Mercoledì sera è arrivata “la fumata bianca” da parte della Fondazione Fiera Milano per la costruzione del nuovo stadio di proprietà dell’ AC Milan 1899 voluto fortemente dall’ AD Barbara Berlusconi responsabile marketing della società rossonera e figlia del presidente S. Berlusconi.
Il nuovo impianto è previsto in zona Portello proprio adiacente la sede ufficiale sita in via Aldo Rossi.
Uno stadio da 48 mila posti (alcuni sostengono che avrà una capienza maggiore -52 mila- per poter ospitare eventuali e future finali di coppe europee) avveniristico, ultrà moderno, progettato seguendo i canoni dei nuovi impianti delle maggiori compagini europee. 
Ristoranti, supermercati, aree relax, aree bimbi, negozi, cinema, ecc.
Uno stadio da vivere 7 giorni su 7,  24 ore al giorno (o quasi), come impone la nouvelle vague del calcio moderno. 
Le società debbono essere proprietarie del loro stadio che non sarà più limitato ad essere il luogo dove si svolgono le partite, ma un conglomerato di ogni tipo di entertainment, con cui poter incrementare i profitti e le rendite.
In una parola: business.
Ebbene, tralasciando le discussioni e le vertenze che in questi mesi hanno accompagnato il progetto del nuovo stadio, con i vari comitati del “NO” che si sono opposti e si oppongono alla costruzione del nuovo impianto visto l’esiguità dell’area, il contesto urbano (i nuovi impianti europei sono costruiti fuori dai centri cittadini), la viabilità già precaria e congestionata, la mancanza di spazi adiacenti con tutte le conseguenze immaginabili per i residenti, ma anche per questioni di sicurezza e di ordine pubblico, per i tifosi che provengono da fuori città che troveranno serie difficoltà a raggiungere l’impianto visto come sono strutturati i mezzi pubblici e l’assoluta mancanza di parcheggi in corrispondenza (posso già immaginare l’elevato costo dei biglietti dei parcheggi che verranno riservati per gli eventi sportivi che si terranno nel nuovo stadio; ma si sa business is business, e la passione dei tifosi deve essere monetizzata in toto), e senza dimenticare che i biglietti e gli abbonamenti stagionali lieviteranno a prezzi iperbolici allineandosi al costo di “Una Prima alla Scala”, anche se non ci sarà la garanzia che lo spettacolo che verrà offerto (mi vengono i brividi considerare il calcio, il tifo e tutto ciò che ruota attorno , spettacolo e non più sport) sarà dello stesso livello, mi preme ricordare cosa si sta abbandonando con la scelta di costruire un nuovo impianto.
E sì, perchè l’AC Milan 1899 abbandonerà S. Siro.
S. Siro, permettetemi di chiamarlo così come fu appellato per oltre 50 anni dall’anno in cui fu costruito (inaugurato nel 1926) dal nome del quartiere in cui sorge, e non G. Meazza, calciatore milanese campione del mondo con la nazionale italiana nel 34  e nel 38 13 stagioni con la maglia dell’Internazionale e due con quella del Milan quasi a fine carriera e durante gli anni di guerra, a lui intitolato nel 1980 dopo la sua morte.
S. Siro, perchè fu costruito dal presidente del Milan Pirelli; perchè fino al 1947 ci giocava solo il Milan (i cugini giocavano all’Arena); perchè a chiunque chiedi come si chiama lo stadio di Milano sia in Italia, sia in Europa, sia nel mondo, ti risponderanno : S.Siro.
S.Siro costruito allora in una periferia di Milano vicino l’ippodromo, ai parchi cittadini dove la gente poteva andarsi a svagarsi il fine settimana.
Un’ idea avveniristica (il contrario del progetto del Portello); uno stile architettonico “inglese” ; uno stadio dedicato esclusivamente per il calcio senza l’odiosa pista d’atletica che rendeva e rende la visuale precaria e allontana il tifo e la passione dai protagonisti che calcano il rettangolo verde.
Una rarità nel nostro paese dove gli stadi costruiti nel dopo guerra, che andavano a sostituire i vecchi impianti, erano tutti dotati di pista d’atletica per una normativa assurda voluta dal Coni: qualunque impianto finanziato con soldi pubblici doveva essere dotato di pista d’ atletica.
S.Siro, punto.
E tutti tifosi, che come me frequentano quello stadio da decenni, ricorderanno la prima volta in cui hanno assistito alla loro prima partita dal vivo sui gradoni grigi degli spalti del primo, del secondo o del terzo anello.
