Come sia cambiata l’Italia oggi lo si evince dalle parole del candidato leghista alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna Alan Fabbri che ha stigmatizzato le parole del Primo cittadino della cittadina emiliana , Marcello Coffrini, che settimane fa aveva definito il boss Francesco Grande Aracri un tipo “gentile e molto tranquillo. Uno che ha sempre vissuto a basso livello”, scatenando forti polemiche. Fabbri ha anche incontrato e portato la propria solidarietà alla segretaria di sezione del Carroccio, Catia Silva, “pluriminacciata dalla ‘ndrangheta, che quattro anni fa le promise, in piena piazza del paese, di ‘infilarle una canna di pistola in bocca’”. 

Brescello cittadina famosa per l’ambientazione dei famosi films ispirati dai romanzi di Giovanni Guareschi con protagonisti il prete Don Camillo e il sindaco comunista Peppone.

Films che fotografarono chiaramente e lucidamente cosa fosse l’Italia del Dopoguerra.

Un Paese prettamente agricolo, povero, ma volenteroso di rialzarsi e ricostruirsi dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale.

Un Paese che viveva di pane, polenta e cipolla, ma ispirato da sani valori.

Ora abbiamo tutto ma siamo carenti di quei valori che ci trasmisero i nostri nonni.

Era una nazione divisa in due schieramenti, il blocco comunista che aveva come faro guida l’Unione Sovietica e il blocco democristiano e centrista che aveva come guida le nazioni occidentali con in testa gli Stati Uniti.

Due schieramenti che ricopiavano lo scenario mondiale post bellico.

Un Paese che sembrava lacerato ma intriso di vera solidarietà dove anche tra opposte fazioni vi era il rispetto reciproco e un unico fine: il bene della nazione e dei suoi cittadini.

Ecco, una fotografia di un’ Italia che non esiste più, che è totalmente cambiata, ma la notizia che anche il paese di Don Camillo e Peppone sia stato infiltrato dall’ ndrangheta , una delle organizzazioni mafiose criminali più efferate e potenti, mi ha destato una profonda tristezza, che suffraga cosa sia diventata l’ Italia.

Penso al sindaco comunista Peppone che giurava di mangiarsi un prete a ogni pasto e che combatteva strenuamente , da una vita, il più reazionario sacerdote del mondo, Don Camillo.

Un prete “campagnolo”, “ruspante” che brandiva il suo crocefisso “parlante” contro i “senza Dio” e lo portava in processione per fermare le piene del grande fiume Po, e che amava e difendeva le sue pecorelle, i suoi fratelli che il Signore gli aveva affidato.

Due nemici che si scontravano strenuamente ma che avevano come fine supremo il benessere dei loro amati concittadini, gente semplice, lavoratori, operai , magari analfabeti ma con un cuore grande.

Una fotografia di un’ Italia in cui le organizzazioni criminali erano relegate solo in alcune zone del Paese e i loro sporchi denari non avevano invaso e incancrenito ogni angolo della nazione come oggi.

Tanto meno un paesello agricolo adagiato sul più bel fiume del mondo (così amava definire il Po, Don Camillo).

Un’ infiltrazione dettata da un dio che ha le sembianze della carta filigranata e che trova terreno fertile dal deserto di valori veri.

Ora il Crocefisso a Brescello viene ancora portato in processione per ” fermare” le acque della piena del Po, ma Don Camillo e Peppone lo brandirebbero contro altri pericoli, contro altre infiltrazioni, molto più gravi e letali, che il loro paese sta subendo. 

Avrebbero poi, insieme, preso a calci certe personaggi, certi “demoni”, allontanandoli a “tavolate in testa” dalla loro amata terra per preservare i loro cittadini e le loro anime da certi malefici.

Da tutto ciò si comprende quale strada sia stata intrapresa e che futuro nero ci aspetta, soprattutto abbiamo la completa mancanza di speranza che possedevano i due protagonisti del film che non erano altro che la rappresentazione del popolo italiano.

Ora il popolo viene rappresentato da chi definisce tranquillo e gentile un capo mafia.

Don Camillo e Peppone quanto ci mancate, e quanto siano assenti i vostri valori.

Massimo Puricelli
Legnano(MI)