Al Teatro Carcano  di Milano Lella Costa e Gabriele Vacis entrano nelle pieghe della nota vicenda shakesperiana per parlare di diseguaglianza, femminicidio, patriarcato, maschilismo.
E Lella Costa si misura anche con la metrica rap parodiando “Soldi” di Mahmood.

“Di precise parole si vive, e di grande teatro”
(Ivano Fossati, Discanto)

Succede con i grandi autori, forse soprattutto con Shakespeare: i loro testi, le loro storie, i loro personaggi sono, letteralmente, immortali. Continuano a parlarci, a stupirci, a incantarci; a volte ci aiutano perfino a capire chi siamo, cosa ci sta succedendo adesso.
E quando incontri una di queste storie perfette in genere te ne innamori, e soprattutto ti rendi conto che non avrebbe alcun senso provare a inventarne un’altra per dire le stesse cose, ma che è lecito, forse perfino doveroso, continuare a raccontare quella. Precisamente quella.
E’ quello che è successo a Gabriele Vacis e a me, e non una volta sola.
E’ quello che ci ha entusiasmati a tal punto da pensare di riportare in scena, dopo 24 anni, il nostro Otello, preservando intatta la sostanza narrativa (Shakespeare) ma intervenendo e modificando quelle parti in cui l’attualità, o meglio la contemporaneità, richiedevano un aggiornamento.
Quelle parti in cui lo stesso Bardo si divertiva a inserire allusioni e citazioni per noi incomprensibili (chi mai sarà quel “Signor Angelo” che condiziona perfino il Doge?), ma che sicuramente per gli spettatori dell’epoca erano chiarissime, e probabilmente molto divertenti.
Se poi ci aggiungiamo una trama folgorante, il cui riassunto potrebbe sembrare una notizia di cronaca di oggi (un lavoratore straniero altamente qualificato, un matrimonio misto, una manipolazione meschina e abilissima, un uso doloso e spregiudicato del linguaggio, un femminicidio con successivo suicidio del colpevole), allora ci rendiamo conto di quanto bisogno abbiamo di continuare a raccontare e ascoltare questa storia. Precisamente questa.

Lella Costa


Note di regia

Ho sempre pensato che Otello fosse la tragedia dell’uccidere per amore. Se il Moro soffocasse Desdemona perché la odia non ci sarebbe dramma. Invece, che Otello ammazza la sua donna perché la ama, continuiamo a raccontarcelo dopo quattro secoli.
E’ così, no? La tragedia si annida nel contrasto, nella contraddizione inconciliabile. Bene: ho appena espresso una stupidaggine.

Sì, perché oggi sappiamo che quello non è amore. Non c’è mai amore quando c’è violenza e sopraffazione. E questo ce l’hanno insegnato le donne. Le più giovani in modo molto risoluto.

Quello che ho enunciato, che Otello uccide Desdemona per amore, è un principio patriarcale. Proprio patriarcale, attenzione, non maschilista. Il maschilismo è un modo di comportarsi: quando mi accorgo, o mi costringono a prendere atto che è sbagliato, la smetto.
E’ come fumare, lo so che fa male, però quando comincia a prendermi una qualche cardiopatia, smetto.
Certo ci sono i recidivi, però anche loro lo sanno che stanno facendo una cosa sbagliata, anche se magari lo negano o lo giustificano con qualche ostentazione di libertà o pretesa di scorrettezza politica. Il patriarcato no.
Non è che possiamo scegliere se essere o non essere patriarcali. Il patriarcato ce l’abbiamo dentro, in profondità, perché
comincia da Zeus che si prende tutte le donne che gli piacciono, volenti o nolenti.
Perché tutta la cultura occidentale, lo stesso continente in cui viviamo prende il nome da una ragazza, Europa, rapita dal patriarca per eccellenza, Zeus, appunto.

E poi ci sono i patriarchi della Bibbia, l’altra colonna della nostra cultura, che non è che trattino le donne con grandi riguardi. Dev’essere per questo che tanti maschi sono disposti a riconoscersi maschilisti, perché da quello si può guarire, ma appena pronunci la parola patriarcato partono con infinite ed eruditissime contestazioni antropologiche, storiche, sociali il e chi più ne ha più ne metta.
Raccontare l’Otello con Lella Costa significa provare a capire cosa possiamo fare, noi maschi, per emanciparci dall’umiliante condizione di oppressori a cui siamo condannati dalla storia.
Me li vedo già, anche certi amici miei a pensare: ecco il solito maschio pentito che vuole autoflagellarsi e vai col tango… queste, ormai, sono le parole dell’arroganza maschile, sono le parole di chi insulta il padre di Giulia Cecchettin mentre cerca le parole per liberarci dalla prigione del patriarcato.
Perché prima di tutto si tratta di trovare le parole, precise parole che ci aprano alla comprensione di tutti gli Otelli vittime di sé stessi prima ancora che dei tanti Iago che ci ammorbano, ma soprattutto precise parole che ci aiutino a comprendere la tragedia vera di Desdemona, che si annida nel profondo delle anime.

Gabriele Vacis

TEATRO CARCANO – Milano
LELLA COSTA

inOTELLO
di precise parole si vive
drammaturgia Lella Costa e Gabriele Vacis
scenofonia Roberto Tarasco
scene Lucio Diana
regia Gabriele Vacis

foto Serena Serrani
produzione Teatro Carcano
Distribuzione Mismaonda
da marzo 2024 in tournée
dal 16 al 21 aprile a Milano al Teatro Carcano

Ph Serena Serrani 

 

TOURNEE
20/03/2024 Cinema Teatro Verdi Crevalcore, BO
21/03/2024 Cinema Teatro Jolly, Olginate LC
Dal 22/03/2024 al 23/03/2024 Teatro Puccini, Firenze FI
24/03/2024, Cecina LI
Dal 05/04/2024 al 06/04/2024 Teatro Ai Colli, Padova PD
07/04/2024, Sogliano al Rubicone FC
dal 16/04/2024 al 21/04/2024 Teatro Carcano, Milano MI
23/04/2024, Brugherio MB
Dal 02/05/2024 al 12/05/2024, Brescia BS