Come da abitudine consueta partita serale per volere di “Sua Maestà” la pay-tv.
Trasferta in quel di Torino sponda granata.
Torino, la città dei “FU”.
E sì, la metropoli piemontese è ormai un emblema del passato di ciò che era e che adesso non esiste più.
Un ricordo, che oltre a trasmettere un senso di mestizia perchè ricalca esattamente l’immagine odierna del nostro Paese, dovrebbe essere un monito , un memento che ci fa capire che strada abbiamo imboccato che futuro ci aspetta. 
E’ lo specchio fedele dei nostri tempi.
Percorrendo la circonvallazione che costeggia il Po, si viene imbottigliati nel traffico caotico della “movida del sabato notte” con bibliche code create dagli infiniti e vetusti semafori mal sincronizzati e sprovvisti dei nuovi moderni sensori che ripartiscono le tempistiche di attesa parametrandosi sul numero dei veicoli transitanti.
Un’ assurdità (ma la cruda realtà della nostra epoca) pensando che Torino è la capitale dell’auto, o meglio “fu” la capitale dell’automobile visto che la sede della famosa azienda automobilistica , Fiat, è stata trasferita in “paradisi fiscali” e la produzione, da anni è ormai delocalizzata dove la manodopera è a basso costo. 
Un assenza o meglio una fuga, evidente anche nella mancanza dei giganteschi cartelloni pubblicitari con l’immagine dei vari modelli di autovetture e delle grosse insegne luminose con il famoso marchio posizionate sui tetti degli abnormi palazzoni costruiti nel dopo guerra per accogliere le migliaia di persone immigrate dal Sud che accorrevano in massa al richiamo delle industrie che vivevano il periodo d’oro della ricostruzione post bellica.
Torino che era un dei vertici del cosiddetto “triangolo industriale” degli anni 50/60/70/80 che permisero all’Italia di diventare la quinta potenza economica al mondo.
Ecco ora sono rimasti solo i palazzoni con le facciate scrostate , con i canali arrugginiti dove risiedono in “nuovi immigrati” attrattati da un inesistente benessere, da un benessere che “fu”.
Con la velocità così ridotta, lungo i viali che ricalcano la struttura viaria di epoca romana (una struttura anacronistica non in grado di sopportare la mole di traffico odierno), si possono ammirare i monumenti storici di epoca sabauda, quando Torino “fu” la capitale del Regno di Sardegna e, successivamente del Regno d’Italia.
Monumenti, piazze, giardini, parchi, palazzi, in balia di un degrado più o meno eclatante che cancella quella senso di nobiltà che “fu”, di quella aristocrazia, di quell’ ordine che portò al motto “Torino per bellezza, Milano per grandezza”.
Una bellezza che rischia di diventare un ricordo, un “fu”.
Così come è un “fu” di tanti edifici storici come il Lingotto, uno dei principali stabilimenti della Fiat e ora centro congressi e galleria d’arte, con alterne fortune, ecco la zona del vecchio stadio Filadelfia dove giocava il Grande Torino.
La zona, perchè del vecchio impianto non è rimasto nulla se non decine di progetti, di promesse di ricostruzione a cui non credono più i tifosi granata.
Tifosi che ricordano una squadra imbattibile, di più, un mito, una leggenda.
Una squadra che dominava in Italia e in Europa .Così come altre squadre che per decenni hanno dominato a livello mondiale , mentre ora in Europa e nel mondo facciamo solo comparsa ricalcando il valore del nostro campionato, un campionato mediocre dove non si esibiscono più i migliori giocatori, ma calciatori di livello medio-basso ma con lauti ingaggi e con la colpa di non avere nemmeno l’orgoglio di indossare certe casacche gloriose.  
Un “fu” perchè ora di quella storia si può solo avere dei ricordi; ricordi alimentati magari dalle gigantografie dei giocatori del Grande Torino esposte fuori dallo stadio Comunale.
A no, scusate Olimpico, perchè anche l’impianto di via Filadelfia ha cambiato nome dopo la ristrutturazione per le olimpiadi invernali del 2006.
Un evento che avrebbe dovuto dare slancio alla città , ma che, come sempre in Italia, ha lasciato aree inutilizzate, impianti dismessi, con investimenti milionari senza alcun seguito.
Un ennesimo “fu” di una città che è lo specchio del nostro Paese, ricco di storia, di arte, di bellezze naturali, non valorizzate che seguono il declino inarrestabile che non sembra avere mai fine.
Chissà che anche il popolo italiano non diventi un “fu” sostituito da altri popoli che sapranno dare lustro ai nostri tesori.
Massimo Puricelli
Legnano(MI)