Siamo tutti “bestie da vittoria”

E’ uno vero e proprio squarcio nell’ipocrisia del ciclismo professionistico e non, che pur consapevole delle sostanze che i corridori “debbono” assumere per poter puntare alla vittoria, non appena un atleta viene scoperto, diventa un capro espiatorio messo all’indice, trattato come un appestato, un untore, come il peggior criminale autore dei più efferati delitti; la condanna comminata “dal circo del pedale” sarà esemplare e il fedifrago verrà considerato come un “paria”.