[dropcap]I[/dropcap]l Partito Radicale non ha mai superato la soglia del 9 % in qualunque elezione si sia presentato, sotto qualunque denominazione nel corso degli ultimi 50 anni.
Per la verità la media delle percentuali ottenute si aggirava sempre attorno il 3, con l’eccezione delle Europee del 1999 allorché ci fu la campagna mediatica per Emma Bonino candidata al Quirinale (poi vinse Ciampi perchè il nostro Paese non era pronto ad una così “radicale” scelta …..).
Movimento storico per le sue battaglie referendarie con cui ha trasformato l’Italia, soprattutto a livello di diritti e sotto l’aspetto sociale.
Il Partito Radicale fu il simbolo delle rivoluzioni (i referendum) che realizzarono i “dettami” dalla modernità.
Se si possano considerare tutte “rivoluzioni” positive, la risposta è sicuramente affermativa se si considera la piena emancipazione delle libertà personali, che, purtroppo, però, gonfiarono patologicamente l’ aspetto distorto che ha prevaricato totalmente il senso di responsabilità e il valore del “dovere” che avrebbe dovuto essere paritetico (è sufficiente osservare la società italiana di questi ultimi due decenni per capire a che livello siano i “valori”…..).
[dropcap]U[/dropcap]n Movimento, quello radicale, che a ragion di logica avrebbe dovuto riscuotere un consenso più ampio viste le battaglie combattute e vinte nel corso dei decenni.
“Amateci meno e votateci di più” è solita ripetere Emma Bonino esponente storica , “partner politica” del fondatore e “deus ex machina” dei radicali, recentemente scomparso, Marco Pannella.
Non ci votano perchè gli italiani si fanno fregare dalla partitocrazia che li mette uno contro l’altro e poi una volta eletti si spartiscono le poltrone, i soldi, il potere.
Così si giustificava Pannella dopo ogni deblacle elettorale.
Tanti politologi nel corso degli anni hanno dato diverse spiegazioni per lo scarso appeal elettorale dei radicali.
Io, che non sono un politilogo, che non ho la memoria storica-politica dei più importanti cronisti italiani, mi permetto di dare una risposta.
E’ sufficiente seguire la campagna elettorale dell’esponente radicale Marco Cappato, candidato sindaco a Milano.
Al primo turno ha raccolto l’ 1,88% delle preferenze con 10104 voti.
Ha presentato un esposto per l’incadidabilità e l’ineleggibilità del candidato del centrosinistra Beppe Sala per non essersi dimesso da numerosi cariche amministrative (tra cui la Cassa Depositi e Prestiti a cui il Governo ha affidato le competenze sulla valorizzazione delle aree Expo e che ha competenze su attività comunali e sui debiti della città metropolitana).
Esposto confermato da Cappato anche successivamente l’esito del primo turno elettorale che ha decretato la necessità del ballottaggio di domenica prossima, 19 giugno, tra Stefano Parisi e lo stesso Beppe Sala per scegliere chi si siederà sulla sedia più alta di Palazzo Marino.
Niente di strano, sembrerebbe; un comportamento in linea con la storia dei “radicali”, si direbbe.
[dropcap]P[/dropcap]eccato che Cappato appena 24 ore fa, abbia dichiarato il suo sostegno proprio a Beppe Sala giustificando la sua scelta perchè ” L’alleanza strisciante tra M5S e Lega rischia di dare slancio a forze antieuropeiste e clericali”. Inoltre, ha apprezzato Cappato, la generale attitudine antidemagogica di Sala su temi come l’immigrazione, ambiente, sicurezza, diritti civili.
E l’esposto ?
“Non è un tema che possa entrare nella questione inerente alleanze o apparentamenti…..” chiosava poche ore fa B. Sala.  
Più chiaro di così.
[dropcap]P[/dropcap]iù chiaro di quello che è accaduto in queste 24 ore non potrebbe esserci per spiegare le percentuali da prefisso telefonico che il Partito Radicale ha ottenuto nelle varie elezioni tenutesi in oltre mezzo secolo di storia politica italiana.
 
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)