Se si osservano alcune persone che sciamano nel dì di festa lungo le strade del divertimento e dello svago, in ogni angolo dello Stivale, si percepisce quanto sia labile e condizionabile il tanto decantato diritto di “libertà”, mai come in questo periodo pandemico, sbandierato, urlato, sostenuto, contro ogni genere di restrizione imposta dalle autorità sanitarie.
Nella attuale società signorile di massa (cit. prof.Ricolfi), per mesi è stata considerata ed è considerata, un ignobile segno di costrizione e di “prigionia”, la detestata e insopportabile mascherina.
Oggi, nel Paese tutto “colorato di bianco” (eccezion fatta per la Sicilia), è obbligatorio l’uso solo per i luoghi pubblici chiusi o in caso di assembramenti.
In caso di assembramenti.
Assoluta chimera, il dettame normativo.
Ma dove ?
Ma quando ? 
Indossare la mascherina in caso di mancanza di distanziamento, è essenzialmente un rispetto e una salvaguardia verso il prossimo e verso se stessi.
E’ un “nuovo” galateo; un aggiornamento (un upgrade) dei tanti manuali di buone maniere di tante generazioni dei decenni passati.
Già, ma la mascherina in estate, con il caldo, che fastidio terribile.
E sì, fastidiosa, soffocante, irritante, “liberticida”; per taluni, inutile, dannosa; emblema del nuovo “ordine mondiale” di orwelliana memoria.
Un “indumento” di cui non si vede l’ora di gettare nei rifiuti (sempre che non venga gettata per strada, come i mozziconi di sigaretta, i chewing-gum) o di riporla in tasca, sull’avambraccio, nella borsetta.
Una seccatura mal digerita, un elemento “fuori moda”, per niente “cool”, per nulla “in”.
Nonostante la produzione in ogni genere di colore e di trama, non è divenuta un’ icona da possedere, indossare con vezzo, mostrare con vanto.
E’ un’ imposizione e come tutto quello che è imposto viene considerato un “nemico” da combattere, annientare, distruggere, vetusto, fuori moda.
Al contrario, qualunque capo di abbigliamento, qualunque oggetto, qualunque bevanda, qualunque cibo, qualunque sostanza commestibile,  “imposta” dalla pubblicità (sorry, meglio definirlo marketing) o simbolo del nuovo costume “imposto” dalle nuove generazioni o dagli “anta” più famosi, allora nessuno fastidio, dolore fisico, o insalubrità viene considerata o manifestata con forza e con vigore.
Ci si buca ogni parte dell’ epidermide incastonando oggetti metallici perpetui che ci accompagnano fino alla dipartita; ci si colora i capelli con ogni genere di tintura più o meno “natural”; si indossano calzature che devastano caviglie, ginocchia, colonne vertebrali; si indossano vestiti che generano ogni genere di irritazione epidermica; si pasteggia con ettolitri di sostanze alcoliche arrivando al coma etilico; si ingurgitano cibi “spazzatura”; ogni genere di sostanza stupefacente e di prodotti dopanti vengono consumati da milioni di persone.
Del resto è sempre valido il motto che spiega come, se belli si vuole apparire qualche pena si deve soffrire…
Nel frattempo il patogeno, scorrazza ovunque, muta, cerca la scappatoia dai vaccini e approfitta della mascherina ritenuta demodè e liberticida.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)