[dropcap]L[/dropcap]e infezioni ospedaliere rappresentano la complicanza più grave e frequente dell’assistenza sanitaria e provocano fino a 1350-2100 decessi l’anno, secondo quanto è emerso durante il convegno “Strategie di prevenzione e cura delle infezioni da germi multiresistenti nel paziente ospedalizzato” patrocinato da Regione Lombardia, Istituto Superiore della Sanità, Age.na.s., SIMPIOS, AMCLI, SIMIT e SITA. Anche se in Italia non esiste un sistema di sorveglianza stabile, sono stati condotti numerosi studi multicentrici di prevalenza.

Sulla base di questi studi si può stimare che in Italia  il 5-8% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione ospedaliera. Ogni anno si verificano 450-700 mila infezioni in pazienti ricoverati in ospedale (soprattutto infezioni urinarie, seguite da infezioni della ferita chirurgica, polmoniti e sepsi).

Per questa ragione le patologie infettive continuano a rappresentare una priorità per la sanità pubblica, in particolare in ambito ospedaliero. Il Prof. Paolo Grossi, Direttore della Divisione Malattie Infettive e Tropicali dell’Ospedale Circolo di Varese e presidente dell’evento, dichiara: “Protocolli diagnostico-terapeutici per il trattamento delle infezioni saostenute da virus HIV e HCV sono applicati da tempo e con successo in regione Lombardia. La definizione di strategie condivise per la gestione delle infezioni da germi multiresistenti rappresenta il cuore della manifestazione, volta anche a sensibilizzare un’audience multidisciplinare e rappresentativa di tutti coloro che sui versanti clinico, amministrativo e normativo sono direttamente coinvolti con le infezioni ospedaliere e le urgenti problematiche connesse”.

Fin dal loro primo apparire gli antimicrobici, più specificatamente gli antibiotici e gli antifungini, sono stati salutati come l’arma definitiva contro i microorganismi e le malattie che ad essi erano direttamente imputabili. Purtroppo tale ottimistica previsione è stata rapidamente smentita, perché contrastata dalle cosiddette resistenze microbiche, ossia quei meccanismi messi in atto dai batteri che rendono le molecole antimicrobiche sostanzialmente prive di efficacia.

Ad aggravare i quadro contribuiscono le condizioni di particolare vulnerabilità di alcune categorie di pazienti, quali gli immunodepressi e gli anziani politrattati.

I dati contenuti nel report European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) del 2014 sullo studio delle antibiotico resistenze a livello europeo dimostrano che:

  • L’Italia è tra i primi paesi in Europa per il volume di antibiotici usati nell’uomo ed è al primo posto per l’uso di antibiotici in agricoltura e allevamenti.

  • In Italia l’antibiotico-resistenza è tra le più elevate in Europa ed è quasi sempre al di sopra della media europea.

  • Nel quadriennio 2010-2013 nelle specie Gram-negative si è osservato un trend in aumento delle resistenze che riguarda: fluorochinoloni, cefalosporine di terza generazione e aminoglicosidi per Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae, piperacilina+tazobactam, ceftazidimine e aminoglicosidi per Pseudomonas aeruginosa.

  • Drammatico è stato l’aumento della resistenza ai carbapemici per Klebsiella pneumoniae (KPC): da meno dell’1% nel 2008 al 34% nel 2013.

  • I dati per i Gram-positivi sono stabili, ma elevati: il 14% la resistenza alla penicillina, il 25% ai macrolidi in Steptococcus pneumoniae e il 36% la resistenza alla meticillina per Staphylococcus aureus.

  • Le resistenze più alte si registrano al Centro e al Sud Italia, in relazione al maggior consumo di antibiotici.

L’aumento della resistenza, la pressione esercitata per ridurre l’utilizzazione di antimicrobici, le condizioni di mercato poco incoraggianti, nonché la messa a punto sempre più difficile e costosa di nuovi antibiotici efficaci non hanno favorito gli investimenti in questo campo. Di conseguenza il numero di nuovi antibiotici in fase di sviluppo è esiguo.

Davide Croce, Direttore del Centro di Ricerca sull’economia e il management in sanità e nel sociale CREMS, dichiara: “secondo il rapporto sui rischi globali del 2013 il fenomeno ha notevoli costi umani (circa 25mila morti l’anno in Europa) ed economici (1 miliardo e mezzo di euro l’anno di spesa sanitaria aggiunta stimata per i Paesi dell’Unione Europea). Solo negli Stati Uniti, nel 2009, sono stati somministrati ai pazienti 3mila tonnellate di antibiotici e l’anno successivo 13mila tonnellate ai soli animali. In Europa l’Italia e il Portogallo sono al secondo posto dopo la Grecia per eccessivo consumo: ogni giorno, su 1000 abitanti, più di 20 sono in trattamento antibiotico. Non si tratta solo di spreco; l’uso di un antibiotico, eliminando tutti i batteri suscettibili, lascia inevitabilmente campo libero a quelli resistenti. Ecco perché è fondamentale il richiamo ad un uso responsabile degli antibiotici”.

Nasce quindi l’esigenza imprescindibile di avviare e sostenere adeguate strategie di prevenzione, di corretto utilizzo delle risorse farmacologiche inquadrate all’interno di percorsi terapeutici codificati e, infine, di costante monitoraggio epidemiologico dei microorganismi e delle loro resistenze.