Milan Juventus, la classicissima del campionato italiano.
Una partita che rispecchia la storia del nostro calcio.
Ieri sera, sembrava di rivivere l’epoca degli anni 70 / 80, allorchè la dominazione “dell’ impero Juventus”  veniva sfidato dal riottoso, mai domo “Comune” della signoria Milanese con lo stemma araldico rossonero con croce rossa su sfondo bianco.
Il potere imperiale dei “gesuiti” (così definiti anni fa da Fabio Capello che ebbe esperienze da allenatore e giocatore in entrambe le realtà) piemontesi è ritornato in auge da qualche anno.
Un dominio assoluto che si espande su tutto il territorio calcistico italico senza alcun segno di cedimento con la costante e angosciante bramosia di poterlo estendere anche oltrealpe e conquistare il “sacro Graal” pallonaro identificato dalla coppa con le “grandi orecchie”.
Calcio mercato sontuoso e totalitario, tanto che un qualunque giocatore messo nel mirino dai dirigenti bianconeri diventa proibitivo per qualunque altra compagine (vedasi l’affare Pijaca), budget illimitato, fatturato e bilancio da tripla A.
Copione già veduto per decenni in quel calcio d’antan in cui su 10 campionati, 8/9 erano di appannaggio dei “gobbi” della famiglia Agnelli diretti dal “Marisa” Boniperti; lasciavano le briciole solo nelle stagioni in cui riuscivano (raramente) a primeggiare nella “fu” coppa dei campioni (84/85) e una squadra di provincia si fregiò del titolo tricolore vivendo una favola senza precedenti (l’ Hellas Verona targata Bagnoli).
E sì, perchè di fronte all’ armata imperiale di casa sabauda c’erano le truppe dei giovani rivoltosi rossoneri, riorganizzati e rianimati dal “generale Montella” che, faticosamente, sta cercando di ridare lustro al casato dominatore in Europa per oltre due decenni, demolito per incuria e ridotto ad un cumulo di macerie che si sono accatastate nel corso delle ultime stagioni.
Un condottiere, mister Montella, con grandi meriti e con un profondo acume psicologico.
E la partita di ieri ha espresso questa voglia di riscatto.
Un Milan in stile anni 80 con i giocatori italiani frutto del vivaio, nati nel territorio del casato della Famiglia Milanista.
La terra lombarda di Milanello, terra padana (si può utilizzare questo termine senza essere tacciati di xenofobia e razzismo?), che genera nel DNA di questi baldi giovani, il senso di appartenenza, il rispetto per la storia, l’orgoglio e la voglia di difendere quei colori e quel blasone.
E soprattutto, un ambiente dove si osserva nitidamente la voglia di aiuto reciproco, dove non si lesina una stilla di sudore, dove si lascia sul campo tutto quanto si ha.
Un ambiente ripulito da fancazzisti, ballerini, personaggi da copertine platinate dei rotocalchi di gossip, fotomodelli, compagni di veline, ex veline, top-models, ex top-models, giocatori che avevano eletto Carnago e Milano come luogo dove svernare dai loro acciacchi, che rendevano l’aria stantia, pesante, fetida.
Un ambiente sano, ecco cosa è lo spogliatoio milanista, dove si respira aria pulita, fresca e dove aleggia sempre un’ aura di buona sorta.
Rebus sic stantibus, poi chissà.
Considerando, poi, che il calcio è, da sempre, un agglomerato di superstizioni, di cabale, di segnali, tutto connesso alla passione cieca e profonda dei tifosi ho percepito e vissuto ottime sensazioni durante la settimana e nel prepartita.
In settimana “girava” su Facebook il filmato con la sintesi di Milan-Juve del 1985 con un rocambolesco ed emozionante risultato finale di 3-2.
La prima vittoria casalinga contro sua maestà imperiale bianconera di quel spumeggiante Milan di Farina =Rovina dopo l’inferno delle due cadetterie e la scoppola dell’anno precedente che finì in un roboante 0-3.
Sensazioni, e segnali.