E sì perchè fino al 1990 non c’erano i seggiolini colorati e numerati , ma solo gradoni in cemento armato che in prima apparenza sembravano freddi (lo erano veramente in inverno), ma in realtà erano l’emblema della storia di decine di vittorie della propria squadra del cuore, della passione, del tifo, delle emozioni vere della nostra vita.
S. Siro, maestoso anche quando non aveva ancora il terzo anello e l’attuale copertura in acciaio color bordeaux sostenuta dalle torri circolari che danno un’immagine di fortezza rinascimentale.
Il mio primo ricordo di S.Siro fu proprio la maestosità della costruzione e le rampe di accesso al secondo anello che “circondano” l’impianto dove si scorgevano migliaia di persone che procedevano in quel dedalo sventolando i colori della loro passione del loro orgoglio; una maestosità che primeggiava rispetto il vecchio Palazzone (crollato anni dopo -gennaio1985- dopo una terribile nevicata) e l’impianto del Trotto (il Trotter).
E dentro quello stadio ecco vivere le nostre più belle emozioni legate alla nostra squadra, ai nostri campioni, alle nostre più belle vittorie.
Ma anche alle tante delusioni, alle sconfitte anche amare, anche più cupe come le retrocessioni in serie B, ma eravamo consci e certi che la nostra vita era là su quei gradoni, in quello stadio.
S. Siro che conoscevamo e che conosciamo meglio delle nostre stesse residenze.
I colori delle cancellate, la porta di accesso numerata che veniva scelta come entrata consueta per dare credito alla scaramanzia (ora non è più possibile perchè vi sono percorsi obbligati), il pezzo del gradone dove prendere posto, riconoscibile da una “sbeccatura” particolare o da qualche scritta fatta con una bomboletta di vernice spray, dove si riteneva di avere una migliore visuale del terreno di gioco, oppure perchè in quella zona si assiepavano sempre gli stessi tifosi con cui si assisteva alle partite da anni e si condividevano vittorie e sconfitte.
In inverno S. Siro con le gradinate dei popolari ricoperte dalla neve che veniva sgomberata da noi tifosi con l’immancabile battaglia di palle di neve che il più delle volte bersagliava anche la terna arbitrale e i giocatori della squadra ospite.
Oppure giornate uggiose con pioggia battente con migliaia di ombrelli aperti (ora è vietato introdurli perchè considerati oggetti contundenti), che davano un immagine ancora più “english” allo stadio “più inglese” d’Italia.
I chioschi dei vari baretti ubicati alle uscite delle gradinate dove si acquistavano i soli panini, le solite bibite, dove i gestori erano amici.
S. Siro, teatro di gesta epiche; teatro in cui anche noi tifosi eravamo protagonisti tanto quanto i campioni che ci davano gioie infinite e immense.
Chi può dimenticare le vittorie in coppa campioni, le feste della conquista degli scudetti, i derby con il terreno ghiacciato e un po’ di segatura nelle aree di rigore soprattutto quella sotto la curva sud perennemente in ombra durante i gelidi inverni milanesi quando la nebbia era talmente fitta che nascondeva anche una costruzione imperiosa come S.Siro (ora anche gli inverni sembrano omologarsi agli agi dei nostri tempi) e faceva sospendere le partite.
Chi può dimenticare le coreografie delle curve che coloravano lo stadio e facevano parte anche loro dell’evento mondiale che si stava vivendo.
E poi le targhe appese sulle rampe davanti all’entrata della tribuna centrale (l’unica che era dotata di seggiolini numerati fino al 1986) che celebrano i trionfi europei e continentali delle due squadre milanesi.
Ecco quelle targhe sono la storia di S.Siro, quello che rappresenta e che rappresenterà sempre.
Ora il nuovo stadio, un salotto dicono che sarà.
Un salotto quello che stanno trasformando anche S.Siro.
Un teatro-stadio quello che vogliono costruire che riescono solo a considerare.
Tifosi che diventino spettatori-clienti, magari senza diritto di critica o di “fischiare” come i loggionisti della Scala.
Ecco abbandonare S.Siro è voler abbandonare la nostra storia e soprattutto sradicare la nostra passione, trasformarci in “non tifosi”.
Sarà uno stadio che non potrà mai emulare la storia di quello Stadio (con la S maiuscola).
Non perchè non ci saranno nuove vittorie e nuove conquiste di trofei prestigiosi (magari saranno anche più numerose), ma perchè saranno vittorie “asettiche” dove la passione e il tifo è stato anestetizzato, narcotizzato; ho paura a dirlo: sconfitto, debellato.
E allora che cosa ricorderemo dello nuovo stadio del Portello tra 50 anni? Di che cosa andremo fieri? sarà una parte di noi? Ne dubito. 
Massimo”old-football”Puricelli
Castellanza(VA)