Di malattia e disagio mentale si parla ancora poco o comunque troppo poco, ma soprattutto se ne parla spesso come se riguardasse una stretta cerchia di persone, come se il male e le difficoltà del vivere riguardassero solo pochi.

Daniele Mencarelli con il suo romanzo Tutto chiede Salvezza, da cui è poi propriamente tratta l’omonima serie Tv, ci regala un’altra prospettiva, uno sguardo diverso sul binomio follia-normalità i cui confini sono molto più labili di quello che possono sembrare in apparenza.

Nella serie Netflix prodotta da Picomedia e diretta da Francesco Bruni, il protagonista, Daniele (interpretato dal giovane Federico Cesari), è un ragazzo che verrebbe comunemente definito come “normale” e che pure cela una sensibilità innata che lo porta a percepire le emozioni, le insidie quotidiane, in maniera potenziata e ad interrogarsi sul senso del vivere, sul senso del tutto.

Schiacciato dal peso del dolore, dal senso di vuoto, Daniele, dopo una serata in discoteca con gli amici all’insegna dell’alcool e delle droghe, ha una pesante crisi psicotica che lo porta ad essere ricoverato per sette giorni in regime di TSO.

Proprio sette sono anche gli episodi della serie che raccontano dell’avventura del protagonista nel reparto psichiatrico di un ospedale romano. 

Negli ambienti asettici della cura, normalmente descritti come freddi e oppressivi, tutto figura tranne che il senso vuoto. Al contrario, le stanze dell’ospedale traboccano di amore, di parole, di gesti, di ricordi, che prendono il posto della tristezza e della rabbia e che danno modo a Daniele di guardarsi dentro, di capire i propri limiti, di accettarsi nonostante i fallimenti.

I “cinque pazzi” che Daniele incontra in quella camera di ospedale e che all’inizio gli sembrano la cosa più dissimile da lui che abbia mai conosciuto, si rivelano progressivamente essere “la cosa più simile all’amicizia che abbia mai incontrato, dei fratelli offerti dalla vita” proprio grazie ai quali riesce a vedere e sentire, forse per la prima volta, sé stesso.

Nonostante la complessità del tema trattato, Tutto chiede salvezza, anche nella sua versione televisiva, riesce a raccontare tutto con grande equilibrio e leggerezza: amore, dolore, allegria, disperazione, rabbia..

Più che una serie sulla malattia mentale Tutto chiede salvezza è una serie sulla vita, sulla sua illogicità e anche sulla sua precarietà.

La serie rende giustizia alla grandezza del romanzo anche grazie all’interpretazione eccelsa degli attori che risultano perfetti nei panni dei loro personaggi quasi gli fossero stati cuciti addosso.

Altrettanto riuscita la scelta della colonna sonora in cui spiccano Vent’anni dei Maneskin e Medicine dei Side Baby che si inseriscono nel racconto con continuità esprimendo le emozioni con un linguaggio diverso. Creata ad hoc, invece, la canzone “Tutto chiede salvezza” di Arturo Bruni, figlio del regista e affermato rapper.

Insomma, una serie per tutti, da guardare per sorridere, per piangere, per riflettere, ma anche per fare i conti con sé stessi, per riconoscersi, perché infondo, come ricorda il poster del film citando Basaglia, “da vicino nessuno è normale“.

Sofia Contini