Durante il riscaldamento prepartita, i giocatori juventini svolgevano il loro esercizi quasi con superficialità e poca concentrazione in antitesi con gli avvertimenti lanciati in settimana dall’ allenatore Allegri, che memore della “legnata” rimediata sempre a S.Siro contro l’Inter ha cercato in tutti i modi di mettere in allerta la truppa.
Tifosi bianconeri presenti in buon numero, ma non come nelle stagioni precedenti, forse per snobbismo, forse perchè, anche per loro, il campionato ha una valenza minima (dopo 5 scudetti consecutivi) e il loro unico scopo è primeggiare in Champions.
Segnale di presunzione, di baldanza, di sicumera, espresso anche durante i primi minuti del match
Poche occasioni da entrambi le parti, ma baricentro alto e possesso del campo degli uomini di Allegri.
Un possesso sterile, frutto di un centrocampo di poca qualità, soltanto lontano parente di quella mediana che ha condotto la compagine bianconera a disputare e perdere la finale di Champions un anno e mezzo fa contro gli extraterrestri del Barcellona.
L’infinito Pirlo, il tentacolare Pogba, il guerriero Vidal, l’incursore Marchisio.
Ieri sera nessuno di quel centrocampo era sul rettangolo di gioco.
L’evanescente Hernanes in cabina di regia, l’incostante e fumoso Pjanic, il lanzichenecco Khedira (il migliore del reparto), Alex Sandro con l’opposto D.Alves incursori di fascia e con l’assenza del lungodegente “Maresciallo” Marchisio.
E’ sufficiente confrontare i due schieramenti per capire dove sia l’inghippo.
Nonostante i due successi esterni in Champions, e il risicato 2-1 contro l’Udinese, la squadra ha sempre faticato.
Di contro aveva un Milan giovane e soprattutto volenteroso.
E allora, con le dovute differenze, lasciatemi paragonare questa partita proprio con quella di oltre 30 anni fa disputata in freddo pomeriggio di febbraio.
Il rampante tenentino Locatelli, il rude Kucka, il cavaliere Bonaventura, il timido e malmostoso De Sciglio, il capitano Abate, il sontuoso Donnarumma, l’aitante Romagnoli , la sorpresa (gradita) Paletta, e gli “stranieri” Niang, Bacca, Suso a quel Milan di 30 anni fa su cui si fondò il mito degli invincibili.
Ma sì, lasciatemi rimembrare un poco.
Quel Milan dell’immenso Baresi, di “mister class” Galli, del mitico Tassotti, dei volenterosi Icardi, Evani (divenuto “Chicco-San” per il suo gol in finale di Intercontinentale a Tokio contro il Medellin nel 1989), dei nobili anglosassoni Wilkins e Hateley, del sergente Di Bartolemei, del cecchino Virdis, del fantasioso Verza e del maratoneta Battistini.
Anche ieri, come allora, vittoria sofferta della giovane truppa rossonera che sconfigge l’armata imperiale bianconera dei “mostri sacri” Platini, Scirea, Tardelli, Rossi, Boniek, Cabrini, Favero, guidati dal Trap, e guarda caso (corsi e ricorsi storici),  con un gol regolare della Juventus annullato dall’arbitro (in quella partita fu annullata un’autorete di Evani per presunto fallo di Rossi , ieri gol di Pjanic per fuorigioco inesistente di Bonucci). Incredibile come la nemesi spesse volte si manifesti nel calcio come nella vita.
E sì, è stata proprio la vittoria del piccolo, ambizioso e voglioso di libertà, “Comune Milan” contro l’egemonia della tirannide dell’ “Impero Juventus”.
Forse una Juventus deconcentrata stanca dalle fatiche di coppa e affetta dalla paranoia della conquista della coppa dalle grandi orecchie, ma anche con una “colonna vertebrale” debole e non giustificabile dall’acquisto milionario di Higuain, una figura ingombrante che sta eclissando il giovane e promettente Dybala, oltre ad essere meno utile del mite e introverso Morata.
 
Massimo”old-football”Puricelli
Castellanza(VA)