Quando la nostalgia mi pervade e supera i limiti, mi rituffo nel Vero Calcio riguardando le pellicole della commedia italiana degli anni 50/60/70/80 che hanno come tema principale lo sport che fino all’inizio del nuovo millennio era sinonimo di tradizione, passione, popolo.
“Il nemico di mia moglie” del 1959 racconta il Calcio dal punto di vista un po’ particolare, quello del direttore di gara, dell’arbitro, delle giacchette nere (ormai caratteristica non più in uso, soppiantata dal marketing compulsivo che impone casacche con colori stroboscopici).
Dai campi spelacchiati di provincia, ai campi sempre spelacchiati della massima serie come il Vomero di Napoli, il calcio raccontato attraverso la carriera del fischietto Marco Tornabuoni, alias Marcello Mastroianni, da anni, osteggiato nella sua passione, dalla moglie Luciana (Giavanna Ralli) e dal padre, il supremo Vittorio De Sica, ma sostenuto e supportato dal suocero “sfasciacarrozze”, l’inimitabile Memmo Carotenuto.
Il calcio quello popolare, quello della ritualità della domenica pomeriggio, degli arbitri che si recavano a dirigere le partite con la lambretta in ogni condizione atmosferica.
Un flashback ristoratore e corroborante prima di essere nuovamente avvolto e soffocato dalle cronache del nuovo entertainment pallonaro mesciato di plusvalenze, var, pay-tv, tornei amichevoli intercontinentali buffoneschi, ingaggi iperbolici di pedatori mediocri più simili a indossatori di moda, regole di iscrizione che si beffano delle vittorie sul campo, e il tutto propinato a tifosi-clienti fidelizzati e spremuti come agrumi facendo fuoriuscire dalle loro tasche più o meno munifiche valute elettroniche.

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