò il suo ultimo incontro nel 1981, e da quel momento iniziò a impegnarsi sempre più nella diffusione dell’Islam e nella ricerca della pace.
Colpito da morbo di Parkinson nella prima metà degli Anni Ottanta, Alì girò il mondo per diffondere l’islamismo. Nel 1996 fu l’ultimo tedoforo ai Giochi Olimpici di Atlanta, commosse il mondo intero accendendo la fiamma olimpica che inaugurava i giochi – le immagini mostrarono ancora una volta gli evidenti segni dei tremori dovuti alla sua malattia.
Continuò a combattere le sue battaglie di pace in difesa dei diritti civili, rimanendo sempre e comunque un simbolo per la popolazione di colore americana. Nel 2005, alla Casa Bianca riceve da Gorge W. Bush la Medaglia presidenziale della Libertà. Nel 2006, riceve la visita dell’allora senatore Barak Obama al Muhammad Ali Center.
Giuseppe Lippoli