Il gruppo di Carlo B. Giorda, Direttore unità diabete e malattie metaboliche ASL 5 Torino e past President Associazione Medici Diabetologi (AMD), esclude, in un lavoro pubblicato su BMJOpen, versione open access dell’autorevole British Medical Journal, ogni legame tra impiego della classe di farmaci antidiabete inibitori del DPP-4 e rischio di scompenso cardiaco. Lo studio dimostra, al contrario, un aumento della sopravvivenza nelle persone in cura con questi farmaci

Dopo avere contribuito, 18 mesi fa, attraverso un’analisi condotta sulla banca dati del Servizio sanitario della Regione Piemonte ad assolvere le incretine, una classe di farmaci antidiabetici, dall’accusa di provocare pancreatite – ossia infiammazione del pancreas – il gruppo guidato da Carlo B. Giorda, Direttore Unità diabete e malattie metaboliche ASL 5 Torino e past President Associazione Medici Diabetologi (AMD) torna alla ribalta internazionale confutando un’altra accusa di cui una parte di questi farmaci, gli inibitori del DPP-4, era gravata. Questa volta si tratta del rischio di causare scompenso cardiaco. “Questo sospetto – spiega Giorda – nasce con lo studio SAVOR TIMI–53, che riportava un aumento significativo del rischio di ricovero per scompenso cardiaco in persone con diabete in cura con questa classe di farmaci. Sospetto avallato anche da altri studi minori.”

Come pubblicato la scorsa settimana su BMJOpen, versione open access dell’autorevole British Medical Journal, Giorda e il suo gruppo hanno analizzato la banca dati di circa 280.000 persone assistite dal Servizio sanitario piemontese in cura con farmaci antidiabetici. “È importante notare – sottolinea Giorda – che la popolazione analizzata è rappresentativa della persona con diabete europea e che si tratta di un campione non selezionato; in altre parole, abbiamo valutato che cosa accade esattamente nella vita reale non in un ambito sperimentale, come è quello dello studio SAVOR”.

Attraverso una complessa serie di incroci di dati sono emersi chiaramente due risultati: nessun aumento del rischio di ricovero per scompenso cardiaco “risultato assolutamente identico, tecnicamente con una odd ratio pari a 1, tra le persone confrontate – spiega Giorda -; inoltre, si è rilevata, in chi era curato con gli inibitori del DPP-4, una mortalità ridotta del 6%. Quest’ultimo dato, quantunque significativo, deve comunque essere preso con cautela e necessita di ulteriori approfondimenti.”

“Lo studio del gruppo di Carlo Giorda è un risultato importante, testimone dell’impegno della diabetologia italiana nella ricerca clinica. Si tratta di un lato forse meno noto al grande pubblico, ma non meno affascinante, della ricerca, che ha l’obiettivo di dare risposte rapide ai bisogni reali delle persone con diabete. In questo settore Associazione Medici Diabetologi (AMD) e i diabetologi che operano nei centri di diabetologia del nostro servizio sanitario sono particolarmente attivi e i loro sforzi, come dimostra questa pubblicazione, sono ampiamente riconosciuti a livello nazionale e internazionale”, commenta Nicoletta Musacchio, Presidente AMD.

Il progetto che ha dato origine alla pubblicazione aveva fruttato nel 2014 alla dr.ssa Annalisa Alessiato una delle tre “Borse di studio 5×1000”, istituite annualmente da AMD attraverso la Fondazione AMD di ricerca.