La scuola insegna molte cose ma la vita è la vera scuola. Per essere una brava moglie occorre frequentare un corso di studio o forse no. La risposta a questo dubbio non potrà trovarsi nella commedia di Molière per la traduzione Cesare Garboli e la regia Arturo Cirillo, andata in scena al teatro Mercadante di Napoli mercoledì scorso con repliche fino al 31 marzo.

Certamente una delle commedie più riuscite e discusse, più amate e prese di mira da i critici. Rappresentata per la prima volta il 26 dicembre 1662 nel Teatro del Palais-Royal a Parigi, è l’espressione della sapienza e maturità di Molière che ha voluto interpretare se stesso, essendo ritenuta un’opera autobiografica. Il contrasto, tipico del commediografo, questa volta è tra la gelosia e la ragione, nei personaggi di Arnolfo e Crisaldo.
Una commedia che sembra scritta per i giorni nostri, che lascia un amaro in bocca, dove il dolore viene raffrontato alla gioia, la tragedia e la commedia in un unico contenitore, cosa non facile per un autore, Molière riuscirà a trovare un giusto equilibrio proprio delle opere degli anni del tramonto.
La vicenda de “La scuola delle mogli” si svolge in un piccolo mondo con pochi personaggi. Una commedia alla Plauto che nasconde uno dei testi più moderni, contraddittori ed inquieti sul desiderio e sull’amore. Dove si dice che la natura da maggiore felicità che non le regole sociali, che gli uomini si sono dati. Dove il cuore senza saperlo insegna molto di più di qualsiasi scuola. Dove Molière riesce a guardarsi senza pietismo, senza assolversi, ma anzi rappresentandosi come il più colpevole di tutti, il più spregevole (ma forse anche il più innamorato), riuscendo ancora una volta a farci ridere di noi stessi, delle nostre debolezze ed incompiutezze, della miseria di essere uomini.
Questi i personaggi e gli interpreti: Arnolfo, alias Signor Del Ramo Arturo Cirillo; Agnese, fanciulla innocente allevata da Arnolfo Valentina Picello; Crisaldo, amico di Arnolfo / Alain, servo di Arnolfo Rosario Giglio; Georgette, serva di Arnolfo Marta Pizzigallo; Orazio, innamorato di Agnese / Un notaio Giacomo Vigentini.
Accolto con grande successo e consensi di critica, a proposito del testo Arturo Cirillo ha dichiarato: “E’ una storia che mi ha fatto pensare a Natascha, la ragazza segregata per otto anni”.

 

«  M’immagino una scena che è una piazza –  commenta Arturo Cirillo – come in una città ideale, con la sua prospettiva, la sua geometria, ma dove dentro all’abitazione principale, vi è una lunga scala di ferro che porta ad una camera che è come una cella, una stanza delle torture, e un giardino che assomiglia anche ad una gabbia. L’azione avviene nello spazio tra questa casa ed un’altra, appartenenti entrambe al protagonista, il quale si fregia di un doppio nome e di una doppia identità, come doppia è la sua natura. Egli è uno spietato cinico ma anche un innamorato ossessivo, un indefesso fustigatore delle debolezze altrui come anche una fragilissima vittima del proprio gioco. Al centro una giovane donna cavia di un esperimento che solo una mente maschilista e misantropica poteva escogitare: è stata presa da bambina, orfana, e poi lasciata nell’ignoranza di tutto per poter essere la moglie ideale, vittima per non dire schiava, del futuro marito che la dominerà su tutti i piani, economici, culturali, psicologici. La natura, l’istinto, l’intelligenza del cuore renderanno però vano il piano penitenziale e aguzzino che si è tramato intorno a lei».

Le scene sono di Dario Gessati, i costumi di Gianluca Falaschi, le luci di Camilla Piccioni, mentre le musiche sono di Francesco De Melis. Una produzione Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale, Marche Teatro, Teatro dell’Elfo. Il teatro Mercadante è “Il teatro della città”, nella sala settecentesca che accoglie le produzioni dello Stabile e gli spettacoli provenienti dai maggiori teatri italiani, con interpreti di grande rilievo e le direzioni di registi di fama nazionale e internazionale.

Harry di Prisco