Medici omeopati riuniti a Torino per il primo Congresso nazionale dell’Istituto Malattie Croniche

La malattia cronica è frutto di una memoria, di un ricordo “quasi indelebile” di cui è depositario un particolare tipo di cellule del nostro apparato di difesa, i linfociti citotossici. Su questa memoria si deve concentrare l’attenzione dei medici per prevenire e curare al meglio le patologie croniche. È il messaggio chiave del congresso “La Malattia è una risposta: la tradizione omeopatica in un profilo scientifico moderno” che si terrà sabato 28 novembre nella sala dell’Ordine dei Medici di Torino.
L’incontro è organizzato dall’Istituto Malattie Croniche – S. Hahnemann, Associazione di medici omeopati nata con lo scopo di sensibilizzare i medici e le Istituzioni, ma anche l’opinione pubblica, sull’enorme potenziale terapeutico di tale Medicina nell’ambito delle patologie cronico-degenerative. Il Presidente è il Dottor Angelo Micozzi, la vice presidente per il Nord la Dottoressa Giovanna Bardellini e il Vice Presidente per il Centro-Sud il dottor Marco Mancini.
Spiega Marco Mancini: «Il limite della medicina tradizionale è che, purtroppo, vengono presi in considerazione soltanto gli aspetti clinico-sintomatologici del paziente al momento della sua malattia, elemento, questo, che porta a prescrivere farmaci per controllare i sintomi e non la causa etiologica della malattia». Invece, conta moltissimo quanto è successo prima, spesso molto tempo prima. Come spiega la dottoressa Bardellini: «Una persona ha, nel corso della vita, una malattia infettiva, ad esempio una mononucleosi e nel suo organismo si attivano linfociti anti Epstein Barr virus (il virus responsabile della malattia), che saranno presenti per tutta la vita; si tratta di una memoria permanente. Ora, supponiamo che questa persona abbia un corredo genetico che la predispone all’Artrite Reumatoide (HLA DR4), abbia cioè espresse tali molecole DR4 a livello delle sue articolazioni. Ebbene, una parte dei linfociti attivati nella prima infezione, detti citotossici, per una somiglianza molecolare tra l’EBV e il DR4 aggrediranno le articolazioni, provocando l’Artrite. Tale fenomeno si chiama “mimetismo molecolare” e sta alla base di tutte le malattie croniche autoimmuni».

Si tratta di un modello di studio nuovo delle malattie: la comparsa di una patologia cronica è legata a un meccanismo di innesco avvenuto anche molto tempo prima, sempre di natura infettiva. «L’aspetto inedito della questione – puntualizza il Dottor Micozzi, noto per aver tradotto l’intera opera di Samuel Hanneman – sta nel considerare le diverse malattie croniche come un mosaico di una malattia unica, la quale si manifesta diversamente a seconda dell’individuo. Per noi (ma per la medicina di oggi, in generale), l’individuo manifesta le diverse patologie nell’ambito di un costituzionalismo immunogenetico, ossia nell’ambito di una predisposizione facilmente individuabile. In termini molecolari, l’individuo si ammala in base a un corredo genetico, denominato HLA. Nella medicina accademica, invece, manca un modello diagnostico condivisibile di malattia cronica, a prescindere dalla terapia che si voglia perseguire».
Questa impostazione diagnostica a quali strategie terapeutiche porta? «Esistono in medicina omeopatica farmaci specifici, scelti in base ad un criterio di similitudine tra la tossicologia della sostanza e i sintomi della sperimentazione sul volontario sano, in grado di negativizzare i linfociti citotossici – afferma la Dottoressa Bardellini -. Il principale errore commesso dalla medicina accademica è considerare il sistema immunitario come un modello puramente di difesa, per cui i colleghi non capiscono perché noi richiediamo determinati esami; per loro è solo indice di avvenuta infezione e quindi di immunità. Il secondo errore è non ascoltare il paziente, credere di essere sempre nel giusto, mentre a volte è proprio l’individuo a guidarci verso la diagnosi più corretta. E, infine, l’eccessiva specializzazione, l’oculista che vede solo l’occhio, il ginecologo che vede solo l’apparato riproduttivo, l’endocrinologo che vede solo la tiroide mal funzionante. Il rischio è di non rendersi conto che quell’occhio, quell’utero, quella tiroide non sono organi a sé stanti, ma fanno parte di un sistema creato per lavorare in sincronia. È inutile e dannoso continuare a prescrivere farmaci sintomatici; quando il loro effetto sarà concluso il sintomo si ripresenterà tale e quale, se non aggravato».
In pratica, la terapia omeopatica si basa sul criterio della similitudine utilizzando, a tale proposito, la diagnosi e i dettami della medicina accademica, ma evitando la terapia dei contrari. Le malattie che l’omeopatia può affrontare, pertanto, sono molteplici, «in quanto sposta il livello di attenzione verso l’individuo, dall’aterosclerosi alla malattia demielinizzante, fino a numerosi disturbi neurologici, quali il parkinsonismo e le allergie» – conclude il Dottor Micozzi. «Avere un modello di malattia su cui tutti possono fare riferimento, per tutta la malattia autoimmune, porterebbe alla scomparsa definitiva di questa confusione diagnostica. Ma questo non deve essere una critica alla medicina ufficiale, al contrario, dovrebbe servire come monito per approfondire le proprie conoscenze mediche e lavorare per ottenere la guarigione dei malati» – aggiunge il Dottor Mancini.