“Riflessione”, “Potenza”, “Rabbia” sono i titoli che Matteo Volpati assegna alle proprie opere che raffigurano un gorilla, un bufalo e una splendida tigre, quasi a sintetizzarne l’essenza in un atteggiamento squisitamente umano. Sorprendente è, infatti, la luce che brilla nei loro occhi, quasi a riflettere e a esternare gli stati d’animo del loro creatore demiurgo che con le proprie mani li ha plasmati, quasi in un gioco primitivo, impastando carta e colla e dipingendo poi le forme ottenute con colori a olio, in sconcertanti rappresentazioni tridimensionali. Le sue sculture realizzate con legno, carta, colla e acrilico, denominate, non a caso, “Guardiano 1 e 2” appaiono mastodontiche e possenti come nell’immaginario collettivo potevano essere le raffigurazioni dell’”homo selvatucus”. Declinata in svariate accezioni nei secoli tra i Pagani, gli Ebrei, nel Cristianesimo, nelle religioni nordiche, fino a diventare figura folcloristica nelle feste di piazza in paesi di montagna, la figura di questo outsider, dispensatore di un tipo di “saggezza altra” può essere ora utile punto di riferimento per l’uomo civilizzato che voglia evadere dalla chiusura della società. Qui dall’alto dei suoi due metri e trenta e più, è visto come profondo conoscitore della natura, di cui diventa prezioso tramite, fino a trasformarsi in maestro e quindi “guardiano” dell’uomo con cui sente il bisogno di fraternizzare. Un processo di crescita non scevro di drammi e sofferenze, che l’artista evidenzia in squarci e lacerazioni di un corpo ancora umano che regge teste di cervo o di orso, cariche di dignità e di leggenda. Intitolate “Trasfigurazioni” e semplicemente numerate, sono altre opere, in cui facendo uso di tecnica mista, collage e acrilico, Volpati ha voluto realizzare spettacolari “morphing” tra volti animali e umani, quasi a cogliere un “io” più profondo in entrambi.  Nei suoi inquietanti “Autoritratti” il viso, che non rivela emozioni, come sorpreso in un sonno profondo, sembra emergere dall’inconscio, a nuova vita. A scopo documentario sono esposte deliziose tempere, suoi primi studi su animali realizzati con amore e maestria, più di una decina di anni fa. Non a caso il curatore della mostra è Michele Vitaloni, famoso esponente della “Wild art”, che viaggia sulla sua stessa lunghezza onda.

Testo di Maria Luisa Bonivento

Foto di Michele Vitaloni

3 – 30 luglio 2014

da martedì a sabato 10 – 19

Museo Fondazione Luciana Matalon

Foro Buonaparte 67

www.matteovolpati.com