Ordine , disciplina, catena di comando.
Questi caratteri peculiari venivano applicati, rigorosamente, dalle nazioni partecipanti ai conflitti mondiali del secolo scorso.
Così, esclamò orgogliosamente, il comandante della marina britannica in una famosa battuta del film “The imitation game”, pellicola che narra il genio di Alan Turing, matematico britannico, padre dell’informatica, che riuscì a decriptare i messaggi inviati dalla macchina elettronica tedesca “Enigma” (la sua scoperta fu fondamentale per le sorti della guerra).
Oggi, anno di grazia 2020, l’Europa è afflitta da una guerra “atipica”; una conflitto non convenzionale contro un nemico invisibile.
L’epidemia da Covid 19, così come tutte le pandemia che la storia dell’uomo ci racconta, sono le peggiori guerre che l’essere umano deve affrontare.
Il nemico (virus o batteri) è invisibile; i patogeni possono venir veicolati anche dai propri affetti più cari; ognuno è indifeso, e le conseguenze sono imperscrutabili fintanto che, la scienza medica, non scoprirà l’arma letale (come la decriptazione di Enigma) che potrà sconfiggere il virus.
Per tale ragione, ordine , disciplina, catena di comando sono assolutamente indispensabili per difendere la vita delle persone.
Questi criteri non sono stati applicati nel nostro Paese, in queste ultime settimane.
Le Istituzioni preposte si sono limitate a diffondere “consigli” e raccomandazioni.
Nessuno divieto, nessuno obbligo, nessuna pena certa per i trasgressori.
Solo appelli alla responsabilità personale.
Una strategia fallace fin dal principio.
L’atavica mancanza di senso civico e di responsabilità del popolo italiano si è manifestato in modo parossistico.
Del resto in una società contemporanea in cui i valori del rispetto delle Autorità, del senso dello Stato, del rispetto del prossimo, sono stati immolati sull’altare dell’edonismo più sfrenato e della assoluta e illimitata libertà personale trasformatasi in puro egocentrismo, era chiaro fin dal principio dell’emergenza sanitaria da coronavirus, che l’auto regolamentazione e l’auto disciplina fossero destinate a fallire.
Con colpevole ritardo, si cerca di invertire la rotta.
E’ un’ inversione parziale, pasticciata, confusa.
Nella zona rossa che comprende la Regione Lombardia (il focolaio più importante) e altre 14 province del Nord Italia, si sono stabilite restrizioni di movimento in entrata e in uscita, la chiusura parziale dei locali pubblici (bar e ristoranti ancora aperti dalle 6 alle 18 !), e i soliti consigli di non uscire di casa.
Limitazioni di movimento, però, che potranno essere superati con una “semplice” autocertificazione.
Ci risiamo.
Si continua nell’ errore catastrofico di fare appello al senso di responsabilità individuale, visto che le penalità previste per i trasgressori sono risibili (fino a tre mesi di carcere e 206 euro di ammenda).
E’ assolutamente necessario, comprendere che siamo in guerra e che non abbiamo nemmeno l’alternativa “vile e indegna” di poterci arrendere al nemico per salvare la vita, perchè il nemico non consente questo escamotage.
Durante un conflitto, un altro aspetto fondamentale è la comunicazione.
Una comunicazione che deve essere lineare, precisa, autoritaria.
La comunicazione finora utilizzata è l’esatto opposto.
Senza cadere in infruttuose e deleterie polemiche faziose e politiche, il messaggio che costantemente è stato divulgato non generava l’accortezza e l’attenzione nei cittadini di tutte l’età.
Il virus è sconosciuto, non abbiamo medicinali nè vaccini, è poco più di un’influenza che genera problemi seri alle persone più cagionevoli di salute, che è letale per gli anziani con altre comorbilità, questo abbiamo udito fino a pochi giorni fa.
Poi, quando la situazione è degenerata, ormai prossimi al collasso delle strutture sanitarie di terapia intensiva e sub intensiva, si chiede alle persone di non uscire di casa per difendere la salute pubblica, soprattutto quella “dei nostri nonni”.
Un disastro.
