“Profeta di sciagure, unqua un accento uscì dalla tua bocca a me gradito. Queste parole di Agamennone nell’Iliade potrebbero ben attagliarsi alle ultime rilevazioni rese note dall’Istat sulla situazione della povertà assoluta in Italia, in particolare per la parte relativa ai minori.

In Italia, in due anni, su circa 10 milioni di minori quelli in stato di indigenza sono passati da 723mila a 1 milione e 434mila. Molti altri vivono in una zona grigia e sono ad alto rischio. “Una situazione che colpisce fasce di età sempre più basse e che interessa anche vaste aree del Nord”.

“I bambini poveri sono più che raddoppiati e la povertà colpisce bambini sempre più piccoli. Al Nord questa è una novità ed è la conseguenza dell’incremento della povertà assoluta delle famiglie straniere”, spiega Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istat. “L’aumento della povertà infantile è la conseguenza di due fattori: della crescita della povertà assoluta al Sud e del peggioramento della situazione delle famiglie operaie e straniere al Nord, quelle che hanno più figli, nuclei familiari dove lavora solo l’uomo e in regioni dove si è fatta sentire di più la crisi delle fabbriche”.

Stando ai dati forniti dall’Unicef, il 13,3% dei minori italiani vive in una condizione di deprivazione materiale, intesa come la mancanza di accesso ad alcuni beni ritenuti “normali” nelle società economicamente avanzate: almeno un pasto al giorno contenente carne o pesce, libri e giochi adatti all’età del bambino, un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti. L’Italia in questa classifica è al 20° posto su 29 Paesi considerati. Svezia e Norvegia, per esempio, presentano percentuali di deprivazione inferiori al 2%.

Secondo Tiziano Vecchiato, presidente della Fondazione Zancan, “la povertà che colpisce i minori ha effetti di lungo termine e comporta un maggiore rischio di povertà ed esclusione sociale per gli adulti di domani. Già a 3 anni è rilevabile uno svantaggio nello sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo dei bambini provenienti da famiglie più disagiate e in assenza di interventi adeguati entro i 5 anni il divario aumenta ulteriormente”.

“Oggi, a differenza di una volta, le famiglie hanno meno reti, meno supporti”, dice Paola Pistelli dell’Istituto degli Innocenti di Firenze. “C’è più solitudine, più incapacità ad affrontare le relazioni. Noi abbiamo un centro dove ospitiamo donne sole con figli, donne che hanno ricevuto uno sfratto, perso il lavoro, problemi che accadono ma che diventano insormontabili se agli ostacoli materiali si aggiungono quelli interni. Oggi oltre alla povertà materiale ad aggravare la situazione c’è una povertà di relazioni che riguarda sia le immigrate che le italiane. Le madri vanno a fondo e si portano dietro i figli”.

Per combattere la povertà infantile, secondo una delle proposte della Fondazione Zancan, si dovrebbe trasformare una parte degli assegni familiari, che valgono 6,5 miliardi, in servizi per la prima infanzia. Trasformando 1,5 miliardi di assegni familiari in asili nido, ad esempio, il numero di bambini presi in carico potrebbe aumentare di 201mila unità, con un incremento del numero di addetti pari a 42mila nuovi occupati. Il risultato non è soltanto occupazionale se si considera ad esempio l’efficacia misurata in termini di riduzione della povertà e della disuguaglianza. Bisogna pensare a politiche di welfare in termini di investimento, di cui si misura la redditività, gli aiuti devono concorrere ad un risultato sociale non solo personale. “La nostra proposta – dice Vecchiato – prefigura scenari di welfare alternativi a quello che conosciamo, recessivo e degenerativo. Una proposta ‘a risorse invariate’, quindi possibile anche in tempi di crisi”.

Una ipotesi interessante, che però andrebbe esaminata in una revisione su larga scala del sistema di welfare, almeno quello riferito ai minori e ai più piccoli, per fare in modo che quel 13,3% di bambini che oggi vivono in una condizione di deprivazione materiale scenda il più rapidamente possibile al livello dei paesi più evoluti, dove l’Italia avrebbe il dovere di trovarsi in permanenza, e ha (non avrebbe) il dovere di fare in modo che ai suoi figli più piccoli non venga negato il diritto all’infanzia.

Alessandro Fabbri