[dropcap]H[/dropcap]a debuttato sabato 21 maggio al Teatro Delfino di Milano il dramma musicale “Settanta volte sette” scritto e diretto da Marisa della Pasqua, con le musiche di Maurizio Desinan.
Lo spettacolo si articola intorno al tema del perdono, la cui forza permette di superare gli aspetti più dolorosi del passato e di tornare a vivere. Settanta volte sette è un numero simbolico che significa “sempre” e fa riferimento ad un passo del vangelo in cui S. Pietro chiede a Gesù quante volte dobbiamo essere disposti a perdonare chi ci ha offeso.
[dropcap]M[/dropcap]arisa Dalla Pasqua, autrice e regista del dramma, spiega: “Perdonare è una scelta, non ha nulla a che fare con il sentimento o l’emozione. Se dovessimo perdonare ascoltando il nostro cuore non lo faremmo mai, perché il cuore è la sede del dolore provocato dalle ferite, dai torti, dagli abusi. Decidere di perdonare significa decidere di andare oltre, far passare dietro di sé ciò che è accaduto e non tenerne più conto. Non significa né dimenticare né giustificare (sarebbe impossibile), ma semplicemente scegliere di non tornare più sulla questione, andare avanti”.

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La storia è ambientata nel braccio della morte di un carcere di massima sicurezza, dove un boss della malavita riceve la visita di una donna, importante personalità politica, che gli annuncia la sua imminente esecuzione. In realtà la donna è una sua vecchia conoscenza: vent’anni prima era una prostituta che lavorava per lui fino a quando non era stata spinta a cambiare vita da un pastore di cui si era innamorata. Il boss, contrariato dalla cosa, aveva deciso di uccidere il pastore, suscitando nella donna rancore e sete di vendetta.
[dropcap]L[/dropcap]a piéce si sviluppa come una serie di dialoghi dei due protagonisti con un personaggio immaginario, chiamato semplicemente “Uomo” che potrebbe rappresentare una sorta di angelo custode o di voce della coscienza. Grazie a questo espediente scene appartenenti al presente e al passato si alternano in un moto fluido, interrotto solo dal cambio di scenografia.

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Le scene, firmate da Mattia Bordoni, sono neutre ed essenziali: elementi poliedrici di colore bianco assumono un aspetto diverso a seconda della loro posizione e delle luci di differenti colori che vi vengono proiettate sopra. Lo spettatore percepisce quindi solo un’immagine evocativa dello spazio e rimane libero di rielaborare nella sua mente l’ambientazione che ritiene più convincente.
Una band diretta da Gianluca Sambataro accompagna dal vivo i 16 attori professionisti che si esibiscono sul palco.
[dropcap]M[/dropcap]aurizio Desinan, compositore dell’intera colonna sonora, dichiara: “La musica di Settanta volte sette nasce rock nel senso stretto del termine, cioè ruvida, ritmata, con chitarre distorte. È stata però volutamente contaminata da una sezione di archi dal vivo per sottolineare i momenti più drammatici”.

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[dropcap]L[/dropcap]e scelte registiche funzionano, lo spettacolo ha ritmo e non annoia. Gli attori e musicisti sono tutti talentuosi e tecnicamente preparati. Il tema è molto ben sviluppato anche se forse viene affrontato da un’angolazione troppo parziale, ossia la visione cristiana del perdono. Dato che il teatro può essere un importante strumento di sensibilizzazione, a mio avviso sarebbe stato più opportuno parlare di “perdono” come di un valore universale, che va oltre le distinzioni di cultura, di nazionalità, di ideologia politica e di fede religiosa.