Quando lo scoramento per le angosce e le preoccupazioni esistenziali supera i livelli di guardia, è consigliabile guardare il film “Una vita difficile”, con Alberto Sordi e Lea Massari.

Probabilmente la migliore interpretazione di Sordi e della bravissima e bellissima Lea Massari (molto spesso ingiustamente sottovalutata)
La storia d’Italia, dalla Resistenza al boom economico degli anni 60.
Un affresco storico del nostro Paese che, da anni, viene spesso messo nel dimenticatoio.
Il partigiano Silvio Magnozzi, alias A.Sordi, durante la sua partecipazione alla resistenza contro il nazifascimo, sulle montagne che si affacciano sulla riva occidentale del lago di Como, viene scoperto e arrestato da un soldato tedesco che si accinge a fucilarlo; la giovane e bella Elena (Lea Massari) figlia della proprietaria dell’albergo in riva al Lario, dove dovrebbe avvenire la fucilazione, libera Silvio, uccidendo con il ferro da stiro il soldato germanico, e lo aiuta nella sua latitanza, nascondendolo nel vecchio mulino di famiglia. Trascorsi 3 mesi vivendo more uxorio, Silvio abbandona Elena per riprendere la guerra partigiana.
Alla fine della guerra, e dopo aver ripreso il suo lavoro da giornalista in una testata di sinistra, ritorna sulle rive del Lario per la notizia, poi risultata falsa, del ritrovamento dell’oro di Dongo (il tesoro mai ritrovato che Mussolini e i fascisti avrebbero portato con sé durante la loro fuga dopo il 25 aprile). Ritrova la sua amata Elena che lo segue a Roma, sempre innamorata dell’ex partigiano idealista, e ammaliata dall’illusoria vita benestante e mondana che Silvio le promette nella Capitale.
La realtà sarà ben diversa, costellata da mille difficoltà, precarietà del lavoro, con l’ideologismo intangibile del compagno che lo conduce anche in prigione.
Elena e la madre (Lina Volonghi) che non ha mai “accettato” il genero ritenendolo un sognatore fallito, cerca in tutti modi di fargli completare gli studi di architettura promettendogli un posto di lavoro “sicuro” in quel di Cantù Cermenate.
Il ribellismo di Silvio porta alla rottura del rapporto con Elena che si trasferisce in Versilia dove cerca di rifarsi una vita assieme ad un nuovo compagno.
Silvio la ritrova e quando capisce che non potrà mai più ricomporre il loro rapporto famigliare e amoroso, abiura i suoi ideali e decide di lavorare per l’editore senza scrupoli, corrotto e arrogante che lo fece condannare per diffamazione per un articolo di denuncia in cui Silvio aveva denunciato il trasferimento di ingenti capitali all’estero prima delle elezioni nazionali del 18 aprile 1948.
Posto fisso, una gratificante retribuzione, ma la mansione che svolge è alquanto umiliante soprattutto perchè in totale contrasto con tutti quegli ideali su cui aveva fondato la sua esistenza.
I soldi e il potere vincono sempre?
Non in questo film.
La Resistenza, la libertà, la democrazia, la Repubblica, la conquista dei diritti sociali e civili, l’onestà, l’integrità morale, la giustizia, senza mai scendere a compromessi, sono valori identitari che vennero da alcuni immolati sull’altare del business e da altri ritenuti i fondamenti della propria esistenza.
In sintesi, il rispetto della propria e dell’altrui dignità che non è, e mai sarà cedibile e vendibile per niente e per nessuno.
Valori che dovrebbero essere immortali punti di riferimento.
“Il bene trionfa”, così volle lo scenografo e scrittore del testo di Rodolfo Sonego (sceneggiatore storico di Sordi).
Il film si chiude con una scena memorabile e iconica.
La sberla del protagonista, Silvio Magnozzi, rifilata al suo datore di lavoro che cade nella piscina della sua villa, durante una cena di gala, gli consente di riconquistare la propria dignità, momentaneamente svilita, oltre al rispetto e alla stima della moglie presente alla serata.