Inciucio: Pettegolezzo; intrigo; maneggio. Nel linguaggio giornalistico: compromesso; pateracchio. 

Questo termine, di origine dialettale, in questi ultimi anni viene spesso usato nell’ambito politico quale esempio esecrabile di accordo fra due o più parti, finalizzato ad un certo risultato. 

Per quanto posso ricordare io, che di governi e di crisi ne ho viste tante, gli accordi fra i partiti per giungere alla formazione di un governo, sono sempre esistiti, e nessuno avrebbe mai contestato a Moro, Andreotti o Nenni di aver fatto un inciucio per risolvere una crisi o per avviare una legislatura dopo una tornata elettorale. Certo però allora la politica e i politici erano cose serie.

Mi piacerebbe capire il motivo per cui, in un sistema in cui sono presenti sei o sette partiti, movimenti, o gruppi, un accordo fra i gruppi A, B e C, sia un accordo politico per dare un governo al paese, e un analogo accordo fra D, E, e magari C, debba essere un inciucio.  

In questi giorni è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la norma che ripristina per le scuole l’insegnamento dell’Educazione civica. Fatto questo indubbiamente positivo, sperando che gli studenti ne facciano buon pro, e non crescano nell’ignoranza costituzionale che caratterizza chi li ha preceduti sui banchi scolastici.

Anche i politici dovrebbero seguire obbligatoriamente corsi di educazione civica. Forse eviterebbero certe figuracce quando si trovano davanti ai microfoni ed eviterebbero soprattutto di confondere l’accordo politico, quando riguarda sé stessi, con l’inciucio, quando riguarda gli altri.  

A meno che certi politici e certe politiche conoscano solo quella parola e la ripetano perché impossibilitati a dirne altre. 

Alessandro Fabbri