Focalizzando l’attenzione solo sulla cagionevolezza delle persone più anziane non si comunica la vera gravità della situazione con il rischio, inoltre, di sviluppare un vero e proprio razzismo generazionale; un raccapricciante sentimento discriminatorio che ci proietterebbe nel secolo scorso che ci ha fatto conoscere le atrocità del nazismo dedito alla selezione della razza con l’eliminazione delle categorie più deboli come anziani, malati, categorie professionali inutili (letterati, storici, umanisti) o non omologati ai dettami della dittatura.
Una situazione atroce e reale che si potrebbe verificare se non si potesse più garantire l’assistenza intensiva, con la scioccante e obbligatoria “scelta” di decidere chi sia più meritevole di cure !!!
Per evitare la catastrofe umanitaria, non vi è più tempo per il lassismo.
Autorevolezza, decisionismo, tempismo.
Non solo.
Mutare radicalmente il tipo di comunicazione da parte delle autorità.
Far comprendere risolutamente che l’epidemia che stiamo vivendo mette a repentaglio l’esistenza di ogni essere vivente, anche per quei soggetti meno cagionevoli per il virus.
Con il collasso degli ospedali qualunque altra patologia o incidente potrebbe generare il decesso delle vittime perchè non sarebbe garantita alcuna cura.
E’ necessario ricordare che i virus potrebbero mutare nel tempo e diventare ancora più aggressivi e letali (l’influenza Spagnola del secolo scorso dopo un primo periodo poco virulento nella prima parte del 1918, arrivò ad agosto un secondo ceppo più virulento  che causò la morte di milioni di persone in tutto il mondo, soprattutto tra gli under 65).
Per questo motivo si deve tenere l’ attenzione ai massimi livelli e prendere le precauzioni più stringenti.
Gli esperti microbiologi, epidemiologi, virologi, ci dicono che non si conosce appieno lo sviluppo del Covid 19, la sua letalità nei mesi futuri.
Vengono indicati i sintomi, le modalità di trasmissione, e le tempistiche.
Ci ricordano quali siano i comportamenti igienico sanitari da adottare per evitare il contagio.
Tra questi l’utilizzo della mascherina da indossare per coloro che sono risultati positivi alla malattia, per i parenti degli infetti, e da parte dei medici e infermieri.
Ci viene ricordato, che la mascherina non difende totalmente chi è sano, ma impedisce all’ammalato di diffondere il patogeno con le particelle di saliva e di muco espulsi dalla bocca e dal naso.
Così come nelle guerre “convenzionali” si deve conoscere il nemico, la sua forza , la sua debolezza e utilizzare le contromisure più efficaci, così nella guerra contro il coronavirus è indispensabile utilizzare le armi in nostro possesso attualmente.
L’arma in nostro possesso oltre al comportamento responsabile, è la mascherina.
La Protezione civile ha comunicato che entro il 30 aprile prossimo saranno disponibili 22 milioni di mascherine chirurgiche.
Con notevole ritardo si cerca di porre rimedio alla carenza di questo indispensabile strumento di protezione.
Si dovrebbe, tuttavia, aumentare esponenzialmente la produzione nel nostro paese e obbligarne l’utilizzo da parte di tutta la popolazione italiana, o almeno, per i cittadini delle regioni della zona rossa.
Solamente così, il contagio sarebbe abbattuto con percentuali significative.
Una soluzione caldeggiata, anche, dal famoso oncologo milanese  Francesco Garbagnati.
Il Professore Garbagnati dell’Istituto dei Tumori di Milano, inoltre, sostiene che 22 milioni di mascherine monouso non sono sufficienti e pertanto si potrebbero impiegare mascherine  in stoffa riutilizzabili da sterilizzare anche a domicilio come accadeva 40 anni fa.
La situazione è drammatica e nessuno può prevedere cosa accadrà nei mesi futuri.
Una cosa è certa.
E’ una guerra.
Una guerra delle più temibili, e tutti noi abbiamo il dovere di combattere strenuamente per risultare vincitori.
Una vittoria della vita, una vittoria del genere umano.
Non ci sono alternative, non c’è spazio per l’irresponsabilità, il menefreghismo, l’egocentrismo, non c’ è spazio per il politicamente coretto, per il buonismo, perchè queste sono le armi letali del Covid 19 che utilizza per falcidiare il genere umano. 
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)